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July 6, 2015
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Grecia: la democrazia e l’interesse nazionale contro la mafiosità dello “strictly business” dell’Europa

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Manifestazione ad Atene dei supporter del no

Manifestazione ad Atene dei supporter del no

Time: 6 mins read

Se in famiglia un fratello non restituisce un debito, quando prevale l'amore, si "perdona" il debito. Se invece a prevalere sono gli interessi, la rabbia per il credito non recuperato, si perdono entrambi: i soldi e una famiglia unita dagli affetti.

Questo discorso etico che avverrebbe in qualsiasi famiglia, può essere trasportato ad una "famiglia di Stati"? 

Da mesi ormai si trascina la "questione etica" del debito greco. Come se fosse possibile equiparare uno Stato ad un essere umano, al suo codice morale, alla sua percezione del giusto, come se il bene e il male potessero essere per un governo codici di comportamento coincidenti con quello dei suoi cittadini. Gli Stati e i loro governi non hanno le stesse ristrettezze "morali" del cittadino. Le istituzioni che ci governano sono sì nostre creature ma fondano la loro forza e il loro prestigio (o la loro debolezza e cattiva fama) su "valori" diversi dai nostri. 

Certo, anche il "carattere" dei cittadini che le legittimano con il loro voto (o che ne sono sudditi) possono incidere sul prestigio delle istituzioni. Lo Stato "virtuoso", deve avere una buona quantità di cittadini che nel farsi valere nelle attività che svolgono, di riflesso danno prestigio allo Stato. Un esempio: Enzo Ferrari, con la sua genialità ha costruito quello che poi è diventato un simbolo del successo dell'Italia. Di riflesso lo Stato italiano usa il marchio del Cavallino Rampante (da tempo Fiat e quindi da un po' neanche più solo italiano) come un simbolo del successo dell'Italia nel mondo. 

Ma gli Stati, al momento di prendere decisioni che ritengono di "interesse nazionale" o di "importanza vitale",  conservano poco o nulla delle virtù dei loro cittadini migliori, e si comportano usando criteri "etici" totalmente diversi.  Cioè gli stati riescono a giustificare decisioni che sarebbero "immorali" per un cittadino, perché possono seguire un codice etico diverso, che si sublima nella cosiddetta "ragione di stato". In pratica, nello scacchiere della geopolitica,  la "virtù'" che prevale, è antitetica alla morale cristiana del porgi l'altra guancia, ma va dritta al mors tua, vita mea. Gli Stati se ne fregano della brutta fine che farà un altro Stato anche "fratello", se questa servirà a mettere a riparo il loro benessere. Gli Stati sono egoisti per natura, e quando mostrano generosità questa è solo apparente,  in quel momento la "concessione" serve a perseguire meglio il proprio interesse.  

Per riassumere: gli Stati non "amano" né "odiano" gli altri Stati. Se ne servono o se ne sbarazzano quando non gli servono più. 

Questa lunga premessa ci serve per ribadire che ci appaiono ridicoli quei protagonisti europei che, nella "tragedia" del debito greco, continuano a insistere sui "principi" da rispettare, come se il ripagamento del debito fosse una questione di "etica", la "parola d'onore" da mantenere. I media che assecondano questo atteggiamento propagandistico di alcuni politici e banchieri europei, falsificano la realtà e ingannano il pubblico sapendo di farlo.

Qualcuno dirà: ma il sogno dell'Europa unita? Gli Stati che fanno parte dell'UE non sono forse "legati" da qualcosa che va bel al di là del proprio interesse nazionale? Non stanno cercando di imparare ad "amarsi"? Non è per quello che si sono uniti, che sono "stati fratelli"?

Forse nella mente di Altiero Spinelli c'era un sentimento d'amore per il sogno di un'Europa Unita, ma nelle cancellerie che dopo Maastrich ci hanno portato fino a dove siamo arrivati, l'Euro non è mai stato un atto "d'amore" dei governi dell'Europa nei confronti dei cittadini europei. La moneta unica europea è il risultato di una percezione – soprattutto dei governi dei più potenti stati d'Europa, Germania e Francia – su come meglio preservare l'interesse nazionale in un'economia ormai globale. Con l'Euro molti stati dell'UE (ma non tutti, come ad esempio la Gran Bretagna) hanno creduto si rafforzassero le loro possibilità nazionali rispetto ai competitori esterni all'Europa. L'Euro serviva a competere meglio soprattutto nel mondo. Se gli stati d'Europa avessero fatto un atto di fede fuori dalle logiche prettamente di mercato, avrebbero allora cercato di mettere i buoi davanti al carro dell'Euro: si sarebbero gettati ciecamente, rischiando, nell'"atto d'amore" della costituzione degli Stati Uniti d'Europa. Stesse leggi, stessi diritti, stessi doveri. Per tutti, nessun Stato sarebbe stato "più uguale degli altri".  Ma quell'atto di fede-amore nell'Europa unita prima dell'Euro è stato mai considerato? Mai. Figurarsi, in Italia a richiederlo sono stati solo i radicali di Marco Pannella e Emma Bonino.  Prima gli affari quindi, poi il resto verrà, se e quando converrà…

