Un appello per una radicale trasformazione politica, economica e degli stili di vita è il messaggio contenuto nell‘enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, pubblicata giovedì mattina dal Vaticano. Un appello che non poteva non suscitare reazioni proprio in quel mondo cui il papa stesso si rivolge e che ha la responsabilità delle decisioni: politica internazionale e Nazioni Unite.
La lettera enciclica mette nero su bianco il riconoscimento da parte della Santa Sede della necessità di un impegno congiunto sui pressanti temi dei cambiamenti climatici: il papa sembra voler dettare la via alla comunità internazionale in vista dell’importante appuntamento della Conferenza delle parti delle Nazioni Unite in programma a Parigi per il prossimo autunno, dalla quale l’opinione pubblica si aspetta decisivi passi avanti per la creazione di una piattaforma condivisa sui cambiamenti climatici per proseguire il dialogo a seguito della scadenza del Protocollo di Kyoto.
L’enciclica di 184 pagine si apre con una citazione di San Francesco d’Assisi per poi descrivere il danno provocato dall’uomo all’ambiente e lanciare un appello globale perché tutti i paesi si impegnino verso la risoluzione del problema che, scrive il papa, colpisce in modo particolare i poveri della terra. “Gli impatti più pesanti probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo. Molti poveri vivono in luoghi particolarmente colpiti da fenomeni connessi al riscaldamento, e i loro mezzi di sostentamento dipendono fortemente dalle riserve naturali e dai cosiddetti servizi dell’ecosistema,come l’agricoltura, la pesca e le risorse forestali” si legge nell’enciclica.
I riferimenti alla politica e a chi ha il potere di prendere decisioni sono abbondanti nel testo dell’enciclica. In più passaggi il papa sottolinea le responsabilità dei politici che accusa di lassismo: “Degna di nota è la debolezza della reazione politica internazionale. La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente”. Nel terzo capitolo dell’enciclica il pontefice si concentra sul processo decisionale sottolineando la necessità di trasparenza e dialogo e invitando i politici a non rendersi complici degli interessi industriali che danneggiano l’ambiente a fini di profitto, spingendosi fino a dare indicazioni pratiche sulle procedure di valutazione di impatto ambientale: “Uno studio di impatto ambientale non dovrebbe essere successivo all’elaborazione di un progetto produttivo o di qualsiasi politica, piano o programma. Va inserito fin dall’inizio e dev’essere elaborato in modo interdisciplinare, trasparente e indipendente da ogni pressione economica o politica”.
Con queste premesse era inevitabile che in molti si sentissero chiamati in causa. Non si è fatta attendere la reazione del segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon che si è più volte speso per le problematiche ambientali fino all’iniziativa personale con cui lo scorso settembre ha convocato a New York i grandi della terra per una conferenza sul clima in preparazione degli appuntamenti della United Nations Framework Convention on Climate Change. Nonostante le buone intenzioni di Ban Ki-moon quell’appuntamento si è concluso, ancora una volta, con un poco o niente di fatto, dimostrando l’inadeguatezza delle Nazioni Unite ad assumere un ruolo di leadership nell’ambito delle trattative internazionali sul clima. Un alleato in più, quindi, specie se carismatico come Francesco, non può che essere benvenuto: “Il segretario generale – si legge in un comunicato diffuso giovedì dall’ONU – accoglie con favore l’enciclica papale oggi pubblicata da Sua Santità Papa Francesco che sottolinea come i cambiamenti climatici siano una delle sfide principali che l’umanità deve affrontare e che è una questione morale che richiede un rispettoso dialogo con tutte le parti della società”. Nello stesso comunicato, Ban Ki-moon ha voluto elogiare in modo particolare i riferimenti contenuti nell’enciclica alla solidità scientifica degli allarmi sui cambiamenti climatici e alle cause antropogeniche.

Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni Unite
Anche l’ex segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha commentato l’enciclica del papa in un comunicato diffuso dalla sua Fondazione: “Come ribadisce Papa Francesco, i cambiamenti climatici sono una minaccia onnicomprensiva: si tratta di una minaccia per la nostra sicurezza, la nostra salute e le nostre fonti di acqua fresca e cibo. Tali condizioni potrebbero costringere decine di milioni di persone a migrare, facendo impallidire la migrazione in corso e alimentando ulteriori conflitti. Mi congratulo con il Papa per la sua forte leadership morale ed etica. Abbiamo bisogno di più esempi di tale leadership ispirata. Ne vedremo al vertice sul clima a Parigi?”.
E se nuovi e vecchi leader dell’ONU sembrano concordare sull’utilità di una riconciliazione tra scienza e fede che possa portare la Chiesa dalla parte di chi combatte per il clima, non tutti hanno gradito la presa di posizione del papa su temi che, secondo una parte dell’opinione pubblica, interferiscono con il diritto alla libertà d’impresa. A partire dagli Stati Uniti dove, non è una novità, i conservatori continuano imperterriti a sostenere che i cambiamenti climatici siano un’invenzione di hippie e marxisti.

Jeb Bush ha di reente annunciato la sua candidatura alle presidenziai 2016 nelle file repubblicane
In testa c’é Jeb Bush, ultimo arrivato nella competizione elettorale per le presidenziali 2016 e già pronto a inserirsi sulla scia di una famiglia (la sua) le cui connessioni con l’industria energetica non sono un segreto. Già prima della pubblicazione ufficiale dell’enciclica, quando sulla stampa erano circolate alcune anticipazioni sui contenuti del documento, Bush, cattolico convertito, durante un’intervista con il giornalista di Fox news Sean Hannity, aveva commentato con fastidio l’interferenza della Chiesa sulle questioni climatiche: “Spero che non sarò punito dal mio prete. Ma io non mi faccio dettare le politiche economiche dal mio vescovo o cardinale o papa”. Bush aveva poi aggiunto che la religione dovrebbe puntare a renderci persone migliori, piuttosto che interessarsi di questioni che finiscono per entrare nell’ambito della politica.
L’insofferenza di Bush non è da leggersi soltanto come la reazione di un liberista a una visione che incoraggia la regolamentazione da parte della comunità internazionale, ma si inserisce nella tradizione americana di diffidenza nei confronti della Chiesa cattolica di cui l’elettorato statunitense da sempre teme le interferenze. In quanto candidato cattolico alle presidenziali, è probabile che Bush abbia voluto mettere le mani avanti e rassicurare i propri sostenitori sul rischio che le sue scelte politiche possano subire influenze da parte del Vaticano: un timore che, dai tempi di Kennedy, unico presidente cattolico della storia degli Stati Uniti, ha sempre accompagnato le candidature di area cattolica.
Intanto la stampa conservatrice ha fatto partire la solita macchina del fango che accoglie chiunque provi a sostenere che i cambiamenti climatici sono reali, concreti e stanno già avvenendo. C’è stato chi ha accusato il papa di usare un linguaggio adolescenziale, chi lo ha accusato di voler ridurre l’intera umanità in miseria, chi ha sostenuto che il Vaticano stia cercando di evitare un secondo “caso Galileo” mostrandosi progressista e aperto alla scienza e chi si è spinto fino a paragonare il papa al falso profeta che vuole spingere l’umanità ad adorare l’anticristo.
A scorrere il testo papale, il passaggio che sembra poter avere innervosito di più i conservatori americani è quello in cui il Papa fa riferimento esplicito al principio di responsabilità condivisa ma differenziata che è poi anche l’unico passaggio dell’enciclica in cui il pontefice fa (casualmente…) finire un riferimento alla chiesa cattolica americana: “Perciò, bisogna conservare chiara la coscienza che nel cambiamento climatico ci sono responsabilità diversificate e, come hanno detto i Vescovi degli Stati Uniti, è opportuno puntare «specialmente sulle necessità dei poveri, deboli e vulnerabili, in un dibattito spesso dominato dagli interessi più potenti». Bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana. Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c’è nemmeno spazio per la globalizzazione dell’indifferenza”. Difficile non vederci un esplicito incoraggiamento alla Chiesa cattolica d’oltreoceano a prendere posizione contro quella classe politica americana che si oppone a misure differenziate per nazioni a diversi gradi di sviluppo economico: una questione che dai tempi del fallimentare vertice di Copenhagen del 2009 è stata il punto di non ritorno delle trattative sul clima.

