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Israele vs. Consiglio di Sicurezza ONU: la battaglia continua

Qualche giorno prima dell’insediamento di Trump, le Nazioni Unite discutono la questione palestinese

Eilish Rose AndersonbyEilish Rose Anderson
Israel Danny Danon

Israel's Ambassador Danny Danon addresses the Security Council Open showing the pictures of the last Israeli victims of terrorism (UN Photo/Rick Bajornas)

Time: 4 mins read

Proprio a qualche giorno di distanza dall’insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, non è ben chiaro quale sia il futuro della Risoluzione ONU 2334 circa gli insediamenti di Israele nel territorio palestinese. Martedì 17 gennaio, il Consiglio di Sicurezza ha tenuto un dibattito aperto su “La Situazione in Medio Oriente, inclusa la questione palestinese”. Oggi, con l’imminente presenza di Trump, gli uffici del Consiglio di Sicurezza non sono stati luogo di decisione, quanto piuttosto una cassa di risonanza per la discussione. Se niente è stato raggiunto, il meeting è servito comunque a mostrare la natura controversa di questo problema.

Nonostante il dibattito sia incentrato sull’intera regione, i temi principali della conversazione sono apparentemente stati Palestina, Israele e la soluzione due-stati. In merito all’unico intervento che condanna la Risoluzione 2334, con cui si chiedeva a Israele di interrompere qualsiasi insediamento illegale nel territorio palestinese, l’ambasciatore israeliano Danny Danon si è così rivolto al Consiglio di Sicurezza: “La risoluzione che avete adottato contro Israele ha procurato istigazione al terrorismo”. Ha affermato che il recente attacco terroristico in Palestina, che ha ucciso quattro israeliani e ferito dozzine di loro, era una risposta diretta alla Risoluzione 2334, in quanto il palestinese che ha commesso l’atto “credeva fermamente di poter usare il terrore e la violenza al fine di eliminare il popolo ebreo da Gerusalemme”. Danon ha poi aggiunto, “lui non ci riuscirà”. Danon ha inoltre accennato al fatto che la risoluzione era stata appoggiata da Hamas e dalla Jihad islamaica, che lui stesso ha ribattezzato “organizzazioni terroristiche omicide apertamente dedite alla distruzione dello stato di Israele”.

Alla fine del dibattito, Israele ha preso ancora una volta la parola per replicare a Iran, Libano e Bolivia per le acute osservazioni fatte dai rappresentanti di quei paesi contro le azioni di Israele in Palestina.

palestine israel unsc
UN Special Coordinator for the Middle East Peace Process Nickolay Mladenov addresses the Security Council via videoconference. (UN Photo/Eskinder Debebe)

Nel suo primo briefing dell’anno, Nickolay Mladenov, Coordinatore Speciale dell’ONU per il processo di pace in Medio Oriente, ha dichiarato al Consiglio che le tensioni si sono acuite in seguito all’adozione della Risoluzione 2334, avvenuta la scorso dicembre. Passata con 14 voti a fovore e un’astensione, la risoluzione ha condannato gli insediamenti nella Cisgiordania e il ripetuto supporto internazionale per una soluzione due-stati. “All’indomani del voto, le emozioni si sono amplificate in modo tangibile”, ha dichiarato Mladenov, aggiungendo che le posizioni controverse rischiano di distruggere le prospettive di pace”.

Il presidente del Consiglio di Sicurezza, l’ambasciatore svedese Olof Skoog, ha affermato che “l’impegno di lunga data della Svezia sul processo di pace in Medio Oriente si basa sul diritto internazionale, compresi i diritti umani e il diritto umanitario internazionale. Sono stati il nostro sostegno per la soluzione due-stati e il nostro desiderio di rendere le parti più eque che ci hanno portato a riconoscere lo Stato di Palestina nel 2014”. Poi Skoog ha dichiarato: “La comunità internazionale ha un ruolo importante nel passaggio dalle parole ai fatti, contribuendo a rompere l’attuale situazione di stallo e a porre fine all’occupazione iniziata 50 anni fa. Accogliamo favorevolmente l’adozione della Risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza, che è una pietra miliare in vista degli sforzi ripresi per salvare la soluzione due-stati. Ora dobbiamo incoraggiare le parti ad attuare rapidamente le loro disposizioni, com’è stato detto da tutti noi oggi in questa stanza”.

