Qualche tempo fa, durante una cena con degli ex diplomatici che avevano servito gli Stati Uniti in Italia, la conversazione scivolò su quanto la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato tenessero in considerazione l'Italia e il suo governo. Alla mia domanda su chi fosse stato il governo della Repubblica che avesse avuto la più alta considerazione e attenzione da parte degli americani, mi venne risposto: Craxi. Ma come, proprio Bettino il terribile? Il Craxi di Sigonella? Già, mi risposero i miei amici americani. Perché la Casa Bianca non poteva essere sempre certa dell'assenso in tutto quello che voleva dal governo italiano presieduto dal leader socialista: con lui poteva anche arrivare un "niet", allo stesso modo di come poteva capitare con il governo francese, tedesco, inglese…

Il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan con il premier italiano Bettino Craxi
Quando Berlusconi, durante una delle sue campagne elettorali, coniò lo slogan "Io sono d'accordo con gli americani prima ancora di sapere che cosa faranno", disse ad un certo punto con sarcasmo uno di quei miei amici ex diplomatici, "in un colpo solo aveva condensato le ragioni del perché la Casa Bianca non tiene nella stessa considerazione Palazzo Chigi, rispetto ad altri governi europei, rispetto per esempio ad una decisione NATO". (Berlusconi, pur dicendo quella frase in campagna elettorale, alla fine flirtando un po' troppo con Vladimir Putin su certi interessi commerciali e soprattutto energetici dell'Italia, fece infuriare gli USA e molti alleati NATO…).
Questa conversazione mi è tornata alla mente guardando ieri in diretta video la conferenza stampa alla Casa Bianca tra Barack Obama e Matteo Renzi dopo il loro incontro all'Ufficio Ovale. Certamente i leader di paesi alleati non vanno a ripetere ai giornalisti tutto su quello che hanno discusso a porte chiuse, e cercano comunque di "smussare" le eventuali "differenze di opinione" che due paesi, comunque amici, possano avere incontrato sulle diverse questioni internazionali.
Quando Obama ha ieri introdotto i temi discussi con Renzi, ha sfoderato tutti i campi dove l'Italia è indispensabile per le coalizioni alleate, soprattutto contro l'ISIS in Libia, ma anche Afghanistan (e Libano, anche se non è stato messo in risalto da Obama). Italia potenza indispensabile nel Mediterraneo, praticamente definita da Obama. Poi il presidente USA ha anche parlato di Iran, dove l'Italia sostiene le decisioni del gruppo P5+1 che cercano di chiudere l'accordo sul nucleare. Obama di Iran ne ha parlato soprattutto per gli scontri interni che esistono tra la sua amministrazione e il Congresso, ma per quanto riguarda l'Italia, tutti hanno capito che l'intesa è magnifica anche su quel fronte…
Perché allora, Mr. President, l'Italia non fa parte del gruppo di paesi che fin dall'inizio sono stati inclusi in un gruppo (P5+1) per trattare la questione nucleare con l'Iran? Forse perché per poter entrare si doveva essere membri permanenti del Consiglio di Sicurezza? Ma con USA, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, in quel gruppo spiccava anche la Germania. Forse allora la Germania perché era, al momento di decidere sulle sanzioni, il maggior partner commerciale dell'Iran? No. Il maggior parte commerciale dell'Iran era proprio l'Italia, la Germania era seconda. Se c'era quindi un paese occidentale che aveva più da perdere rispetto a chiunque altro sulle sanzioni all'Iran, volute dagli Stati Uniti e imposte dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, questo paese era proprio l'Italia.
Quando Roma fu esclusa, siamo allora nel 2006, al governo c'era Silvio Berlusconi e il ministro degli Esteri era Franco Frattini. Ricordo che proprio all'ONU, durante una conferenza stampa, il ministro degli Esteri ripeté una storiella che allora era un po' lo "spin" del governo italiano ed andava pressapoco così: "In realtà a noi conviene non essere nel 5+1, cos abbiamo le mani libere, possiamo essere interlocutori privilegiati etc etc". Ovviamente non era vero. Infatti dopo, con l'ultimo governo Berlusconi, la Farnesina cercò di essere inclusa nel gruppo che trattava con l'Iran, ma anche allora l'amministrazione Obama non aiutò. L'esclusione dell'Italia e la inclusione della Germania nella trattativa con l'Iran resta un episodio devastante per gli interessi della diplomazia dell'Italia, anche in funzione di contenimento delle ambizioni tedesche per un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza, riguardo a quella soluzione di riforma ONU "quick fix" (con la Germania, anche Giappone, India e Brasile e forse, uno tra Sud Africa o Nigeria) che l'Italia oppone e finora con un certo successo da venti anni e dove, ancora una volta, l'amministrazione Obama non gli è stata certo d'aiuto.
Tutta questa storia diplomatica di frustrazioni italiane, ci veniva in mente mentre si ascoltava Obama e Renzi ieri a Washington farsi le fusa e miagolare su quanto gli USA e l'Italia andassero praticamente d'accordo su tutto. I giornalisti italiani hanno provato a fare qualche domanda, magari su quanto fosse vera la richiesta di droni dell'Italia per la Libia, ma Obama con un perentorio "non ne abbiamo parlato affatto" ha zittito tutti. A Renzi e indirettamente ad Obama, andava invece chiesto: Signor primo ministro, ha chiesto al presidente americano perché l'Italia, con il suo impegno straordinario nel Mediterraneo e anche in Medio Oriente, riconosciuto anche dal Presidente USA, con infatti la forza di caschi blu italiani più cospicua dell'Occidente in questo momento nei vari teatri di crisi, ecco perché l'Italia resta esclusa da una trattativa così importante (e vitale agli interessi di Roma) come quella sull'Iran? E Presidente Obama, dato che lei si sente di essere un "italiano onorario" per quanto apprezza il suo vino e il suo cibo e la sua arte, perché allora non favorisce l'Italia affinché sieda ai tavoli delle trattative sugli scenari internazionali, come quello sull'Iran ma non solo, dove invece viene esclusa nonostante i suoi interessi siano vitali al pari se non più di quelli della Germania che invece Washington tiene in così alta considerazione?
