Il Consiglio di Sicurezza ha convocato una riunione straordinaria mercoledì 3 agosto per discutere il nuovo, preoccupante dispiego di missili balistici messo in atto dalla Corea del Nord. Durante la mattinata di mercoledì il paese ha infatti tentato il lancio di 2 missili balistici dalla provincia di South Hawanghae, situata nella costa nordorientale. I razzi erano un modello Rodong con un gittata potenziale di circa 1000km. Mentre il primo è esploso poco dopo il lancio, il secondo si è avvicinato alle acque territoriali giapponesi nei dintorni della prefettura di Akita, a 250km dalla penisola di Oga. Il lancio, per di più, è avvenuto in seguito alla firma di un accordo circoscritto da Corea del Sud e Stati Uniti riguardante la creazione di una zona area di difesa anti-missile (THAAD), al quale Pyongyang ha risposto minacciando di fortificare le sue operazioni militari.
È la prima volta dal 1998 che un razzo giunge in territorio nipponico e il governo di Tokyo ha subito dichiarato lo stato di allerta, affermando che le sue forze di sicurezza continueranno a monitorare attentamente la situazione anche perché al momento la Corea del Nord possiede un arsenale stimato di 300 missili Rodong che potrebbero raggiungere le terre sudcoreane e giapponesi dove, tra l’altro, sono stanziate numerose basi militari americane.
I test balistici non sono una novità per il governo di Kim Jong-un: l’ultimo tentativo, infatti, risale al 19 luglio quando tre missili attrezzati per il trasporto di armi nucleari sono stati lanciati in mare dalla costa orientale, percorrendo circa 600km.

La comunità internazionale ha immediatamente preso atto della gravità della situazione e i 15 stati membri del Consiglio di Sicurezza si sono riuniti nelle sale del Palazzo di Vetro per più di due ore per discutere di quanto successo. All’ingresso i vari ambasciatori erano visibilmente tesi e, una volta finita la seduta, il Rappresentante Permanente del Giappone Koro Bessho, l’americana Samantha Power e il sudcoreano Oh Joon si sono rivolti alla folla di giornalisti che li aspettava allo stakeout. Prima dei discorsi ufficiali, però, anche l’Ambasciatore cinese Liu Jieyi ha rilasciato un commento informale alla stampa, affermando: “Durante la riunione ho sottolineato l’importanza dell’accaduto e ho chiesto ai miei colleghi di stare uniti, inviando un messaggio forte”. L’ambasciatore cinese ha però dichiarato che è necessario prendere decisioni prudenti dato che la situazione nella zona è estremamente delicata, allineandosi così alle parole del Presidente cinese Xi Jinping che già in aprile, durante un Consiglio dei Ministri, aveva affermato: “In quanto molto vicina alla Nord Corea, la Cina non permetterà che inizi una guerra nella penisola. Non sarebbe positivo per nessuno”. La Cina, quindi, sembra distanziarsi dalla rigida e inequivocabile posizione di condanna adottata da Giappone, Sud Corea e Stati Uniti e preferisce la cautela.
L’Ambasciatore giapponese Bessho ha parlato per primo con i giornalisti, condannando senza mezzi termini l’attacco: “La DPRK ha portato avanti un’azione totalmente inaccettabile. I missili sono arrivati nel nostro paese, siamo estremamente preoccupati a causa di quello che consideriamo come una grande violazione delle Risoluzioni precedentemente approvate dal Consiglio. I test balistici sono avvenuti in completa violazione delle norme della diplomazia”. Bessho però anche precisato che “al momento il Giappone vuole trovare una soluzione immediata tramite il dialogo, non con la forza”.
A seguire l’americana Samantha Power ha ricordato che questa non era la prima volta che il Consiglio di Sicurezza si riunisce a causa dei test nordcoreani facendo riferimento agli episodi di inizio e metà luglio, accompagnati da una retorica preoccupante da parte di Pyongyang che aveva definito i lanci come parte di una simulazione preventiva mirata alle basi americane in Sud Corea. “Confermiamo che i missili sono arrivati a 300km dalle coste giapponesi” ha affermato Power che, però, è subito stata corretta da Bessho: “In realtà, 250km”. Power ha poi proseguito: “è necessario che il Consiglio dia una risposta forte e sicura, i missili sono arrivati incredibilmente vicini al Giappone e l’avanzamento del programma nordcoreano rappresenta una minaccia alla pace e alla sicurezza. È fondamentale che quando le Risoluzioni del Consiglio vengono violate i suoi membri rimangano uniti in nome delle sue stesse decisioni e della sicurezza internazionale”. Il riferimento è alla Risoluzione 2270, approvata nel marzo scorso in seguito al test nucleare del 6 gennaio e al lancio di missili del 7 febbraio. La Risoluzione ha imposto le più rigide condizioni mai decise dall’ONU da vent’anni ad oggi: divieto su tutte le esportazioni, ispezione delle merci in entrata e uscita dal paese, divieto di leasing o noleggi di navi e arei, congelamento dei beni su tutti i fondi e sulle altre risorse economiche possedute o controllate dal governo, eccetera. Potete leggere di più a questo link.
L’ambasciatore sudcoreano Oh Joon durante lo stakeout ha poi ricordato che nel 2016 la Corea del Nord ha risposto alle Risoluzione del Consiglio portando a termine ben 13 test balistici e lanciando 29 razzi di vario tipo. “È chiaro che il paese si sta preparando in modo sistematico e agisce con il chiaro scopo di migliorare la propria tecnologia missilistica. Questo pone una grande sfida per tutta la comunità internazionale, è assolutamente necessario fermare questo comportamento” ha dichiarato.
Durante la mattinata, inoltre, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha commentato i lanci tramite il suo portavoce Stéphane Dujarric, affermando: “le Nazioni Unite sono estremamente preoccupate riguardo alla situazione in Nord Corea. Questo tipo di azioni rappresentano una seria minaccia alla pace e alla stabilità della regione. La comunità internazionale chiede al governo del paese di modificare il suo comportamento in modo da poter tornare al dialogo”.
La situazione è estremamente tesa e i fattori in gioco sono tanti. Aspettiamo eventuali sviluppi.