Un popolare cartello utilizzato nelle proteste anti politiche per il clima di matrice conservatrice
Quella sollevata dal papa è destinata ad essere una questione polarizzante per il mondo cattolico a stelle e strisce, soprattutto in vista delle elezioni. Non resta che stare a guardare: riuscirà l’appello del papa a portare dalla parte dei “buoni” i cattolici conservatori americani? Per il momento le statistiche riportano una divisione nel mondo cattolico non dissimile da quella che si osserva in generale nella società americana. Secondo un recente sondaggio del Pew Research Center, il 71 per cento dei cattolici statunitensi ritiene che il pianeta si stia riscaldando, quasi la metà degli adulti cattolici (47%) attribuisce il problema a cause umane e una quota analoga (48%) lo considera un problema molto serio. Quando si passa ad analizzare le differenze tra democratici e repubblicani, i cattolici non si discostano dalla media americana: mentre sono più di otto su dieci i cattolici democratici a dire che ci sono prove concrete che la Terra si stia surriscaldando, i repubblicani che sono della stessa idea sono appena la metà; inoltre sei cattolici democratici su dieci ritengono che il fenomeno sia provocato dall’uomo mentre tra i repubblicani solo un quarto è della stessa opinione (nella media americana i democratici che ritengono che l’uomo sia responsabile dei cambiamenti climatici sono tre volte di più dei repubblicani).
Confrontando, come fa lo stesso Pew Research Center, questi dati con quelli sul gradimento degli americani per papa Francesco, è evidente che l’enciclica papale pone i cittadini cattolici americani di fronte a un bivio. L’86 per cento dei cattolici americani ha infatti un’opinione positiva del nuovo papa e il 69 per cento ritiene che Francesco porterà cambiamenti positivi. Se il carisma del papa e la stima che Francesco è riuscito finora a conquistare nel mondo saranno sufficienti a far cambiare opinione ai cattolici che finora si sono allineati con quella parte di repubblicani che continua ad anteporre gli interessi di una parte dell’economia al bene comune, i risultati delle prossime elezioni potrebbero risentirne. Il nervosismo con cui i conservatori americani hanno accolto l’enciclica Laudato si’ è dunque comprensibile e il favore delle nazioni tradizionalmente più impegnate nella lotta ai cambiamenti climatici potrebbe esacerbare la situazione creando un clima (per restare in tema) sfavorevole alla costruzione a Parigi di una piattaforma condivisa.
La Germania ha subito approfittato dell’enciclica per auspicare, per bocca del ministro dell’ambiente Barbara Hendricks, che il documento papale riesca a persuadere l’opinione pubblica sull’urgenza del problema climatico “in particolare in quei circoli conservatori che cercano di sminuire gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici”. Ma anche l’Europa, che da sempre spinge per un maggiore impegno degli Stati Uniti sul tema, ha le sue gatte da pelare. Le tensioni maggiori vengono dall’Est e in particolare dalla Russia e dalla Polonia dove la stampa ha iniziato a parlare di un’enciclica anti carbone prima ancora della pubblicazione ufficiale. La Polonia, infatti, oltre ad avere una forte tradizione cattolica, ha un’altrettanto radicata tradizione di interessi nell’industria del carbone e in passato è stata il bastone tra le ruote delle politiche europee sulla riduzione delle emissioni.
La questione è delicata: risolverla, ironizza il brasiliano Observatorio Clima che dipinge Papa Francesco come un inarrestabile giustiziere, è roba da supereroi.