Nei giorni scorsi, inviando un messaggio alle Nazioni Unite, Papa Francesco ha ribadito che la pace non può essere basata sulla “minaccia di distruzione reciproca” e che occorrono “strategie lungimiranti” e la “piena applicazione del Trattato di non proliferazione nella lettera e nello spirito”. Il suo invito è stato rivolto ai paesi che si sono riuniti per definire i contenuti del Trattato sulla messa al bando delle armi nucleari, secondo quanto previsto dalla risoluzione A/RES/71/258 del 23 dicembre 2016, con la quale la Conferenza delle Nazioni Unite ha deciso di proibire ed eliminare le armi nucleari.
A dicembre la decisione non era stata presa con voto unanime: molti paesi avevano espresso voto contrario o si erano astenuti. Tra loro quelli in possesso di ordigni nucleari, dalla Cina a potenze nucleari emergenti come India, Russia e Pakistan, ma anche (e questo avrebbe dovuto sorprendere) paesi come Francia, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Australia, Israele, Giappone, Corea del Sud. Ma a sorpresa a non votare a favore furono anche molti paesi le cui leggi da decenni vietano il ricorso al nucleare come arma. “L’esistenza di armi nucleari è ancora una minaccia per l’umanità. La necessità di un passo avanti nel disarmo, non è mai stata così urgente come oggi”- aveva detto Kim Won-Soo, sottosegretario generale delle Nazioni Unite.
Nonostante il boicottaggio dichiarato e palese di molti paesi importanti (e le pressioni da loro esercitate), la mozione era stata approvata. Per questo nei giorni scorsi si sono tenuti i primi incontri per definire i contenuti del trattato.
A questi incontri, però, è stata subito notata la mancanza dei rappresentanti di molti paesi anche di quelli che a dicembre avevano votato a favore: la sessione si è svolta in un auditorio praticamente deserto. Assenti ingiustificate decine e decine di nazioni che hanno preferito disertare l’aula definendo irrealistico lo scenario del disarmo. Il discorso tenuto da Elayne Whyte Gómez, rappresentante permanente del Costa Rica alle Nazioni Unite, che ha presieduto la seduta è stato ascoltato solo da pochissime persone (e anche queste apparentemente disinteressate).
Quasi a riconoscere questo stato di cose, lo stesso sito ufficiale delle Nazioni Unite ha sottolineato l’ “assenza di risultati concreti dopo due decadi di negoziati per il disarmo nucleare multilaterale”. Un vuoto che rischia di perpetuarsi in quella che è (o meglio era) “il primo vero dibattito per il disarmo nucleare in vent’anni”.
Nella pagina dell’ONU dedicata all’evento si parla di “crescente frustrazione negli ultimi anni” dovuta al fatto che molti paesi continuano “a fare affidamento sulle armi nucleari nelle dottrine di sicurezza e a finanziare i programmi per modernizzare e potenziare le armi nucleari” disponibili (in molti hanno denunciato, ad esempio, che le B61-12 adottate dall’esercito statunitense non sarebbero un semplice aggiornamento delle vecchie B-61, ma più esattamente un nuovo tipo di arma nucleare).
Ad oggi quelle nucleari sono le sole armi di distruzione di massa (come le armi biologiche, le armi chimiche, le mine antiuomo e le bombe a grappolo e altri) a non essere ancora state riconosciute internazionalmente fuorilegge. Un vero e proprio fallimento dato il disarmo nucleare fosse una priorità delle Nazioni Unite sin dalla loro nascita, nel 1945.
Da allora tutti i tentativi sono stati inutili. Anche il precedente strumento multilaterale di disarmo nucleare, il Comprehensive Nuclear-test Ban Treaty, che risale al 1996, non è mai entrato in vigore per l’opposizione di una manciata di nazioni.
Gli ambasciatori dei paesi non partecipanti alla conferenza, guidati dall’ambasciatrice americana Nikki Haley, hanno ribadito le loro riserve e i motivi del loro boicottaggio della conferenza. In pratica, Haley ha detto che sarebbe “irrealistico” pensare che con quel trattato tra paesi di buona volontà si potrebbe contenere paesi, come la Nord Corea, che invece continuerebbero la loro corsa nucleare (vedi video sotto).
Per le armi nucleari oggi esiste solo un divieto parziale e peraltro poco rispettato. Anche la volontà espressa dalla maggioranza dei paesi delle Nazioni Unite a dicembre rischia di rivelarsi un flop. L’unica cosa a cui è servita (a meno di stravolgimenti nel prossimo incontro fissato per il mese di luglio) è dimostrare che la situazione è molto più grave di quanto si potesse immaginare: tutti i paesi che dispongono di armi nucleari non hanno nessuna intenzione di privarsi di quello che gli esperti considerano solo un deterrente in caso di guerra (non è un caso se India e Pakistan in guerra da sessantenni non hanno mai neanche minacciato di farvi ricorso). Del resto che siano tali non è difficile crederlo: per il paese che decidesse di utilizzarle sarebbe enorme il rischio di restare esso stesso vittima delle radiazioni prodotte da questi ordigni. A rendere queste armi praticamente inutilizzabili è il fatto stesso che, come è ormai ampiamente dimostrato, le conseguenze di ciò che avviene in un paese quasi sempre hanno ripercussioni incontrollabili su tutto il pianeta (si pensi a ciò che è avvenuto a Fukushima e prima a Cernobyl).
Ostinarsi quindi nel non voler decidere di rinunciare all’uso delle armi nucleari è solo un gioco di potere con il quale pochi stati stanno cercando di dimostrare al mondo intero che sono loro a comandare. Le sedie vuote nell’aula quasi deserta dell’Assembea Generale fanno tornare alla mente la circolare firmata da Christina Cheshier rappresentante degli USA alla NATO, datata 17 Ottobre 2016, con la quale gli americani “incoraggiavano fortemente” gli alleati a “votare NO a qualunque votazione del comitato delle Nazioni Unite per la messa al bando delle armi nucleari”. Un invito che molti paesi, a dicembre e anche nei giorni scorsi, hanno dimostrato di aver accolto.
L’ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, del fatto che negli ultimi anni il peso reale delle Nazioni Unite sulle decisioni politiche internazionali è sensibilmente diminuito. Fino al punto, anno dopo anno, da essere forse insufficiente quando c’è da prendere decisioni importanti.