E’ un’agenda particolarmente fitta quella di martedì 7 novembre al Consiglio di Sicurezza ONU, al quinto giorno della presidenza italiana guidata dal rappresentante permanente dell’Italia alle Nazioni Unite Sebastiano Cardi. Un’agenda riguardante tre questioni internazionali particolarmente delicate: occhi puntati, dunque, su Congo, Somalia e Bosnia Erzegovina. In programma, l’adozione di una dichiarazione del Presidente del Consiglio di Sicurezza sulla situazione nella Repubblica Democratica del Congo, di una risoluzione sull’estensione della missione EUFOR Althea in Bosnia, e di un’altra risoluzione sull’annosa questione della pirateria in Somalia, tornata d’attualità negli ultimi mesi. In tutti e tre i casi, i lavori del Consiglio di Sicurezza seguono i rispettivi report trasmessi dal Segretario Generale Antonio Guterres.
La lettera di Guterres sul Congo riguardava, in particolare, l’azione del Security Management System Board of Inquiry delle Nazioni Unite, incaricato di condurre le indagini sulla morte di due membri del “Gruppo di Esperti” ONU nel Paese – organo sussidiario del Consiglio di Sicurezza preposto al monitoraggio dell’implementazione delle sanzioni -, Zaida Catalán e Mr. Michael Sharp. Secondo il report pubblicato lo scorso agosto, l’organizzazione non avrebbe alcuna responsabilità in merito, perché i due avrebbero ignorato, forse per mancanza di esperienza, le misure di sicurezza da osservare durante il loro lavoro di investigazione e approfondimento sulla ribellione, relativamente recente, in corso nella regione del Kasai. Guterres ha quindi informato il Consiglio di Sicurezza dell’avvio delle consultazioni con il Primo Ministro e con il Ministro degli Affari esteri congolesi, e ha annunciato la propria intenzione di dislocare un team internazionale che collabori alle indagini condotte dalle autorità nazionali per fare luce sulla vicenda.
In merito alla Somalia, il Consiglio di Sicurezza ha approvato all’unanimità una nuova risoluzione, fortemente voluta dalla Francia, sul contrasto della pirateria lungo le coste del Paese, dopo che, nel corso dell’ultimo anno, al largo del Corno d’Africa si è assistito ad almeno sei attacchi, che hanno segnato la ripresa di un fenomeno che sembrava sconfitto dal 2012. Non deve dunque stupire che, per circa venti giorni in ottobre, la Nave Virginio Fasan nelle acque del Corno d’Africa è stata impegnata nell’operazione “Aeolus”, inizitiva delle forze navali europee dell’EUNAVFOR Somalia lungo le coste a nord-est di Mogadiscio. “I recenti attacchi dimostrano che le condizioni sottese che alimentano la pirateria non sono cambiate, e che i network criminali sono ancora attivi”, ha scritto Guterres nella sua relazione. Condizioni che, secondo il Segretario, riguardano prevalentemente la facilità con cui i gruppi di pirati possono reperire armi e barche, ma anche la percezione, da parte delle comunità costiere, della debolezza delle autorità federali, internazionali e locali nella protezione delle risorse marittime, specialmente in relazione alla pesca illegale perpetrata da imbarcazioni straniere. Altre cause indicate dal Segretario sono la facilità con cui nuovi pirati vengono reclutati e con cui nuovi attacchi vengono finanziati, grazie alle solide reti criminali che operano vicino alla costa e a livello internazionale; l’inefficienza delle istituzioni nell’identificare, catturare e perseguire i sospetti pirati e i loro complici, e la mancanza di alternative per le giovani generazioni che, senza lavoro né prospettive per il futuro, sono facilmente sedotte da prospettive di sussistenza e guadagno.
Circostanza, quest’ultima, sottolineata dal rappresentante permanente della Somalia all’ONU Awale Ali Kullane, che, dopo aver ringraziato il segretario Guterres e il Consiglio di Sicurezza, ha ricordato la necessità di agire sulle cause profonde della pirateria, tra cui appunto l’alto livello di disoccupazione giovanile, e su un fenomeno a essa strettamente connesso come quello della pesca illegale, che sta privando il Paese delle sue preziose risorse marine. Fenomeno, quest’ultimo, che, a suo parere, deve essere contrastato supportando le capacità delle forze di sicurezza costiere locali, e favorendo la crescita economica anche attraverso la valorizzazione del settore della pesca, affinché divenga sempre più all’altezza del mercato internazionale. La Russia, infine, ha espresso soddisfazione per la risoluzione approvata, ma ha incoraggiato il Consiglio di Sicurezza ad adottare nuove iniziative contro il traffico di armi, attività anch’essa fortemente interconnessa con la pirateria.
Sempre all’unanimità il Consiglio di Sicurezza ha votato la risoluzione, promossa dall’Italia, sul rinnovo del supporto delle Nazioni Unite alla missione Althea in Bosnia Erzegovina, alla presenza dell’alto rappresentante del Segretario Generale nel Paese Valentine Inzko e del capo della delegazione UE all’ONU Joanne Adamson. Izko ha sottolineato in particolare il forte desiderio di proseguire il percorso di integrazione euroatlantica, a 25 anni dallo scoppio del tragico conflitto che ha insanguinato il Paese.
In effetti, l’entrata della Bosnia nell’UE è stata al centro della discussione, a seguito della presentazione della candidatura da parte del Paese nel 2016, dopo la quale da Sarajevo era attesa l’implementazione di significative riforme socio-economiche, legali e riguardanti la pubblica amministrazione. A questo proposito, l’ambasciatore UE Adamson ha sottolineato che “l’Europa si rammarica di come una retorica divisiva che affonda le sue radici nel passato e un’anticipata preoccupazione per le elezioni in arrivo abbiano, per la maggior parte del 2017, rallentato il processo di riforma e avvelenato il clima politico”. Una posizione per lo più condivisa dai membri del Consiglio di Sicurezza. “Ci doliamo del fatto che il percorso di riforme socio-economiche , anziché accelerare, abbia invece rallentato negli ultimi mesi”, ha ribadito Cardi. “La ripresa dell’attuazione dell’agenda di riforme è ora più necessaria che mai, per sbloccare gli aiuti del Fondo Monetario Internazionale e dell’Unione Europea, che rimangono cruciali per sostenere il processo e per migliorare significativamente le vite di tutte le comunità della Bosnia Erzegovina”, ha aggiunto. Ricordando che il supporto delle Nazioni Unite a Sarajevo si basa sul rispetto “della sua sovranità, unità e integrità territoriale garantite negli accordi di pace di Dayton.
Discussion about this post