Il 14 agosto alle 15:45 (ora locale) la coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha bombardato un ospedale gestito dall’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF) nella zona rurale di Hajjah, in Yemen, uccidendo 14 persone (tra le quali anche un medico di MSF, Abdul Kareem al Hakeemi) e ferendone altre 24. L’ospedale accoglieva dalle 100 alle 150 persone al giorno ed era uno dei pochi centri funzionanti nella zona, già lacerata dal conflitto e ormai da mesi carente dei servizi di prima necessità come medicinali e personale medico. Al momento dell’attacco erano presenti nella struttura 23 pazienti in chirurgia, 25 donne incinte, 13 neonati e 12 bambini nel reparto pediatria.
In un comunicato il portavoce del Segretario Generale dell’ONU ha riportato le parole di Ban Ki-moon, affermando: “Il Segretario Generale condanna gli attacchi portati avanti dalla coalizione ribelle. Entrambe le fazioni coinvolte nel conflitto in Yemen sono responsabili del danneggiamento di 70 infrastrutture mediche e i bombardamenti diventano sempre più intensi e frequenti, specialmente nelle aree popolate dai civili. L’accesso agli aiuti umanitari è essenziale per le persone del paese”. Egli ha poi ricordato che gli ospedali e il personale medico sono esplicitamente posti sotto la protezione delle leggi umanitarie internazionali e che quindi ogni attacco contro di essi, o contro civili e infrastrutture, rappresenta una seria violazione della legge e verrà rigorosamente studiata in modo indipendente ed imparziale. “Ban Ki-moon invita nuovamente tutte le parti in lotta a cessare immediatamente le ostilità — ha proseguito il portavoce — e a riprendere le negoziazioni con l’Inviato Speciale ONU per lo Yemen Ismail Ould Cheikh Ahmed”.
Durante la conferenza stampa di lunedì pomeriggio, poi, il viceportavoce del Segretario Generale Farhan Haq ha citato le parole di Ban Ki-moon ripetendo che “non può esserci una soluzione militare al conflitto in Yemen. Le due fazioni devono collaborare per via diplomatica”. (Qui, durante il primo minuto)
Teresa Sancristóval, emergency program manager di Medici Senza Frontiere, ha così commentato l’attacco: “Questo è il quarto caso in meno di 12 mesi. Ancora una volta, siamo qui per testimoniare le tragiche conseguenze che derivano dal bombardamento di un ospedale. Ancora un volta, un centro ben funzionante e pieno di dottori e pazienti è stato colpito nel contesto di una guerra che non dimostra alcun rispetto verso le infrastrutture civili. Dopo ogni attacco gli attori in lotta ci assicurano che non succederà più — ha proseguito Sancristóval — ma siamo stanchi delle parole, stanchi di cortesie e promesse che non vengono mantenute. Ciò che ci serve sono prove di un reale impegno nel voler terminare definitivamente i bombardamenti contro le strutture mediche. Anche gli ospedali sono vittime di guerra”. Il capo della missione di MSF in Yemen, Juan Prieto, ha poi aggiunto: “Con la distruzione di questo ospedale la comunità locale si vede privata di un servizio essenziale, proprio in un momento in cui l’accesso ai servizi sanitari è più vitale che mai”.
La portavoce per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) Ravina Shamdasani ha inoltre dichiarato che lo staff dell’organizzazione è presente sul posto e sta indagando riguardo all’attacco, affermando che “esso rappresenta senza alcun dubbio un’infrazione alla legge internazionale”. Anche il personale di Medici Senza Frontiere sta portando avanti ulteriori indagini per accertare la dinamica dei bombardamenti.
Il conflitto in Yemen prosegue ormai da 16 mesi. I colloqui di pace tra il governo yemenita e il rappresentante della coalizione ribelle Ansar Allah sono stati interrotti il 6 agosto scorso per un mese, in seguito all’abbandono delle trattative da parte dei rappresentanti del governo yemenita avvenuto il 2 agosto. Le tensioni però non si sono di certo placate.