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September 29, 2015
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Matteo Renzi porta all’ONU la sua “lista della spesa”

Marcello CristobyMarcello Cristo
Time: 4 mins read

Nel suo discorso di fronte all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi si è ispirato, non si sa se consapevolmente o meno, all'ex presidente americano Franklin Delano Roosevelt il quale, nel suo discorso di inaugurazione nel 1933, apostrofò una nazione in piena depressione economica con la famosa frase "l'unica cosa di cui bisogna aver paura é la paura stessa".

Per Renzi, quello dell'Unione Europea è un progetto nato "per sconfiggere la paura": quella di un nuovo conflitto bellico. Ma, dopo settant'anni di cooperazione e di progresso in questo senso, nell'Europa moderna si annida ora un nuovo timore atavico: quello dello straniero, dell'immigrato. Per Renzi, quello dell'immigrazione "non è tanto un problema numerico" o logistico ma un problema psicologico che affonda le sue radici nella diffidenza della gente nei confronti dell'altro, del diverso, dell'alieno e, in questo senso, l'Italia, "ponte naturale tra il Nord e il Sud" ha un ruolo positivo da svolgere in funzione della sua tradizionale funzione di "laboratorio straordinario e crocevia storico posto al centro del Mediterraneo", punto di incontro di tre continenti.

Il Presidente del Consiglio ha voluto comprensibilmente iniziare il suo discorso affrontando il tema dell'immigrazione e toccando poi, uno a uno, tutti gli argomenti principali della politica internazionale.

Ma il suo discorso, del quale alcune porzioni sembravano riciclate da interventi precedenti, ha dato la sensazione di sfiorare solamente la superficie delle materie trattate senza andare in profondità su nessuna di esse. Dalla cessazione delle ostilità in Ucraina, all'apertura tra gli Stati Uniti e Cuba, al trattato con l'Iran nel rispetto della sicurezza di Israele, quello di Renzi é stata più una "lista della spesa" di argomenti caldi del momento che una vera e propria strategia propositiva portata avanti da un paese che, proprio in virtù della sua centralità geografica aspira a guadagnare anche una maggiore centralità politica.

Forse, l'ambito limitato dei discorsi di fronte all'Assemblea Generale dell'ONU, è un contesto che, di per sé, non si presta ad approfondite disquisizioni politiche. Ma uno degli altri temi centrali dell'intervento di Renzi è stato quello della candidatura italiana al Consiglio di Sicurezza, un'aspirazione ad un ruolo di alto profilo che probabilmente avrebbe potuto essere favorito dall'avanzamento di proposte più elaborate e da prese di posizione meno formali.

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Sull'immigrazione quindi, Renzi è un fautore dell'accoglienza e della solidarietà: "Appartenendo ad una generazione che ha assistito e ha gioito di fronte al crollo del muro di Berlino, l'idea di ergere nuovi muri in Europa è intollerabile". Una posizione legittima e anche facile da assumere in un tempio della solidarietà come le Nazioni Unite. Il premier non ha incontrato la stampa al termine del suo intervento ma, se lo avesse fatto sarebbe stato interessante chiedere se, nel lungo termine, l'accoglienza e la responsabilità abbiano dei limiti strutturali; quali siano questi limiti e che cosa fare una volta che siano raggiunti.

Renzi ha anche aggiunto che "l'Italia è stato tra i primi paesi a cogliere nella sua gravità la questione dei rifugiati", un'osservazione un po' spacciata per presunto merito anche se non è chiaro in virtù di cosa possa veramente passar per tale.

Strettamente connesso alla questione immigrazione Renzi ha parlato poi di terrorismo dicendo che questa nuova sfida è "prima di tutto una battaglia di valori e di cultura" e che "i semi del estremismo in Europa non sono arrivati con gli immigrati poiché i militanti coinvolti in atti di violenza, "dagli attentati a Charlie Hebdo in Francia fino ad altri episodi verificatisi in Belgio o Danimarca, erano donne e uomini nati, cresciuti ed educati in paesi europei".

Un'osservazione impeccabile anche se non è chiaro perché mai un terrorismo "di seconda generazione" sia preferibile e non imponga con la stessa urgenza l'elaborazione di politiche comuni e coordinate da parte dell'Unione Europea in grado di dare risposte alle ansie dell'opinione pubblica.

Per l'Italia la minaccia principale di questo terrorismo alle porte è rappresentata dalla situazione di instabilità nella quale continua a dibattersi la Libia e, in questo senso, il Presidente del Consiglio ha detto che "l’Italia sostiene l'apertura di un negoziato per la formazione di un governo di unità nazionale ed è pronta, se e quando richiesto da questo governo, ad assumere un ruolo guida per l’assistenza e la collaborazione alla stabilizzazione”.

Quella di una "strategia globale" è stato il termine ricorrente presentato in questi giorni dai vari leader succedutisi al podio come soluzione all'emergenza terrorismo. Anche il premier italiano non è stato da meno, enfatizzando, in questo senso, la collaborazione italiana con i paesi africani e, in particolare, con gli stati membri dell'Unione Africana.

Renzi si è anche chiesto, legittimamente, se un'istituzione come quella delle Nazioni Unite "a settant'anni dall'approvazione della carta di San Francisco, sia ancora in grado di rispondere alle nuove sfide del presente". Un'osservazione acuta quanto opportuna considerata la sede.

Poi, una nuova lista di propositi encomiabili quanto numerosi: dall'impegno dell'Italia contro la pena di morte; alla lotta alla mutilazione genitale femminile; fino all'argomento più interessante della sostenibilità e, soprattutto della necessita di un "cambiamento dei modelli di sviluppo", un tema senza il quale parlare di sostenibilità e di futuro resta un superfluo esercizio retorico.

Non poteva mancare inoltre un accenno alla nuova iniziativa lanciata proprio al Palazzo di Vetro qualche giorno fa che vede coinvolta l'Italia, assieme alla Giordania, nel ruolo di custode del patrimonio culturale mondiale in cooperazione con l'UNESCO per preservare i beni archeologici e monumentali di paesi a rischio come in Siria e in Irak.

Ma il momento più umano del discorso è arrivato quando il Presidente ha ricordato la tragedia del piccolo Aylan Kurdi, morto sulla spiaggia di Bodrum e divenuto il simbolo di tutti i bambini annegati nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l'Occidente. In contrasto con l'immagine di questa disgrazia, Renzi ha voluto concludere il suo intervento ricordando i nomi di tanti bambini che sono nati sulle navi italiane della Marina e della Guardia Costiera subito dopo il loro salvataggio in mare.

Un piccolo miracolo che, al di la delle polemiche politiche, di fatto rende questi piccoli profughi anche un po' italiani.

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Marcello Cristo

Marcello Cristo

Sono nato e cresciuto a Napoli dove, nella tradizione magno-greca della mia città, mi sono laureato in Filosofia. Vivo negli Stati Uniti con la mia famiglia da oltre vent'anni facendo la spola tra New York e la California. Dall’America, ho iniziato a collaborare con pubblicazioni italiane come Il Giornale di Indro Montanelli e La Gazzetta dello Sport di Candido Cannavò e poi con il quotidiano in lingua italiana degli Stati Uniti America Oggi per il quale ho lavorato come editor, opinionista e corrispondente dalla California. Nei ritagli di tempo, sto tentando disperatamente di insegnare ai miei figli il napoletano.

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