Desaparecidos, terrorismo di Stato, celle senza numeri, prigionieri senza nome, uccisione di massa, crimini contro l'umanita', scomparsa forzata di persone: parole che ci riportano alla strategia attuata in America Latina 40 anni fa, all'Argentina e il Cile dei militari, ai generali Jorge Rafael Videla e Augusto Pinochet. E che ricordano il dolore e il coraggio delle madri e dei familiari che bussavano e bussano ancora a tutte le porte, nei loro Paesi e in Europa, alle Nazione Unite e in Vaticano, chiedendo "dove sono?".
Le Madri di Piazza di Maggio si coprono la testa con un fazzoletto bianco. I Familiares di Scomparsi e Detenuti Politici portano una foto dei figli, mariti o fratelli appesa al collo. Tanti anni fa sono arrivati a Ginevra, a Piazza San Pietro, al Quirinale – dove Sandro Pertini ascoltava commosso – e allo stadio di Buenos Aires dove nel 1978 si giocò il Mondiale di Calcio. E mentre le dittature attuavano il Piano Condor, una vera e propria "internazionale del Terrorismo di Stato", i Familiari cercavano “verità e giustizia” per i loro cari.
Ora, la parola desaparecidos è tornata in Italia, all'ambasciata argentina, all'Expo di Milano 2015 e in Vaticano con la presidente di Familiares, Angela "Lita" Boitano (italo-argentina, 83 anni, i figli Michelangelo e Adriana sono scomparsi nel 1976 e nel 1977) e la presentazione di un libro di poesie, Cielo Libre, pubblicato a Roma per ricordare i crimini della dittatura argentina (76-83) e “chi oggi soffre una situazione simile”, dice questa coraggiosa donna. Ma non solo.

Al centro: Lita Boitano e, alla sua sinistra Samir Raouafi con la foto del figlio disperso
Il doloroso percorso di Lita Boitano si incrocia con la tragedia dei morti nel Mediterraneo, contro la quale scende in campo in Italia il Comitato verità e giustizia per i nuovi desaparecidos, costituito nel 2014. Ne fanno parte familiari delle vittime, giuristi, giornalisti ed esponenti della società civile e il loro portavoce è Enrico Calamai, ex diplomatico italiano.
Calamai, "lo Schindler di Buenos Aires", era un giovane console ai tempi di Videla quando, sfidando gli ordini che arrivavano da Roma (Argentina, niente asilo politico, è il titolo del suo libro sugli anni di piombo), aiutò senza sosta chi doveva fuggire dal regime. Oggi ha i capelli bianchi ma non ha perso la forza per affrontare le ingiustizie.
Parlando dei 25.000 morti accertati nel Mediterraneo dal 2000 a oggi, ha affermato: “Si tratta di una strategia attuata nel cono d’ombra di un’informazione mediatica che nel suo insieme tende a presentare il susseguirsi di stragi di richiedenti asilo e migranti come accadimenti non dissimili dagli stravolgimenti climatici di cui i bollettini meteorologici non possono che rendere conto a posteriori, come qualcosa di inevitabile, senza causa o spiegazione o spessore alcuno, come se non ci fosse alcunché da fare per impedirle, né avessero alcunché a che vedere con le nostre scelte politiche”.
“Una strategia analoga a quella della desaparición, con cui i militari argentini massacrarono a suo tempo la generazione che avrebbe dovuto gestire il Paese oggi, e che in sostanza consiste in una modalità di uccisione di massa, gestita in maniera che l’opinione pubblica non riesca a prenderne consapevolezza, o possa almeno dire di non sapere”, ha spiegato Calamai in un incontro con la Stampa Estera di Roma.
Il suo piccolo comitato ha “quella che dovrebbe essere l’unica arma della civiltà, il diritto”. Calamai ha spiegato ai giornalisti: “Abbiano avviato le procedure formali per un procedimento davanti al Tribunale Permanente dei Popoli [un tribunale di opinione che a oggi ha realizzato 40 Sessioni per denunciare casi di genocidio e crimini contro l’umanità, tra i quali, nel 1980, i casi argentini] per stabilire le responsabilità individuali e politiche dei massacri in corso nel Mediterraneo e porre fine alla convinzione di impunità che li rende possibili”.

Da sinistra: Arturo Salerni, presidente Comitato verit├í e giustizia per i nuovi desaparecidos; Angela “Lita” Boitano, presidente di Familiares de Desaparecidos y Detenidos; Enrico Calamai, portavoce Verit├á e giustizia per i Nuovi Desaparecidos
Per riportare l’attenzione sulla sofferenza che la scomparsa di persone care comporta, in conferenza stampa Calamai ha presentato Lita Boitano e Samir Raoaufi, padre di un giovane tunisino disperso dopo lo sbarco in Italia. Lei ha raccontato i crimini commessi in Argentina tra il 1976 e il 1983: 30.000 desaparecidos, 10.000 detenuti in carceri legali e 500 bambini rubati alle donne che partorivano nei campi di concentramento della dittatura. Una storia ancora aperta perché “non abbiamo trovato i cadaveri degli scomparsi… ancora cerchiamo le ossa, ancora chiediamo l’apertura totale degli archivi del Vaticano”, ha detto portando una testimonianza con la quale da anni cerca di riempire il vuoto aperto quando i militari sequestrarono Michelangelo e Adriana.
Samir Raoaufi ha spiegato che dal 14 marzo del 2011 non ha più notizie di suo figlio Mohamed, 19 anni, “che quel giorno uscì di casa per raggiungere un barcone che avrebbe dovuto portarlo in Italia”. Poi si perde ogni traccia. Ma un video lo riporta insieme ad altri immigranti su un pullman a Lampedusa. “Nonostante questa prova, né l’Italia né la Tunisia ci dicono dov’è mio figlio”, ha raccontato. Per poi concludere con una denuncia che è anche speranza: “Mio figlio è vivo!”.
Lita e Samir, situazioni diverse ma la stessa angoscia. Il Comitato verità e giustizia per i nuovi desaparecidos, che sottolinea le analogie, “si propone di porre fine alle stragi di migranti e richiedenti asilo nel Mar Mediterraneo e nei Paesi di transito verso gli Stati dell’ Unione Europea”, ha concluso il presidente del gruppo, Arturo Salerni.
Il Rio de la Plata, il grande fiume di Buenos Aires, era 40 anni fa la fossa comune dove “i voli della morte” dei militari argentini gettavano i desaparecidos. Il Mediterraneo “è ormai una fossa comune dove ogni giorno si consuma un ennesimo naufragio, con la morte di oltre 1.770 persone nel corso del 2015 e di 3.279 nel 2014”, riporta il Comitato verità e giustizia per i nuovi desaparecidos. Ci sarà, prima o poi, un “mai più”? Si potrà arrivare a vedere il “cielo libero”?