Mentre l’Europa sembra ricadere in un nuovo scontro religioso e di civiltà e molte forze del panorama politico dichiarano il fallimento dell’integrazione e della tolleranza, può essere costruttivo analizzare le politiche in materia di religione dell’Azerbaigian. L’Azerbaigian risulta essere un esempio positivo di convivenza millenaria tra diverse confessioni.
Il paese ha una Costituzione che si proclama “laica” e che garantisce la massima neutralità dello Stato in materia religiosa e in libertà di credo e professione. I simboli religiosi non sono presenti nelle strutture pubbliche, dai Tribunali alle scuole. In Azerbaigian, nonostante una popolazione che per il 91% si dichiara musulmana, convivono senza preoccupanti problematiche molte minoranze etniche e religiose a cui lo Stato offre un uguale tutela. Nella capitale, Baku, vi sono cinque moschee, tre sinagoghe, una chiesa cattolica e una protestante.
“Si vedono più burqa e veli femminili a Parigi, Londra, Berlino e Roma che a Baku, eppure la nostra popolazione, che conta 10milioni di persone, è al 90, 95% musulmana, di cui gli sciiti sono l’80, 85%, mentre i rimanenti sono sunniti” ha recentemente dichiarato l’ambasciatore in Italia dell’Azerbaigian Vaqif Sadiqov. Gli esponenti istituzionali cercano di partecipare senza alcuna preferenza a tutte le festività religiose che hanno corso durante l’anno. Il Papa Giovanni Paolo II, il 22 Maggio 2002, dall’Azerbaigian urlò al mondo: “Da questo paese, che conosce la tolleranza come valore preliminare di ogni sana convivenza civile, vogliamo gridare al mondo: Basta con la guerra in nome di Dio!”.
L’Azerbaigian risulta essere un modello di tolleranza religiosa. Emblematico riscontro è la convivenza religiosa presente nella città di Gakh, situata nel Nord dell’Azerbaigian, dove in occasione di alcune ricorrenze religiose si ritrovano insieme cristiani e musulmani. Anche la regione montuosa di Quba offre degli esempi di convivenza. In questa regione vivono molti ebrei e non vi sono mai stati riscontrati episodi di antisemitismo, tant’è vero che tale convivenza ha rafforzato e favorito i rapporti tra Israele e Azerbaigian. L’ Azerbaigian è un paese noto particolarmente per la produzione di petrolio e gas ma risulta essere soprattutto un laboratorio, “modello Azerbaigian”, dove vive e cresce un modello di tolleranza religiosa in uno Stato con una significativa percentuale di fedeli musulmani.
Ampliare lo sguardo su tale paese potrebbe aiutare a comprendere anche problematiche strettamente europee legate all’integrazione e alla civile convivenza tra fedi diverse. Alla luce della pluri-etnicità della società contemporanea, la convivenza religiosa è diventata una necessità assoluta. E l’Azerbaijan, Paese a maggioranza musulmana ma laico, in cui si professano confessioni religiose diverse, dimostra che questa convivenza è possibile.
Ma se dal punto di vista religioso sembrano esserci grandi progressi, la situazione resta ancora preoccupante per quanto riguarda la “libertà di espressione”. Un’accusa ricorrente nei confronti dei giornalisti indipendenti è quella di essere spie armene. E infatti nell' ultima classifica sulla libertà di stampa nel mondo pubblicata da Reporters Without Borders, l'Azerbaigian si classifica al 162esimo posto su 180 paesi! (Prima classificata ancora una volta la Finladia, all'ultimo gradino ancora una volta l'Eritrea, gli Stati Uniti di Obama continuano la discesa andando giù al 49esimo, ma è l'Italia il peggior paese occidentale col vergognoso 73esimo posto in classifica!). Recentemente il Consiglio dell’Unione Europea ha richiamato l’Azerbaigian poiché profondamente preoccupata per il deterioramento delle condizioni di sicurezza dei giornalisti e della libertà dei media. Molti passi restano quindi ancora da svolgere per la tutela dei diritti umani nel campo della libertà d'espressione, l’augurio è che le istituzioni azere riescano nel compito di divenire una democrazia liberale affermata.