In Colombia hanno sequestrato civili, militari, politici. Hanno torturato e ucciso migliaia di persone. Hanno fatto accordi con i narcotrafficanti quando i soldi dei sequestri non bastavano. Oggi promettono di lasciare per sempre le armi e vogliono partecipare alle elezioni. A Cuba sotto lo sguardo complice di Raùl Castro, con la firma del presidente colombiano Juan Manuel Santos , arrivato per l’occasione, le FARC hanno promesso di non fare più vittime innocenti e di partecipare a civili elezioni. A patto che si perdonino loro i delitti commessi.
Le FARC, l’esercito clandestino più agguerrito dell’America Latina, ( Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia), ispirazione marxista-leninista, furono fondate nel 1964 durante l’operazione “Marquetalia” dopo gli interventi militari nelle campagne colombiane dell’esercito regolare per reprimere la nascita di Repubbliche indipendenti. Operai, contadini e intellettuali scelsero la guerriglia per combattere lo Stato. Le FARC sostengono di rappresentare gli interessi dei poveri della Colombia contro le classi ricche e si oppongono all’ingerenza degli Stati Uniti (Plan Colombia) e alla privatizzazione delle risorse naturali; alle multinazionali e alla violenza delle organizzazioni para miliari . Dopo la morte del leader Manuel Marandula Vélez, detto Tirofijo (colpo sicuro), dal 2008 sono state guidate da Alfondo Cano, morto anche lui in combattimento. Oggi Timochenco Jimènez detto “Timo” (vero nome Rodrigo Londoño Echeverri), 52 anni, è il nuovo comandante alla direzione delle FARC, con altri nove membri e dall’Avana dirige anche un giornale on line.

Rodrigo Londono Echeverri, detto Timo
Oltre 20 anni di una guerra civile hanno dilaniato la Colombia già provata dal narcotraffico e da una povertà dilagante. Un esercito composto da oltre 6.700 uomini armati (secondo i servizi segreti colombiani) che 12 anni fa ne contava 20.766. In una eventuale smobilitazione, il governo colombiano conta che si presenterebbero oltre 22.000 persone di cui almeno 6.000 sarebbero falsi guerriglieri in cerca di benefici economici. Perché costoro, se per anni hanno fiancheggiato la guerriglia con ruoli logistici, nell’accordo non avrebbero nessun riconoscimento. Senza contare le condanne che pioveranno sui vertici presenti all’Avana compreso lo stesso Timo accusato di vari delitti. Inoltre secondo la fondazione Nuova Esperanza, sono ancora 720 i civili prigionieri delle FARC, tra cui il famoso generale Rubén Darìo Alzate. Meno famoso della parlamentare Ingrid Betancourt per la cui liberazione erano intervenuti presidenti francesi, italiano e il venezuelano Ugo Chavéz, che passò oltre tre anni nella selva .
Oggi in una delle case di protocollo del governo cubano, dunque, si sono incontrati faccia a faccia oltre al cubano Bruno Rodriguez (addetto ai rapporti con i guerriglieri del mondo), Dag Nylander della Norvegia, Luis Maira del Cile, le delegazioni incaricate di trovare l’accordo (che lavorano da circa tre anni a proposito), Juan Manuel Santos presidente della Colombia e Timochenco Jimènez, leader maximo delle FARC.
Anche se l’ultima parola comunque spetterà ai colombiani che presto andranno alle urne per esprimere il loro parere a proposito, anche il Papa in visita a Cuba è intervenuto sull’argomento: “Non possiamo permettere un altro ulteriore fracasso di questo processo di pace e riconciliazione” ha detto all’Avana. Mentre il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon ha accolto con soddisfazione i risultati ed ha espresso la sua volontà di appoggiare le negoziazioni per creare le condizioni per raggiungere il disarmo bilaterale e definitivo. L’ ONU è disposta a dare “tutto l’appoggio possibile per assicurare l’esito dell’accordo di pace in Colombia”, ha detto il segretario delle Nazioni Unite.
Sul tavolo c'è un accordo storico in cinque punti, che segue altri impegni mai mantenuti negli anni passati, ma che non hanno avuto protagonisti di questo livello. Questa volta ci saranno tribunali speciali per i delitti gravi; amnistia per i delitti politici e per i ribelli che si consegneranno spontaneamente; i condannati, oltre al carcer,e dovranno lavorare per ripagare le vittime; la Jurisdicìon Especial para la Paz potrà condannare i responsabili della guerriglia e coloro che hanno finanziato le armi a pene che andranno dagli 8 ai 20 anni di carcere. Infine nessun affiliato alle FARC potrà comparire davanti al Tribunale speciale se non si impegna a confessare la verità. Un accordo storico che dovrebbe disarmare definitivamente guerriglieri e milizie regolari.
“Ci siamo accordati che entro sei mesi si debbono concludere i dettagli delle negoziazioni – ha detto il presidente colombiano Juan Manuel Santos – Questo vuol dire che entro il 23 marzo 2016 l’accordo finale deve essere firmato. Ma ciò non significa che i delitti commessi resteranno impuniti. Ci sarà un tribunale speciale che giudicherà e condannerà i colpevoli”. Le pene andranno dai 5 agli 8 anni per coloro che confesseranno i delitti. Per chi non confesserà la pena sarà di 20 anni. Le FARC, abbandoneranno le armi entro 60 giorni dall’accordo firmato, ovvero a maggio del prossimo anno”. Santos ha inoltre aggiunto: “Siamo avversari, con opposti metodi, però oggi avanziamo nella stessa direzione che è la pace”. Santos ha parlato per molte ore con il leader maximo Timo per assicurarsi che non ci siano altre vittime ed ha ringraziato i paesi che hanno garantito l’accordo.
“Tocca a voi – ha detto il Comandante Timo – moltiplicare lo sforzo per costruire il consenso e la definizione del cessate le armi oltre alla trasformazione delle FARC in un movimento politico legale”. E un altro delegato della guerriglia colombiana presente all’Avana ha aggiunto: “Vogliamo diventare un’organizzazione politica aperta con il diritto a pensare e dissentire. Vogliamo essere sicuri di non essere nel futuro minacciati e perseguitati – ha dichiarato Ricardo Téllez – Chiediamo a tutti di porre velocemente fine al fenomeno”.
C’è da crederci? Solo martedì scorso a Putumayo, nel Sud-est del paese, è stato sequestrato dal Fronte 32, il sottotenente Cristian Moscoso Rivera e ucciso un altro soldato, mentre con una pattuglia difendevano un carico di petrolio.
*Marcella Smocovich, ispanista, viaggiatrice e appassionata lettrice. Ha lavorato 15 anni con lo scrittore Leonardo Sciascia con cui ha imparato a leggere; 35 anni al Messaggero come giornalista professionista. Ha collaborato a El Pais, El Mundo di Spagna, alla CBS di New York . E’ stata vice direttore del mensile Cina in Italia. Viaggia frequentemente a Cuba, su cui ha scritto due libri, un’opera teatrale e moltissimi articoli. Vive tra Tunisi, New York, Roma e La Habana. E’ laureata a Salamanca e a Chieti.