Una dei motivi di insofferenza da parte dell'opinione pubblica nei confronti della classe politica consiste nella vaghezza delle sue dichiarazioni e nell'eccessiva cautela diplomatica che troppo spesso ne caratterizza il linguaggio.
Ci sono situazioni tuttavia, nelle quali persino la retorica può cambiare tono divenendo più chiara e diretta e, a volte, trasformarsi addirittura in una più decisa azione politica.
E noto ad esempio che, di fronte all'irriducibilitá dell'ostruzionismo repubblicano, il presidente americano Barack Obama ha gradualmente abbandonato i toni diplomatici e conciliatori verso l'opposizione che avevano caratterizzato il primo periodo della sua presidenza assumendo un atteggiamento sempre più unilaterale e decisionista con il progredire del suo mandato.
L'approssimarsi della "pensione" quindi, aumenta l'incisività della retorica politica e questo processo sembra ora estendersi anche al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon il quale, aviato verso l'epilogo del suo incarico all'ONU, sembra aver assunto toni più agguerriti nei suoi discorsi.
Nel corso del suo intervento di apertura della Settantesima Assemblea Plenaria dell'ONU tenutasi lunedì al Palazzo di Vetro, Ban ha dichiarato con una chiara allusione all'atteggiamento di alcuni paesi dell'Europa orientale nei confronti dei migranti in transito, che "nel ventunesimo secolo è inammissibile che si pensi ancora a costruire muri e barriere".
Similmente, parlando della guerra civile siriana, Ban ha detto senza mezze misure che "questa crisi si trascina ormai da quattro anni grazie alla paralisi diplomatica di un Consiglio di Sicurezza che ne ha consentito un'escalation incontrollata poi sfociata nel disastro attuale a dispetto del fatto che la responsabilità principale di ciò che sta accadendo sia comunque da attribuire alle varie fazioni che si combattono in Siria."
Dopo aver lodato gli sforzi diplomatici del suo inviato Staffan de Mistura, Ban ha rincarato la dose estendendo la responsabilità della crisi oltre gli stati membri del Consiglio di Sicurezza e coinvolgendo le altre potenze regionali mediorientali come l'Iran, la Turchia e l'Arabia Saudita.
L'Arabia Saudita si è sentita chiamata in causa dal Segretario anche in relazione agli scontri in atto in Yemen dove, stando alle parole di Ban Ki-moon, "l'ottanta percento della popolazione ha disperato bisogno di assistenza umanitaria". Pur attribuendo la gravità della situazione in Yemen a entrambe le fazioni in lotta, il capo dell'ONU non ha esitato a precisare che "la maggior parte delle vittime civili sono dovute ai raid aerei": un'implicito dito puntato contro l'Arabia Saudita che ha condotto la stragrande maggioranza di quei raid.
Ma se sul podio dell'Assemblea Generale Ban Ki-moon, ha usato parole decise per ammonire alcuni paesi identificati come responsabili diretti e indiretti dei vari focolai di crisi, il Segretario ha assunto anche toni più faceti in occasione del pranzo organizzato in onore dei delegati dopo i discorsi all'Assemblea Generale.
Seduto al tavolo di onore tra Barack Obama e Vladimir Putin, Ban ha atteso l'arrivo di tutti i delegati ed ha iniziato il suo discorso ricordando ai presenti la recente visita di altri due illustri ospiti.
"Solo alle Nazioni Unite – ha detto il Segretario – due personaggi come Papa Francesca e la cantante Shakira possono avvicendarsi sul podio a pochi minuti l'uno dall'altra. Io non sapevo se pregare o ballare".
Il pranzo dei delegati è stato anche il preambolo del meeting tra il presidente americano Obama e quello russo Putin che sono stati messi a sedere quasi uno accanto all'altro con Ban Ki-moon come commensale e intermediatore informale.
Putin è arrivato a pranzo con un certo ritardo e ha preso posto accanto al presidente Obama nel momento in cui Ban stava pronunciando il suo discorso introduttivo.
Al momento di sedersi al tavolo, Putin non ha stretto la mano al presidente americano mentre alla fine del suo intervento, Barack Obama ha rivolto un brindisi ai presenti e ha incrociato il suo bicchiere di vino rosè italiano con il presidente russo.
Da più parti si auspicava che questo gesto conciliatorio da parte di Obama nei confronti di Putin costituisse il preludio di un più vasto accordo sui temi caldi di Ucraina e Siria durante il faccia a faccia che i due capi di stato hanno avuto nel pomeriggio. Ma dopo quasi un ora e mezza di meeting a porte chiuse (quasi il doppio del tempo previsto dal programma ufficiale distribuito dalle due delegazioni) i due leaders si sono lasciati senza aver raggiunto alcun accordo sostanziale a dimostrazione che il divario di vedute tra Mosca e Washington resta difficilissimo da colmare.
Putin ha addirittura commentato alla stampa russa che, al momento, le relazioni con gli Stati Uniti sono ad un minimo storico.
Qualche ora dopo, nel corso di un ricevimento al Waldorf Astoria Hotel di Manhattan, il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha smorzato leggermente i toni. Rispondendo ad una domanda de La VOCE di New York se l'esito del meeting debba ispirare ottimismo o pessimismo nella comunità internazionale, Lavrov ha dichiarato: "Ottimismo. Anche perché non abbiamo altra scelta".