Per tutta la durata della conferenza stampa, i due gatti hanno potuto liberamente continuare a farsi le fusa: Renzi ripeteva quanto il suo governo vede nella politica economica della Casa Bianca il modello da seguire per favorire la crescita economica. E Obama di rimando che gli USA appoggiano le nostre iniziative in Libia. Persino sulla Russia, dove l'Italia potrebbe avere un ruolo ancora più importante per cercare di mediare sulla questione Ucraina, Obama ha richiamato qualsiasi velleità: tutti gli alleati europei devono mantenere il regime delle sanzioni fino a quando Mosca rispetterà, almeno fino alla fine dell'anno, l’accordo di Minsk che dovrebbe portare alla fine dei combattimenti in Ucraina.
Obama e Renzi sono apparsi quindi come due gatti sornioni e felici di coccolarsi a vicenda, ma il gatto più bisognoso di affetto era proprio Matteo, che in Italia deve confrontarsi con una forte e decisa opposizione per le sue riforme. Obama è venuto in soccorso del "giovane energico" premier italiano (più o meno Renzi ha la stessa età di quando Obama diventò presidente…) che deve lottare "poverino" contro le resistenze di chi cerca di fermare le riforme che gli Stati Uniti invece ritengono necessarie all'Italia. Ad un certo punto Obama, nel criticare la Grecia "che non fa ancora quelle riforme", ha indicato il premier italiano come colui che sta facendo bene i compitini e che merita quindi la fiducia degli investitori e di chi presta i soldi.
Obama e Renzi hanno mostrato la loro "formidabile" intesa, anche rispetto alla contrarietà alle politiche di austerità volute a sua volta dalla Germania di Merkel, dicendo che si deve puntare sulla crescita in Europa, ma non tralasciando il bisogno di dare alla gente speranza per il futuro… Insomma riforme strutturali ma accompagnate da immediate iniezioni di liquidità e lavoro per la popolazione che più ne ha bisogno. Obama è stato generosissimo su questo punto con Renzi, assecondando praticamente il premier italiano quando sosteneva che l'Italia sta riuscendo in questo processo di riforme "equilibrato". Obama ha ripetuto quanto fosse "impressionato dall’energia e dalla vision" del premier italiano. Renzi ha ricambiato con "gli USA sono il modello, il punto di riferimento… la crescita Usa è un modello per l’Europa". E quindi, un altra dose di "fusa" verso l'interlocutore americano: il TTIP, il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, che in realtà trova ancora non pochi ostacoli e resistenze da risolvere in sede europea, da Matteo Renzi veniva indicato come "il grande obiettivo" da raggiungere per l'Italia che quindi "spinge con grande determinazione", in modo che il 2015 sia "l’anno della svolta".
Anche sull'Afghanistan, il gattone Matteo faceva contentissima la Casa Bianca, con l’impegno all'estensione della sua missione nella coalizione che cerca di contenere i talebani.
Siamo convinti che tutto queste "fusa" pubbliche tra Renzi e Obama (anche se Barack ci è apparso più come la volpe col gatto), favoriscano gli obiettivi degli Stati Uniti e meno quelli dell'Italia. Quando invece l'Italia mostra, anche se con l'ovvio garbo diplomatico, certe "scortesie" americane, di essere stata messa in "secondo piano" da Washington rispetto a certi interessi italiani, perché l'amministrazione Obama mostra maggiore attenzione a quelli di altri alleati, potrebbe meglio raggiunger con la Casa Bianca certi obiettivi. Almeno, così i nostri amici americani che conoscono Foggy Bottom ci hanno confermato più volte.
Insomma Renzi faccia pure assaggiar il vino toscano facendo cantare le lodi dell'Expo di Milano a Obama, ma quando si tratta di preservare certi interessi italiani nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, vedi alla voce "energia", e quindi dove la stabilità di certi paesi e la continuazione dello scambio commerciale è vitale, l'Italia deve farsi ascoltare meglio. A porte chiuse, come speriamo abbia fatto. Ma anche qualche volta facendo trapelare qualcosa pubblicamente. Perché per essere rispettati, dagli americani come da chiunque, ci vuole qualche sorriso e pacca sulla spalla di meno.
Il gatto Matteo di ieri nel suo ribadire quanto l'Italia sia riconoscente all'America, in realtà non ha esagerato soltanto una volta: quando ha detto che il 25 aprile si ricorda la lotta partigiana per la libertà in Italia raggiunta grazie al supporto e sacrificio di tanti soldati venuti dagli Stati Uniti, e che riposano in quel cimitero fiorentino di San Cresciano che Renzi ha detto di visitare spesso. Li la retorica di Renzi era opportuna e ben calibrata. Altre volte, invece, come per la Libia o l'Iran, il gatto Matteo poteva graffiare di più la volpe Obama, e ribadire che l'Italia dai suoi alleati migliori si aspetta la giusta considerazione e quindi protezione e sostegno maggiore per i suoi interessi vitali.