Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha tenuto il 14 settembre al Palazzo di Vetro di New York l’usuale conferenza stampa in occasione dell’apertura della settantunesima sessione dell’Assemblea Generale. In una sala gremita di giornalisti, il Segretario ha cominciato il suo discorso puntando l’attenzione sul difficile periodo che il mondo sta affrontando ed ha colto l’occasione per ripetere la necessità di implementare al più presto i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile. In particolare, Ban Ki-moon ha affermato che i problemi più urgenti al momento sono tre: in primo luogo la delicata questione del sempre crescente numero di rifugiati e migranti alla quale sarà dedicato il Summit del prossimo 19 settembre, mirato a promuovere risposte e soluzioni al problema basate sulla solidarietà a livello globale. Poi la tematica del cambiamento climatico e, in particolare, la necessità di raggiungere entro la fine del 2016 la quota minima di firmatari necessaria per avviare quanto deciso durante gli Accordi di Parigi (mancano ancora 28 paesi che devono rappresentare almeno il 60% delle emissioni). Il terzo punto caldo che preoccupa da ormai troppo tempo la comunità internazionale è il conflitto siriano. Ban Ki-moon ha infatti affermato che, sebbene oggi siano molte le zone lacerate da guerre e problemi umanitari, ”nessuna è vittima di tanta violenza, distruzione e instabilità come la Siria”. Il Segretario ha proseguito facendo riferimento alla recente ufficializzazione del coinvolgimento delle Nazioni Unite nelle trattative di pace in Colombia, dichiarando che il 26 settembre si recherà personalmente a Cartagena proprio per firmare lo storico trattato di pace che coinvolge il governo del paese e le FARC. “Intendo sfruttare ogni secondo che mi rimane come Segretario Generale per concentrarmi sui risultati che possono realmente essere raggiunti grazie alla collaborazione tra Stati membri, società civile e settore privato” ha concluso il Segretario, lasciando poi il microfono alle domande dei giornalisti presenti in sala.
Il primo intervento ha subito toccato uno dei punti più discussi nell’ultimo periodo: i test balistici e nucleari che la Corea del Nord continua a portare avanti senza curarsi delle condanne ricevute dalla comunità internazionale. Giampaolo Pioli, presidente della United Nations Corrispondents Association (UNCA) e corrispondente per QN ha domandato a Ban Ki-moon se egli escluda totalmente la possibilità di una visita a Pyongyang prima della fine del suo mandato, mossa che permetterebbe forse di migliorare le relazioni diplomatiche tra le due coree. Il Segretario ha risposto condannando il programma di armamento nordcoreano e affermando che “è fondamentale che in questa situazione il Consiglio di Sicurezza rimanga unito nel prendere le dovute misure e mandare un messaggio forte e chiaro alla DPRK, in modo da prevenire ogni ulteriore provocazione. “Ho cercato in ogni modo di ridurre le tensioni nella penisola coreana, purtroppo i miei tentativi non hanno ancora avuto l’esito sperato ma continuerò a lottare per questo obiettivo fino alla fine del mio mandato. Al momento, però, non è stato deciso ancora nulla di definitivo riguardo alle mie azioni future” ha aggiunto. Sengupta Somini del New York Times, poi, ha chiesto a Ban Ki-moon di essere più specifico nella sua risposta precisando cosa il CdS dovrebbe fare, a livello pratico, per trattare con Kim Jong-un e abbassare la tensione nella penisola coreana. Il Segretario ha risposto in modo molto vago, affermando che le decisioni sono di competenza del Consiglio e aggiungendo soltanto che i 15 Stati membri dovrebbero stare uniti nel combattere le minacce.
Altro tema che ha fatto da padrone durante la conferenza è stata la situazione di rifugiati e migranti. Ban Ki-moon ha più volte precisato che il problema è di portata globale e che nessun paese riuscirebbe, da solo, ad arrivare a un qualche risultato ma è necessario il coinvolgimento di tutti i 193 paesi membri, di istituzioni, settore civile, società privata e organizzazioni. Sono però già state avanzate alcune critiche rivolte al documento che verrà redatto in seguito al prossimo Summit on Refugees and Migrants, accusato di poter risultare troppo vago e di non avere in realtà alcun chiaro obiettivo dal punto di vista pratico.
Come sempre poi non poteva mancare nella lista di argomenti all’ordine del giorno la controversa questione israelo-palestinese, tasto dolente per le Nazioni Unite. Mentre Ban Ki-moon ha continuato a promuovere la creazione di due Stati separati che vivono “in pace e sicurezza uno a fianco all’altro” Avni Benny, corrispondente per Kol Israel e The New York Post, ha ripetuto l’accusa secondo la quale l’ONU avrebbe una visione di parte del conflitto, provata dal fatto che in numerose Risoluzioni in diverse crisi non vengono mai utilizzati i termini “occupazione” o “territori occupati”, ma solo quando si tratta di Israele il termine sarebbe ripetuto più volte.
Passando poi alla questione siriana, Ban Ki-moon ha assicurato che “le Nazioni Unite sono completamente pronte a sfruttare al meglio i sette giorni di cessate il fuoco per consegnare i necessari aiuti umanitari. Tutto è pronto al momento per partire immediatamente, stiamo lavorando in modo molto efficiente”.
Sempre nel corso del dibattito il sudafricano Bryce-Pease Sherwin di SABC News ha poi puntato l’attenzione sulla tanto anelata riforma del Consiglio di Sicurezza sostenendo che Ban Ki-moon non si sarebbe impegnato abbastanza a riguardo. Il Segretario, però, ha risposto al giornalista riconoscendo che è ormai giunto il tempo per le Nazioni Unite di rinnovarsi in modo da riuscire a rappresentare in modo migliore i nuovi scenari globali che si sono delineati negli anni. Non a caso, tra l’altro, è stato proprio Sherwin a menzionare l’argomento: da tempo il Sud Africa (Con Germania, Giappone, India e Brasile) mira ad ottenere un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza e richiede perciò con particolare ardore una riforma dell’organo.
Anche questa volta Ban Ki-moon non si è smentito e ha rispettato appieno la definizione di diplomatico, mantenendo sempre un tono il più neutrale possibile senza mai rischiare di rilasciare dichiarazioni forti. Tenendo in considerazione l’avvinarsi delle prossime elezioni presidenziali sudcoreane, alle quali secondo molte voci di corridoio (fino ad ora mai confermate) l’attuale Segretario ONU sarebbe intenzionato a candidarsi, l’approccio accomodante adottatto da Ban Ki-moon potrebbe risultare comprensibile. Ma questo eccessivo controllo della dialettica lo avvantaggerà nella corsa alla presidenza del suo paese o, al contrario, sarà motivo di squalifica?
Il mandato di Ban Ki-moon alle Nazioni Unite terminerà il 31 dicembre 2017. Vedremo se, nei pochi mesi rimanenti, riuscirà a lasciare una impronta al Palazzo di Vetro più marcata del suo passagio di quella vista finora negli ultimi dieci anni.