Al consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la Russia ha posto il veto sulla bozza di risoluzione che doveva condannare il massacro di Srebrenica e doveva definirlo, finalmente, un genocidio. Questo a pochi giorni dal ventesimo anniversario del massacro, che avvenne nella cittadina bosniaca l'11 luglio del 1995, di circa ottomila uomini e ragazzi di religione musulmana. Oltre al veto di Mosca, da registrare l'astensione di Cina, Nigeria, Angola e Venezuela. A votare a favore della risoluzione presentata dalla Gran Bretagna, oltre a Stati Uniti e Francia, anche la Spagna, la Giordania, la Nuova Zelanda (che detiene la presidenza del CdS) la Lituania, il Cile, il Chad e la Malaysia.
Il voto di mercoledì era stato già due volte rimandato nei giorni scorsi proprio nel tentativo, da parte di Regno Unito e Stati Uniti, di convincere la Russia a non porre il veto. Invece, poco prima del voto, l'ambasciatore russo all'ONU, Vitaly Churkin, ha definito la risoluzione presentata dagli inglesi "non costruttiva, aggressiva e politicamente motivata".
La Russia aveva proposto di condannare "i crimini più gravi che riguardano la comunità internazionale", ma non era d'accordo nell'utilizzo del termine "genocidio" e soprattutto nel dare la responsabilità della tragedia di Srebrenica soltanto alle forse serbo bosniache. Il tribunale ONU per i crimini di guerra dell'Aja aveva già definito un genocidio il massacro nella città bosniaca. Quel giorno le forze serbo-bosniache attaccarono l'enclave di Srebrenica, dichiarata 'zona protetta' dalle Nazioni Unite e in cui migliaia di musulmani bosniaci avevano trovato rifugio nei mesi precedenti. In migliaia finirono nelle fosse comuni. Per moltissimi civili si perse ogni traccia, e ancora centinaia di famiglie in Bosnia non hanno una tomba dove piangere i loro cari.
L'Ambasciatrice americana Samantha Power, nel 1995 era una giornalista e si trovava proprio in Bosnia. Appassionato il suo discorso pronunciato al Consiglio di Sicurezza, cosi come quello del vice segretario Generale Jan Eliasson e di tutti gli altri ambasciatori che potete seguire nel video qui sotto.
Anche se la risoluzione non è passata, al Consiglio di Sicurezza sono stati pronunciati almeno gli importanti discorsi degli ufficiali dell'ONU che hanno ribadito come invece, a Srebrenica, è avvenuto un genocidio, e hanno anche sottolineato come l'orrore e i fantasmi di quel massacro continuino a perseguitare le Nazioni Unite.
Le lezioni imparate da quelle giornate "indefinibili" del luglio 1995, ancora risuonano dentro le Nazioni Unite, hanno detto il vice Segretario Generale dell'ONU Jan Eliasson (Ban Ki-moon si trovava in Norvegia) insieme al UN High Commissioner per i Diritti Umani Zeid Ra'ad Al Hussein, che ha parlato in video conferenza da Ginevra. Soprattutto per quest'ultimo, però, le lezioni del passato non hanno ancora determinato una politica di prevenzione e di più grande coesione nella comunità internazionale, incapace ancora di arrestare altri crimini contro l'umanità nel mondo.
"Ci siamo riuniti in umiltà e ci rincresce riconoscere il fallimento delle Nazioni Unite e della comunità internazionale nel prevenire questa tragedia", ha detto Eliasson ai 15 membri del Consiglio di Sicurezza prima che questi si accingessero a votare la risoluzione poi stoppata dal veto russo.
"Le Nazioni Unite hanno riconosciuto le loro responsabilità per aver fallito nella protezione dei civili che avevano cercato rifugio e conforto a Srebrenica" ha detto il vice Segretario Generale.
