Il 16 settembre la sala della United Nations Correspondent Association (UNCA) ha ospitato la conferenza #ProtectJournalists, organizzata in collaborazione con le organizzazioni Reporters Without Borders (RSF) e il Committee to Protect Journalists (CPJ). L’evento è stato mediato dal giornalista pakistano Raza Rumi ed erano presenti Giampaolo Pioli, presidente UNCA, il Segretario Generale di RSF Christophe Deloire, il Direttore Esecutivo di CPJ Joel Simon, la Rappresentante OSCE per la libertà dei media Dunja Mijatovic, la giornalista e attivista messicana Maria Idalia Gomez e Yara Bader, del centro siriano per i media.
Lo scopo era promuovere la campagna #ProtectJournalists mirata a designare una nuova carica: un Rappresentate Straordinario delle Nazioni Unite per la sicurezza dei giornalisti. “La coalizione chiede all’ONU e ai suoi Stati membri di dare a questa posizione un forte peso politico, legittimità e capacità di agire rapidamente al fine di riuscire a coordinare efficacemente gli sforzi fatti per proteggere i lavoratori nel campo dei media e creare un meccanismo concreto che rafforzi le leggi internazionali riducendo, finalmente, il numero di giornalisti che ogni anno perdono la vita mentre lavorano” si legge sulla pagina ufficiale dell’iniziativa.

Negli ultimi anni le Nazioni Unite hanno approvato varie Risoluzioni affermando di voler combattere l’impunità, ma gli impegni presi fino ad ora sembrano non essere sufficienti se ancora nel corso degli ultimi 10 anni sono stati uccisi 787 giornalisti, 67 dei quali nel solo 2015. “L’ONU deve riconoscere che siamo davanti a una crisi — ha affermato Simon — e la posta in gioco è troppo alta”. Deloire ha poi sostenuto le sue parole, affermando: “Ogni anno vengono iscritti nuovi nomi su nuove tombe. Ci stiamo addentrando in una nuova era per la propaganda ora che la violenza e l’estremismo hanno raggiunto nuovi livelli. Il giornalismo è pacifico e potrebbe rappresentare un importante strumento per combattere questi problemi, ma i reporter vengono assassinati proprio mentre cercano di raccontare la verità”. Deloire ha proseguito il suo intervento chiarendo i compiti che il nuovo Rappresentante ONU dovrebbe svolgere: creare un meccanismo d’allarme per il Consiglio di Sicurezza che richieda e prema per l’implementazione delle dovute sanzioni; sviluppare una chiara strategia che coinvolga tutti settori delle Nazioni Unite nel migliorare le condizioni dei giornalisti e fare in modo che la nuova carica abbia un forte peso politico nel sistema ONU.
La parola è poi passata a Bader che ha fatto notare come ormai troppo spesso i rappresentanti politici facciano in modo di non interessarsi volontariamente al tema delle violenze sui giornalisti in modo che, quando la notizia di una nuova morte viene resa pubblica, possano facilmente lavarsene le mani affermando di essere totalmente all’oscuro di ciò che stava succedendo. “Non stanno facendo ciò che è loro richiesto nel modo corretto” ha affermato Bader, ricordando anche che spesso i reporter che perdono la vita in Siria sono appena dei ragazzi: “Recentemente, un fotografo è morto a 17 anni. Non abbiamo fatto molto fino ad ora, ma siamo ancora in tempo per recuperare” ha concluso la siriana lasciando il microfono alla Rappresentante OSCE per i media Dunja Mijatovic. Pur riconoscendo il lavoro fatto fino ad ora dall’ONU anche Mijatovic ha ripetuto la necessità di trovare nuove risposte immediate ed effettive perchè “c’è ancora molto da fare per combattere l’impunità”. In particolare, Mijatovic ha fatto riferimento alla morte del giornalista ucraino Georgij Gongadze, avvenuta 16 anni fa ma senza ancora alcuna spiegazione o condanna ufficiale.
Fondamentale è stato anche l’intervento della messicana Maria Idalia Gomez che ha raccontato la situazione attuale del giornalismo messicano senza peli sulla lingua. “In molte aree del paese il controllo politico e quello mafioso coincidono, e lì si decide congiuntamente di non informare. Lo Stato centrale e le istituzioni non sono solide e la corruzione è fortissima, tanto in politica quanto nel mondo dei giornalisti che non hanno più ormai la volontà di opporsi ad un sistema che vuole zittirli” ha affermato l’attivista, che ha continuato spiegando come in Messico la tattica ufficiosa preveda di intimorire i giornalisti al punto da indurli a praticare una forma di autocensura, permettendo così al potere dei cartelli di prendere il controllo su quello che appare nei media. Questo modello funziona talmente bene che è ormai diventato un esempio da seguire per i leader di altri paesi dell’America Latina, come ad esempio il Brasile dove il problema di riuscire ad assicurare la libertà di stampa sta aumentando. Gomez, inoltre, si è spesso riferita ai cartelli utilizzando il termine “mafia” proprio per sottolineare il loro legame e coinvolgimento con l’ambiente politico.
Dopo gli interventi dei vari ospiti il dibattito è stato aperto alle domande dei giornalisti. Erold Avdovic di Webpublica Press e Radio Deutsche Welle ha chiesto chiarimenti a riguardo dei requisiti e alla personalità che il team sta cercando per il nuovo Rappresentante Straordinario ONU per la sicurezza dei giornalisti. Inizialmente, il leader di RSF Deloire si è dimostrato molto cauto nel rispondere, evitando accuratamente di fornire qualche esempio preciso, ma Bader si è introdotta dichiarando: “Io ho un nome! Vorrei che per questo ruolo venisse scelto Moreno Ocampo”. Il riferimento, certamente, non è causale. Il magistrato argentino Ocampo è stato infatti il primo special prosecutor del Tribunale Internazionale per i Crimini contro l’Umanità dal 2003 al 2012 e, durante il suo mandato, si è rivelato essere estremamente efficiente raggiungendo risultati che superarono ogni più rosea aspettativa. La proposta di Ocampo come Rappresentante Straordinario ONU per la sicurezza dei giornalisti, quindi, rappresenta il fatto che la carica non sarebbe sfruttata soltanto a livello burocratico ma mirerebbe a traguardi rapidi e effettivi. La Voce di New York ha domandato quali sono ancora i problemi che ostacolano la nomina e quali sarebbero i paesi contrari all’iniziativa ma Deloire ha risposto diplomaticamente che preferisce “puntare sui progressi fatti piuttosto che sugli ostacoli che ancora si presentano”.
Nel corso della conferenza ha preso la parola anche l’ambasciatore dell’Uruguay Elbio Rosselli, che ha lodato l’iniziativa affermando che il suo paese di certo contribuirà a sostenerla. Questo è un messaggio importante dato che l’Uruguay sarà membro del consiglio di Sicurezza fino al 2017 e, quindi, ha avuto e continuerà ad avere ancora per vari mesi la possibilità di fare pressioni tra i membri più influenti delle Nazioni Unite perchè la proposta si trasformi in realtà. Il progetto è stato inizialmente presentato al Segretario Generale Ban Ki-moon nel maggio 2016 ed ha finora ricevuto l’appoggio di varie organizzazione non-governative, media e Stati. “Dobbiamo agire ora — ha affermato Deloire — ed è essenziale che anche il successore dell’attuale Segretario Generale si impegni nella giusta direzione. Non possiamo più lasciare che anche un solo giornalista venga ucciso a causa della mancanza di volontà politica nel risolvere questi problemi”.