Il Consiglio di Sicurezza si è riunito, ancora una volta, per discutere i sempre più preoccupanti lanci di missili balistici portati avanti dalla Repubblica Democratica del Popolo di Corea (DPRK). Come infatti già accaduto in data 2 agosto e 23 agosto, lunedì 5 settembre la Corea del Nord ha nuovamente tentato il lancio di tre missili balistici di modello Rodong, con una gittata a medio raggio, dalle sue coste orientali. Il test è emblematicamente avvenuto proprio mentre stavano per iniziare i colloqui del G20 ad a Hangzhou, in Cina, attualmente il paese più diplomaticamente vicino alla DPRK. Questa curiosa coincidenza ricorda quando, nel 2014, la Corea del Nord aveva lanciato 2 missili dello stesso modello in contemporanea all’incontro tra il presidente sudcoreano Park Geun-hye, il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe e il presidente statunitense Barack Obama che si erano riuniti proprio per varare le eventuali possibili risposte al programma di armamento già allora portato avanti da Kim Jong-un.
Durante l’ultimo test i missili sono partiti da una regione situata a sud della capitale Pyongyang e hanno percorso circa 1000 chilometri, entrando così tra l’altro all’interno della zona di identificazione della difesa aerea giapponese e a solo 300 chilometri dalle coste del paese.
Approfittando dell’occasione offerta dal G20 il presidente della Corea del Sud Park Geun-hye e il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe si sono incontrati poco dopo i test e hanno preso accordi per monitorare congiuntamente i delicati sviluppi della situazione. Stando a quanto riportato dall’agenzia stampa cinese Yonhap Geun-hye si è inoltre confrontato direttamente anche con il presidente cinese Xi Jinping affermando che il nuovo test balistico della Corea del Nord rappresenta una minaccia alla pace della regione e pone una nuova sfida alle relazioni tra Pechino e Seul. Ad aggravare la situazione contribuisce il rifiuto della Cina verso lo sviluppo della tecnologia anti-missile Terminal High Altitude Area Defense (THAAD) in Corea del Sud, nonostante sia stato più volte ripetuto che il THAAD non rappresenterà un rischio per la sicurezza degli altri paesi coinvolti (e che esso non sarebbe necessario se la DPRK venisse correttamente denuclearizzata).
Intanto, a New York, martedì 6 settembre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito sotto richiesta speciale avanzata da Giappone e Stati Uniti per discutere del problema rappresentato dai ripetuti tentativi di rafforzamento dell’arsenale nucleare portati avanti dalla DPRK, i quali sono in netto contrasto con numerose risoluzioni del CdS volte allo smantellamento di questo tipo di armi, come ad esempio la Risoluzione 2270 che vieta per la Corea del Nord tutte le esportazioni e il leasing o noleggi di navi e arei, impone un’ispezione delle merci in entrata e uscita dal paese, il congelamento dei beni su tutti i fondi e sulle altre risorse economiche possedute o controllate dal governo, eccetera. Potete leggere di più sul tema a questo link.
In seguito al meeting l’ambasciatrice americana Samantha Power, il giapponese Koro Bessho e il viceambasciatore sudcoreano Hahn Choong-hee hanno tenuto uno stakeout per la stampa. “Quest’anno la DPRK è stata autrice di 22 violazioni alle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Ciò dimostra chiaramente la volontà del paese nel proseguire il programma di sviluppo della tecnologia balistica e una grande noncuranza delle decisioni internazionali, permettendosi di provocare la comunità internazionale continuando a godere dell’impunità” ha affermato Power, precisando che le intenzioni della Corea del Nord sono ben chiare: “Sappiamo esattamente, perché lo ha dichiarato in modo esplicito l’agenzia stampa nordcoreana, che non appena il paese sarà pronto armerà questi missili con materiale nucleare”. Power ha poi invitato tutti i 15 paesi membri del CdS a rimanere uniti nel condannare i test e a trasformare presto le parole in fatti concreti.
Koro Bessho, poi, ha affermato che “i lanci rappresentano una seria minaccia non solo per il Giappone ma per la stabilità dell’intera regione” ed ha lasciato la parola all’ambasciatore sudcoreano Choong-hee che, dopo essersi detto pienamente d’accordo con quanto appena affermato dai suoi colleghi, ha aggiunto: “Lo sviluppo delle capacità balistiche e nucleari della Corea del Nord va a scapito della popolazione del paese, poiché dedicando energie al settore militare la qualità della vita e i diritti umani vengono troppo spesso trascurati. I fondi che la DPRK sta investendo per sviluppare i missili dovrebbero invece essere indirizzati ad attività che vadano a giovamento della popolazione. La comunità internazionale — ha proseguito Choong-hee — dovrebbe essere unità nel condannare e sanzionare il comportamento della Corea del Nord, implementando le Risoluzioni del Consiglio in maniera effettiva”.
Quando Edith Lederer di Associated Press ha domandato quale fosse stata la reazione della Cina riguardo agli ultimi lanci, Power ha risposto affermando: “È giusto lasciare che la Cina faccia da sé le proprie dichiarazioni, ma la totalità del Consiglio ha condannato i lanci in agosto e spero che sarà così anche questa volta. Molte voci stanno spingendo per fare di più e spero che riusciremo a migliorare l’effettività delle sanzioni”. Intanto, l’ambasciatore cinese Liu Jieyi non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale e, uscendo dalla riunione del Consiglio di Sicurezza, ha soltanto detto ai giornalisti che preso il Consiglio rilascerà un comunicato stampa. Il documento è infatti stato reso pubblico nel primo pomeriggio ed è stato letto pubblicamente dall’attuale presidente del Cds Gerard van Boehem durante uno stakeout per la stampa.
Il contenuto, però, è abbastanza scontato e il comunicato sembra non aggiungere nulla a quanto è ormai stato più volte ripetuto: le Nazioni Unite hanno già fatto presente la necessità di aumentare gli sforzi per bloccare, finalmente, lo sviluppo del minaccioso programma balistico e nucleare della Corea del Nord. Adesso è il momento di passare dalle parole ai fatti.