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We The Peoples: lo spirito delle Nazioni Unite rivive nelle opere di Norman Rockwell per il settantesimo dell’ONU

Vincenza Di MaggiobyVincenza Di Maggio
Time: 4 mins read

Al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, dove è esposto dal 1985, è impossibile non notare l'imponente mosaico in vetro rappresentante il famoso quadro di Norman Rockwell Golden Rule: sessantacinque persone provenienti da nazioni di tutto il mondo sono ritratte con sguardo diretto verso l'osservatore. Con espressioni di speranza sui volti e i ricchi e vivaci abiti dei loro paesi d'origine, i componenti di questo eterogeneo gruppo si fondono a formare un tutto colorato.

Laurie Matoff, Director of the Norman Rockwell Museum

Laurie Matoff, direttrice del Norman Rockwell Museum

“Nonostante le differenze culturali, nazionali, politiche, razziali, etniche, e religiose, siamo un solo popolo e siamo tutti uguali. Nessuno può farcela da solo. È necessario l'impegno congiunto di tutti noi", ha detto Laurie Matoff, direttore e amministratore delegato del Norman Rockwell Museum, lunedì sera all'inaugurazione della della mostra We The Peoples: Norman Rockwell’s United Nations.

La mostra, che resterà visibile alle Nazioni Unite fino al 15 settembre, è organizzata dal dal vice segretario generale ONU Jan Eliasson, in occasione del settantesimo anniversario delle Nazioni Unite e si concentra sulle opere più conosciute e iconiche dell’artista americano Norman Rockwell (1894-1978), “pittore del popolo, cronista dell’America e di molte nazioni per quasi settant’anni” ha detto Matoff.

Una delle opere esposte è un'immagine simbolo del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti: The Problem We All Live With (Il problema con cui tutti conviviamo, 1964). L’opera ritrae con ironia un'innocua bambina afro americana di sei anni mentre viene scortata da quattro poliziotti sulla strada verso una scuola bianca di New Orleans, il 14 novembre del 1960. La bambina cammina a testa alta e con la schiena impeccabilmente dritta, davanti a un muro su cui appaiono i resti di un pomodoro lanciato con veemenza sulle parole “nigger” e “KKK”. 

The Problem We All Live With

Ruby Bridges davanti al quadro di Norman Rockwell “The Problem We All Live With” (1964)

La bambina del quadro si chiama Ruby Bridges e c'era anche lei all’inaugurazione della mostra all'ONU. Quando le abbiamo chiesto se da bambina si era resa conto dell’importanza di quel quadro, ci ha detto: “No, ero molto innocente. A quei tempi non sapevo quello che succedeva intorno a me. I miei genitori non mi spiegavano mai niente, non volevano che capissi: sarebbe stato molto difficile per me andare a scuola con gli altri bambini se avessi saputo. Avevo diciotto o diciannove anni quando ho visto il quadro per la prima volta”.

Ban Ki-moon

Il segretario generale ONU Ban Ki-moon all’inaugurazione della mostra

La mostra include anche un'opera che secondo Matoff, “ha rappresentato un significativo momento di passaggio nel lavoro [di Rockwell] e allargato la sua visione dal livello nazionale a quello internazionale”. Il riferimento è a un disegno a carboncino titolato United Nations, mai esposto finora al di fuori dello studio di Rockwell a Stockbridge, Massachusetts. Nel 1952 Rockwell voleva fare un quadro che avrebbe aiutato il mondo ad uscire dal caos in cui si trovava, come ha ricordato il segretario generale ONU Ban Ki-moon durante l'inaugurazione. L'artista era convinto che le Nazioni Unite fossero la nostra unica speranza e per questo decise di fare un quadro che ritraesse una scena all'ONU.  Ban Ki-moon ha invitato il pubblico a guardare con attenzione la scena magistralmente illustrata nel disegno a scala reale di quasi tre metri di larghezza. “Potete vedere tre ambasciatori dell'epoca della guerra fredda in rappresentanza del Consiglio di Sicurezza, impegnati in un dibattito. Ma dietro di loro, affiancati dalla bandiera dell’ONU, ci sono i vecchi e i giovani, gli affamati e gli ottimisti, i peacekeepers e quelli stanchi della guerra: noi, i popoli” ha detto Ban Ki-moon, citando le prime parole dell'atto costitutivo delle Nazioni Unite, firmato settant’anni fa, il 26 luglio 1945.

Norman Rockwell, Golden Rule

Norman Rockwell, Golden Rule

United Nations è un'opera incompiuta, ma fu da quell'opera che Rockwell fu ispirato a creare il suo famoso, Golden Rule, il dipinto su cui è modellato il mosaico esposto all’ONU, realizzato nel 1985 da vetrai veneziani. E così, in un affascinante e inaspettato giro di ruota, ecco che il circolo si chiude: “Immaginate la nostra meraviglia quando recentemente abbiamo scoperto che c’è questo filo d’oro che lega il Golden Rule direttamente alle Nazioni Unite”, ha detto Ban Ki-moon. 

La mostra si inserisce in un contesto storico in cui è importante ricordare, a livello nazionale e internazionale, che nonostante le nostre credenze religiose, le opinioni politiche e le differenze culturali, abbiamo lo stesso sangue, siamo tutti persone, fatte le une come le altre. Norman Rockwell è stato un artista leggendario che, tramite la sua potente arte, continua a riportare in vita la missione delle Nazioni Unite di mantenere la pace e la sicurezza internazionali e garantire che i popoli del mondo possano liberamente esercitare i diritti umani fondamentali. Per dirla con le parole di Kathy Calvin, amministratore delegato della United Nations Foundation, le sue opere “Sono simboli dello spirito umano e dello spirito delle Nazioni Unite.”

 

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Vincenza Di Maggio

Vincenza Di Maggio

È iniziato tutto con un dipinto, Venere e Adone di Tiziano. “Scrivi quello che vedi”, mi disse la mia professoressa di storia dell'arte. E con queste parole accese un fuoco che avrebbe guidato la mia carriera come scrittrice e storica dell'arte. Dopo il Master in History of Art and Archaeology dell'Istituto di Belle Arti della NYU, uno stage al MoMA e collaborazioni con Condé Nast Traveler, The Architect’s Newspaper e INSIDE F&B. Di origini siciliane, sono nata e cresciuta a New York. Quando non scrivo, mi immergo nella vivace scena artistica di Manhattan, divenendo testimone diretto dell'effetto trasformativo che l'arte può avere su una città e viceversa. It started with a painting. It was Titian’s Venus and Adonis. “Write what you see,” my college art history professor said to me. With those four words she ignited a fire within me that would drive my career as a writer, and as an art historian. I graduated with an MA in the History of Art & Archaeology from NYU’s Institute of Fine Arts, and recently completed an internship at MoMA. I have done freelance work for Condé Nast Traveler, The Architect’s Newspaper, and INSIDE F&B. Sicilian in origin, but I was born and raised in New York. When I’m not writing, I’m immersing myself in Manhattan’s vibrant art scene, witnessing first hand the beautifully transformative effect the arts can have on a city.

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