Skoog ha ricordato ai membri del Consiglio che “più di 70 paesi si sono incontrati a Parigi domenica scorsa, al fine di salvare e promuovere la soluzione due-stati. Ci complimentiamo con la Francia per la sua iniziativa, un nuovo impegno necessario per il processo di pace. Accogliamo con favore l’adozione della dichiarazione congiunta della conferenza sul Medio Oriente, in particolare la raccomandazione di astenersi da misure unilaterali che pregiudichino l’esito dei negoziati sulle questioni dello stato finale, comprese le future condizioni di Gerusalemme, e la buona volontà delle parti interessate di incontrarsi nuovamente per fare il punto prima della fine dell’anno”.

Anche il Rappresentante Permanente d’Italia l’ambasciatore Cardi, è intervenuto durante il dibattito per esprimere la posizione dell’Italia. Cardi ha affrontato la situazione su Palestina e Israele, riaffermando il sostegno da parte dell’Italia per una risoluzione pacifica del conflitto attraverso una soluzione due-stati. Ad ogni modo, ha espresso il suo timore poiché l’applicabilità di tale soluzione potrebbe essere in pericolo. “Gli insediamenti”, ha spiegato, “così come le crescenti demolizioni e confische di progetti nel territorio occupato…stanno mettendo a repentaglio l’applicabilità della soluzione”. Cardi ha anche sottolineato che gli atti di terrore, da parte di qualsiasi fazione, rappresentano enormi impedimenti nel processo di pace e devono essere “condannati” con un “attivo rifiuto di incitamento”. Ha dunque rimarcato che i cittadini israeliani e palestinesi meritano più di una “pericolosa ‘illusione di un unico stato’, tormentata da insicurezza e tensione continua” che potrebbe instaurarsi autonomamente se la soluzione due-stati si indebolirà irreparabilmente.

L’ambasciatore Cardi ha inoltre espresso sinceri apprezzamenti per gli sforzi dell’uscente amministrazione statunitense nel perseguimento della pace, e ha riconosciuto in particolar modo il lavoro di John Kerry durante il suo mandato come Segretario di Stato degli Stati Uniti. Ha aggiunto, “siamo fiduciosi che la prossima amministrazione USA investirà il medesimo capitale politico e farà gli stessi sforzi per una risoluzione del conflitto basata sulla formula due-stati”. Cardi ha quindi promesso l’impegno dell’Italia ad aiutare a risolvere il conflitto nella maniera più equa e pacifica possibile, così come ha ribadito il bisogno di combattere l’instabilità alle sue radici. L’ambasciatore ha concluso menzionando il Libano come altro paese che l’Italia considera fondamentale per la stabilità regionale, dichiarando che l’Italia “accoglie l’elezione del presidente Aoun” e rimane “fortemente impegnata nel sostegno della stabilità in Libano”.

Successivamente al dibattito, il rappresentante permanente della Palestina, Riyad Mansour, si è rivolto ai corrispondenti delle Nazioni Unite circa il meeting. Ha affermato che non possiamo “riparare il diritto internazionale” per poter ospitare il popolo israeliano, e che la Risoluzione 2334 deve essere sostenuta.

Ha ricevuto innumerevoli domande da giornalisti riguardo alle azioni della prossima amministrazione USA, e principalmente alla possibilità che l’ambasciata USA si trasferisca da Tel Aviv a Gerusalemme. Mansour ha risposto che ciò potrebbe accadere, ma che non è ben visto dalla Palestina, e che guarderà al future per lavorare con il nuovo rappresentante degli Stati Uniti immediatamente dopo l’insediamento di Trump.

(Traduzione a cura di Giada Gramanzini)

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