Nelle giornate del 23 e 24 maggio più di 5000 persone tra capi di Stato, leader di organizzazioni internazionali e rappresentanti della società civile si riuniranno ad Istanbul in occasione del primo Summit internazionale per i Diritti Umani. A rappresentanza del nostro paese sarà presente all’evento il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni.
Il Summit è stato organizzato a partire da una proposta avanzata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e mira principalmente a riaffermare l’impegno dell’ONU e dei governi mondiali nella salvaguardia dei diritti umani, a prendere misure effettive e concrete che abilitino i paesi a rispondere alle crisi umanitarie e a promuovere la condivisione di pratiche che possano portare a questo obiettivo.
Durante il discorso di presentazione del Summit Ban Ki-moon ha annunciato ai presenti le cinque “responsabilità fondamentali”, cioè cinque fattori meritevoli della massima priorità a livello internazionale che verranno discussi durante la due giorni di dibattiti e conferenze:
- La prima di queste si rivolge direttamente ai Governi. Ban Ki-moon afferma infatti che “è necessario che i leader mondiali si assumano le proprie responsabilità nel promuovere la fine dei conflitti. Essi devono dedicarsi a quest’obiettivo con maggiore devozione al fine di trovare soluzioni che fermino lo scorrere del sangue e le sofferenze”.
- La seconda responsabilità riguarda le norme di diritto internazionale che, ormai troppo spesso, vengono violate senza alcuna sanzione. “Gli Stati devono rispettare quelle stesse leggi che essi hanno approvato. Dobbiamo riconfermare la nostra fiducia nei confronti della giustizia a livello nazionale e internazionale” dichiara il Segretario, aggiungendo che “anche la guerra ha delle regole, ed è giunto il momento di rispettarle”. Nell’arco di tempo che va dal 2001 al 2014, infatti, i conflitti hanno causato 145 000 vittime tra morti e feriti e nel 2014 è stata registrata una media di 10 vittime al giorno.
- Il terzo punto fa riferimento alla necessità di non lasciare nessuno indietro ma, al contrario, di dedicare i primi sforzi proprio a coloro che ne hanno più bisogno. Ciò si materializza nei propositi di ridurre i flussi migratori entro il 2030, raggiungere una piena eguaglianza di genere in tutti i paesi e assicurare l’accesso all’educazione anche nelle zone colpite dai conflitti. Ban Ki-moon, nel suo discorso, dedica particolare importanza ai giovani definendoli come “il nostro presente e il nostro futuro” e affermando che è necessario fare tutto il possibile per fornire loro le migliori possibilità. Ki-moon prosegue infatti dichiarando che “a nessun bambino o adolescente dovrebbe essere negata un’educazione consona a causa del contesto di crisi in cui si trova o per mancanza di fondi”. I dati ci informano che ad oggi 1 bambino su 4 che vive in zone di guerra non ha modo di accedere all’istruzione e il 51% dei rifugiati, a livello mondiale, è costituito da bambini.
- A causa del vertiginoso aumento di persone bisognose di aiuti umanitari registrato negli ultimi anni (dai 26 milioni del 2005 esse sono diventate 87 milioni nel 2016) la quarta responsabilità propone un cambio radicale di prospettiva: non più concentrarsi sul fornire aiuti, bensì eliminare alla base le cause che li rendono necessari. Per raggiungere questo obiettivo, afferma Ban Ki-Moon, è necessario rinforzare i sistemi locali e nazionali e rispettare le autorità. Al fine di anticipare le crisi, inoltre, il Segretario invita ad aumentare gli investimenti nella ricerca dati (che attualmente riceve soltanto lo 0,5% dei fondi) per migliorare l’attività di analisi e avere così un’idea più completa dei rischi a quali si va incontro. Fondamentale in questo processo sarà ovviamente dimenticare le inimicizie e unire gli sforzi per lavorare in modo collaborativo.
- Il quinto punto del programma, infine, propone di investire sull’umanità per migliorare le abilità a livello locale, ridurre i rischi e costruire istituzioni effettive e inclusive in particolare nelle zone di crisi. Fare questo significa diversificare e espandere le risorse e usare una grande varietà di strumenti finanziari. Ban Ki-moon, in particolare, ha proposto alla comunità internazionale di creare una nuova piattaforma per i finanziamenti internazionali in cooperazione con la Banca Mondiale in modo da esplorare nuovi meccanismi che possano realmente finanziare gli sforzi collettivi nelle zone di conflitto. “Dobbiamo sviluppare un Grande Patto per rendere l’amministrazione dei fondi più funzionale e trasparente” afferma il Segretario. Le richieste di fondi per aiuti umanitari sono infatti passate dai 5,2 miliardi nel 2004 ai 19 miliardi nel 2015. Di questi, soltanto il 55% è stato erogato.
Ban Ki-moon ha invitato tutti i leader che si riuniranno al primo Summit Internazionale per i Diritti Umani ad impegnarsi in maniera concreta verso l’azione e il cambiamento e a sottoscrivere mutue responsabilità. “Abbiamo aspirazioni ambiziose, ma l’urgenza delle crisi, i bisogni e le aspettative di centinaia di migliaia di persone testimoniano la necessità di mettere in moto i nostri obiettivi tramite un impegno serio e condiviso” ha concluso il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Restiamo in attesa di capire se le decisioni prese ad Istanbul saranno solo discorsi farciti con belle parole o porteranno ad un reale miglioramento della situazione e ad un impegno concreto in difesa dei diritti umani nel mondo.