Mentre in Europa si accende sempre più il dibattito sull’antisemitismo e divampa la discussione su come affrontare nella maniera più efficace il problema dell’estremismo islamico, argomento recentemente al centro dell’attenzione dopo gli angosciosi episodi avvenuti in Francia, a New York, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, si è svolto un meeting informale dell'Assemblea Generale riguardo il crescente odio verso gli ebrei nella società contemporanea. Il convegno, in realtà, era già in programma da diversi mesi ed è stato ufficializzato, con una lettera inviata a tutti i Rappresentanti Permanenti dell’Onu, da Sam Kutesa, l’attuale presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite; considerando, però, il recente attentato avvenuto a Parigi, nel quale, fra le venti persone morte, quattro erano di religione ebraica, e l’ormai imminente commemorazione del Giorno della Memoria, evento che ricorda la liberazione di Auschwitz avvenuta il 27 gennaio del 1945, tale meeting assume una rilevanza ancora più significativa.
Apertosi con il discorso introduttivo di Alvaro José de Mendonça e Moura, Presidente in dell’Assemblea Generale in sostituzione di Kutesa, la conferenza è stata suddivisa in due parti, una svoltasi in mattinata, l’altra nel pomeriggio, ed è stata arricchita da importanti interventi di diverse personalità del mondo politico internazionale come Ban Ki-moon, Segretario Generale dell’Onu, Harlem Désir, Segretario di Stato per gli Affari Europei e Samantha Power, Rappresentante Permanente degli Stati Uniti all'ONU; ha suscitato notevole interesse anche l’orazione dell’illustre filosofo e scrittore francese Bernard-Henri Lévy, ospite di riguardo che ha tenuto un appassionato discorso.
Ban Ki-moon, pur non essendo fisicamente presente al meeting perché impegnato in una missione all'estero, ha voluto inviare un breve ma significativo videomessaggio in cui ha confermato la prosecuzione della tenace lotta contro ogni forma di discriminazione e razzismo, in special modo l’antisemitismo, una delle più antiche e radicate forme di astio dal punto di vista etnico e religioso che hanno caratterizzato la storia dell’essere umano. “Per secoli, ed in ogni parte del mondo, gli Ebrei sono stati massacrati e bistrattati unicamente perché Ebrei. Sono stati banditi ed esiliati, stereotipati ed esclusi” ha dichiarato il Segretario Generale che poi, riguardo l’intricata situazione dello Stato di Israele e le problematiche che persistono fin dalla sua tormentata creazione , ha aggiunto: “Le rimostranze sollevate riguardo l’operato di Israele non devono mai essere usate come scusa per attaccare gli ebrei. Allo stesso tempo, le critiche alle azioni di Israele non dovrebbero essere sommariamente considerate una forma di antisemitismo. Questo (atteggiamento) stronca solo il dialogo e ostacola la ricerca della pace”. Un monito, quindi, a tutta la comunità internazionale ed un messaggio di reciproca comprensione indirizzato anche al mondo arabo ed islamico che, dal 1948, anno della nascita dello Stato di Israele, osteggia aspramente l’esistenza di quest’ultimo.
Dopo l’intervento di Ban Ki-moon, ha preso la parola l’intellettuale francese di origine ebraica Bernard-Henri Lévy, da sempre assiduo difensore dell’esistenza di Israele, che ha subito ricordato a tutti i presenti come l’antisemitismo sia un male ancor lontano dall’essere totalmente estirpato, anche nel Vecchio Continente: “A Bruxelles, pochi mesi fa, la memoria degli Ebrei e dei conservatori di questa memoria sono stati attaccati. A Parigi, solo pochi giorni fa, abbiamo sentito ancora una volta il grido infame ‘Morte agli Ebrei’- ed i cartonisti sono stati ammazzati perché tali, la polizia per il loro lavoro e gli Ebrei solo perché facevano shopping e perché erano Ebrei” ha rammentato Lévy. Il filosofo ha inoltre osservato che “a questa assemblea è stato assegnato il sacro compito di prevenire che questi terribili spiriti (dell’antisemitismo) si risveglino. Ma essi sono ritornati- e per questa ragione siamo qui” e, incoraggiando le battaglie contro il razzismo e l’antisemitismo, ha anche trovato una sottile ed interessante differenza fra le due forme di odio: “Se il razzista odia nell’altro la sua diversità visibile ed evidente, l’antisemita odia nell’altro la sua differenza invisibile ed indefinibile”.
Per Lévy, in conclusione, vi sono nuovi argomenti che l’antisemitismo usa per comprovare le sue tesi, ovvero la totale opposizione del ritorno degli Ebrei nella loro terra storica, la negazione dell’Olocausto e l’accusa che il popolo ebraico usi la memoria delle sue sofferenze per eclissare volutamente le tragedie degli altri popoli: “Ognuna di esse basterebbe a screditare un popolo ma quando tutte e tre sono combinate, possiamo essere sicuri di affrontare un’esplosione nella quale gli Ebrei, ovunque, saranno gli obiettivi designati”.
Su questo argomento, è intervenuto anche l'ambasciatore italiano all'ONU Sebastiano Cardi, il quale ha auspicato ad un rafforzamento internazionale contro le minacce di razzismo ed intolleranza e, a proposito del ruolo ricoperto dal nostro Paese, ha affermato: "L’Italia supporta le iniziative contro l’antisemitismo. Sosteniamo e partecipiamo attivamente nella task force internazionale sull’Olocausto, l’educazione, il ricordo e la ricerca, nata dalla Dichiarazione di Stoccolma del gennaio 2000; con un occhio al presente ed al futuro, abbiamo bisogno di rafforzare il nostro impegno. E con un occhio al passato, dobbiamo tenere viva la memoria del tragico periodo dell’Olocausto e di altre spietate manifestazioni di razzismo ed intolleranza in tutte le regioni del mondo, per assicurare che simili eventi non accadano mai più" ha concluso Cardi.
Un ulteriore piccolo, ma al contempo importante, passo verso l’unione di intenti riguardo la battaglia contro ogni forma di discriminazione, è stato compiuto: spetterà, ancora una volta, ai vari governi e, soprattutto, alla società civile, recepire il messaggio per debellare uno dei più vergognosi crimini della storia dell’umanità.