Il massacro di Srebrenica del 1995 è stato il più grave eccidio avvenuto in Europa dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Da quando questa tragedia avvenne venti anni fa, ha spiegato Eliasson, le Nazioni Unite hanno, in molti modi, migliorato i loro metodi per confrontarsi con il pericolo dei crimini di guerra, pulizia etnica e genocidio. La prevenzione, ha continuata Eliasson, è ormai diventata "un imperativo". "I Peacekeepers sono ora provvisti di un mandato robusto per proteggere i civili" ha ricordato Eliasson, che ha chiarito: "Sono ormai spesso autorizzati ad usare tutti i mezzi necessari per difendere le popolazioni civili". Ma Eliasson ha anche sottolineato che i soldati Onu continuano a confrontarsi con molte delle sfide che avevano difronte gli elmetti blu a Srebrenica, non ultima "la paralizzante divisione tra gli Stati membri e la mancanza di supporto politico e materiale".
Come conseguenza, le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza dovrebbero avere maggiormente un "ruolo centrale" nel rafforzare i tentativi di prevenzione e mettere in atto la responsabilità di proteggere coloro in pericolo e far rispettare il diritto delle persone a vivere "in pace e dignità".
"Il mondo ci guarda, qui alle Nazioni Unite e al Consiglio di Sicurezza e si aspetta che noi facciamo rispettare quel diritto e avverare queste aspirazioni. Queste sono le nostre responsabilità condivise oggi. E questo è come possiamo meglio ricordare le vittime di Srebrenica".
Nel suo discorso via video da Ginevra, l'Alto Commissario ai Diritti Umani Zeid ha avuto un tono ancora più duro nei confronti dei fallimenti delle Nazioni Unite nel proteggere venti anni fa i civili in Bosnia (e in Ruanda), fallimenti che si ripetono ancora oggi. Zeid ha infatti fatto delle comparazioni tra la "catastrofe" di Srebrenica e la moltitudine di crisi con cui l'ONU si deve confrontare attualmente, come in Siria, Sudan, Repubblica Centro Africana, Burundi e Myanmar. Zeid ha messo in guardia che "fino a quando non c'è rispetto per le Nazioni Unite, sarà molto probabile che altri futuri massacri saranno perpetrati".
"Se l'ONU veramente volesse rispettare il suo impegno a proteggere i civili", ha detto Zeid ai membri del Consiglio di Sicurezza, "deve essere risoluta, unita e chiara riguardo alle sue intenzioni", aggiungendo che le lezioni di venti anni fa per le Nazioni Unite rimangono rilevanti ancora oggi come lo sono state allora.
"La nostra incapacità di anticipare gli eventi, così prevalente allora, è ancora con noi oggi; e il nostro ricorrente fallimento nel capire con chi e con che cosa ci stiamo confrontando" ha detto l'alto Commissario ai Diritti Umani.
Nel suo discorso Zeid ha ricostruito gli eventi che portarono al massacro di Srebrenica, facendo molti "mea culpa" in quello che ha chiamato i tentativi "goffi" di confrontarsi con i crescenti pericoli sul terreno durante i primi giorni del conflitto in Bosnia.
Da una titubante dimostrazione di autorità a un non impegno sull'uso della forza per bilanciare la crescete aggressione dei Serbi bosniaci contro le minoranze etniche, il capo dei diritti umani dell'ONU ha descritto il modo "esitante" e "timido" delle Nazioni Unite come la ragione chiave che ha portato alla tragedia di Srebrenica.
"Abbiamo sbagliato, sbagliato, anche se la gente di Srebrenica sapeva perfettamente con chi si stava confrontando e che cosa le sarebbe successo. Noi pensammo abbastanza in profondità" a quello che poteva avvenire ha detto Zeid.
La lezione fondamentale di Srebrenica, ha continuato Zeid, è che per riuscire a compiere il suo dovere nelle aree in conflitto l'ONU deve essere rispettata: "Per le Nazioni Unite poter essere efficace in un forte mantenimento della pace, di tutte le parti in conflitto e soprattutto di quella dell'aggressore, deve avere precise istruzioni e decisioni da questo Consiglio, ed essere presente nel campo. Tutti devono sapere che ci saranno serie conseguenze e nessuna impunità" ha concluso il Commissario ai diritti Umani Zeid Ra'ad Al Hussein.