Arriviamo alla Grecia. Alexis Tsipras, ricordiamolo, è il primo ministro greco di un partito di sinistra che ha vinto a gennaio le elezioni perché ha trasmesso un messaggio chiaro ai suoi cittadini: l'interesse nazionale della Grecia viene prima di quello dell'UE. Ci sono debiti da pagare enormi (300 miliardi) e insostenibili? Vogliamo pagare, ma fino a quando? Bene, l'interesse della Grecia prima, non certo quello dei banchieri d'Europa, della Commissione Europea o dell'FMI. Il referendum di domenica, non è stato altro quindi che una replica del voto di gennaio. La sorpresa sarebbe stata la vittoria del "si", e ci sarebbe da indagare quindi su certi cosiddetti sondaggi che per giorni hanno dato il "si" vincente quando doveva essere chiaro a tutti che la logica era tutta per il "no", come infatti è stato e a valanga.

Come ha appena scritto sul New York Times il Columnist e premio Nobel per l'economia Paul Krugman, i technocrati europei e del FMI sembrano come quei medici medievali "che insistono a far sanguinare i loro pazienti, e quando il trattamento li rende più malati, domandano di farli sanguinare di più…"

Merkel Tispras

La cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier greco Alexis Tsipras

Ma che pretendono a Berlino e a Bruxelles? Che il governo di Atene acconsenta al dissanguamento della Grecia? Ma quale statista si piegherebbe? Tsipras, dichiarando che si sarebbe subito dimesso se avesse perso il referendum, non ha giocato d'azzardo o col populismo, ma ha coniugato e bene l'interesse nazionale con la democrazia e le sue regole e ha, giustamente, vinto. Il popolo greco, ha capito che l'interesse nazionale questa volta coincideva anche "eticamente" con il loro interesse morale – il non morire dissanguati – e hanno scelto. 

Ma la situazione adesso per la Grecia non si fa ancora più grave? Se la BCE non continuerà a rifornire le banche greche di contante – e potrebbe farlo – la Grecia non precipiterà nel caos? 

Meglio un giorno da leone o cent'anni da pecora?

La paura del collasso totale, al momento di andare alle urne, ovviamente c'era, ma in questo caso i greci hanno capito che il giorno da leone avrebbe almeno portato qualche speranza – rinegoziazione del debito con annullamento di una parte ormai considerata anche dal FMI impossibile da ripagare – . Se poi la BCE non fosse venuta in soccorso, allora sarebbe stata inevitabile la cosiddetta "Grexit", con il ritorno alla dracma, con tutti i rischi che comporta ma che sono sempre meglio della morte lenta, da pecora, per dissanguamento…

La Grecia, il suo premier e i suoi cittadini, hanno fatto la scelta giusta perché hanno posto il loro interesse nazionale al di sopra e senza ipocrisie, di quello dell'UE. Lo avrebbe fatto chiunque, i tedeschi per primi!

E ora la Germania che farà? La Merkel gliela farà pagare cara a Tsipras? Si vendicherà della mancanza di rispetto? Se la Merkel, come crediamo che sia, resta una statista, e tiene soprattutto in considerazione l'interesse nazionale della Germania prima che il suo personale futuro politico, troverà l'accordo con il governo di Tsipras, uscito rafforzato dal voto del referendum. Inoltre le dimissioni del ministro delle finanze  greco Yanis Varoufakis sembrano essere il ramoscello d'ulivo lanciato da Tsipras verso le cancellerie tedesche in vista di un accordo di compromesso. Ma se Merkel invece cederà alle sirene di chi vuol fare per forza l'ipocrita "lezione morale" assurda nelle relazioni internazionali, di chi si inventa "l'etica del bene e del male" nel rapporto tra Stati dove non c'è mai stata, allora la cancelliera tedesca sopravviverà forse ancora politicamente, ma provocherebbe l'inevitabile uscita della Grecia dall'Euro, mettendo ancora più in pericolo quel che resta dell'UE e compromettendo così l'interesse nazionale della Germania. 

In questo caso, Merkel svelerebbe finalmente l'equivoco per chi non lo avesse ancora capito: L' Europa Unita "per amore", non esiste. Come dicevano i boss mafiosi nel magnifico "Il Padrino", prima di ammazzarsi, "It's strictly business". Perché prendersela dopotutto, "si tratta solo di affari".

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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