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September 26, 2015
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C’erano una volta gli Stati Uniti delle Isole Ionie

James HansenbyJames Hansen
La bandiera degli Stati Uniti delle Isole Ionie

La bandiera degli Stati Uniti delle Isole Ionie

Time: 3 mins read

Altri stati uniti — Dunque, Tsipras vince l’ultima tornata elettorale greca. È forse una buona notizia per Bruxelles, che almeno ritrova un interlocutore già “fra le genti debellate e dome”, può darsi un po’ meno per Atene. Ha vinto, ma arriva spogliato dei sostenitori più accesi—cioè, ha meno sostenitori—e con un governo debole e senza ricette per il futuro. Non si parla più della Grecia, ma il Paese continua ad andare molto male, con un’economia sempre più al lumicino e senza prospettive.

I greci sono persone civili e per ora stanno buoni, ma le tensioni sociali ci sono. Rode ed erode vivere male e a un certo punto comincia a crescere l’impressione che non ci sia più molto da perdere. Forse è bene ricordare che l’unificazione greca non è poi così antica né così compiuta. Il ricordo permette anche di tirare fuori la storia di uno dei nostri “ex-paesi” preferiti: “Gli Stati Uniti delle Isole Ionie”…

Il racconto è un pochino complicato. Questi particolari Stati Uniti furono una nazione esistente nel Mar Ionio tra il 1815 e il 1864, nominalmente indipendente, ma con lo status di protettorato del Regno Unito. Comprendevano le sette isole di Corfù, Cefalonia, Citèra, Itaca, Passo, Leucade e Zante.

Il Paese aveva una pasticciata bandiera, riprodotta qui a sinistra, che fa riferimento sia all’Inghilterra sia a Venezia—tralasciando completamente la Grecia, ancora possedimento ottomano. La capitale era Corfù; le lingue ufficiali l’inglese, il greco e, dopo quattro secoli di dominio veneziano, l’italiano.

Venezia però esce di scena con la sconfitta nelle guerre rivoluzionarie francesi, quando le isole vennero annesse alla nuova République française. Poi, tra il 1798 e il 1799, i francesi vennero cacciati da una spedizione congiunta russo-turca, appoggiata dagli inglesi. Le forze occupanti fondarono una prima Repubblica delle Sette Isole Unite (la Repubblica Septinsulare), che esistette dal 1800 al 1807. Vennero in seguito riannesse alla Francia, che le inquadrò all'interno delle province illiriche. Il 2 ottobre 1809 la Gran Bretagna sconfisse la flotta francese al largo di Zante e conquistò Cefalonia, Citèra e la stessa Zante. I britannici presero Leucade nel 1810. Corfù rimase dominio francese fino al 1814.

Con il Congresso di Vienna, le Isole Ionie furono poste sotto la protezione del Regno Unito. Nel 1817 la nuova repubblica si dotò di una Costituzione, redatta in italiano, inglese e greco. Si andò avanti così, sotto il controllo di una serie di Alti Commissari inglesi e in condizioni di tensione sempre crescenti, specie dopo l’inizio della rivoluzione greca che finì per ottenere l’indipendenza dalla Turchia ottomana. Finalmente, nel 1864, il Regno Unito cedette le isole alla Grecia come una sorta di dote per il nuovo Re del Paese, Giorgio I, un principe danese imposto da Londra dopo che i greci avevano confuso la questione, offrendo il trono a sorpresa a uno dei figli della Regina Vittoria, il Principe Alberto. Alla Regina l’idea di mandare un figlio nella lontana e pulciosa capitale greca non piacque neanche un po’.

Con gli inglesi le isole erano diventate più ricche di tutte le altre province del Regno della Grecia, ma non provavano gratitudine. Il settimanale britannico Saturday Review così riassunse la reazione locale: “Agli occhi degli Ionici, niente del nostro Protettorato è piaciuto quanto la sua dipartita”.

Il ricordo dell’indipendenza non è particolarmente vivo tra gli isolani—ma c’è. Poi, alla loro storia manca il pesante “secolo turco” della Grecia. Soprattutto, le sette isole—ora come allora—hanno un’economia e una rete di rapporti con il mondo molto diverse da quelle degli attuali compatrioti continentali. Cosa succederà lì, come forse anche nella Macedonia greca, quando da Atene arriveranno solo guai, confusione e disperazione?

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James Hansen

James Hansen

Americano della West Coast, vivo in Italia da molti anni. Sono arrivato, giovane, nel servizio diplomatico USA come vice console a Napoli. Lì ho capito che “da grande” non volevo fare l’ambasciatore. Sono passato al giornalismo come corrispondente dell’International Herald Tribune e del Daily Telegraph, in seguito spostandomi “dall’altra parte della scrivania” come capoufficio stampa di Olivetti, di Fininvest e infine di Telecom Italia. Da tempo mi occupo di “diplomazia privata”, accompagnando grandi aziende italiane nelle loro avventure internazionali. È la diplomazia che mi immaginavo da ragazzo, con obiettivi più o meno chiari e i mezzi e l’autonomia per perseguirli. An American from the West Coast, I have been living in Italy for many years. I got here young, with the diplomatic service as the US vice consul in Naples. There I realized that, as a grown up, I didn't want to be an ambassador. I turned to journalism as a correspondent for the International Herald Tribune and the Daily Telegraph, and later on, I moved to the “other side of the desk” as chief of press for Olivetti, Fininvest and finally Telecom Italia. I deal with "private diplomacy", backing up large Italian companies in their international adventures. It's the diplomacy as I imagined it when I was young, with more or less clear goals and the means and autonomy to pursue them.

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