Paolo Gentiloni, per la sua prima visita negli Stati Uniti in veste ufficiale di nuovo ministro degli Esteri italiano, è arrivato proprio nel mezzo di una tempesta. E non si trattava dei primi fiocchi di neve caduti ieri a New York. Gentiloni era lunedì a Washington in visita al Segretario di Stato John Kerry (ha visto anche Susan Rice, consigliera della Sicurezza nazionale del presidente Barack Obama) proprio quando veniva presentato a Capitol Hill il rapporto della Commissione del Senato che ha "rivelato" che la CIA non solo ha fatto largo uso della tortura ai tempi dell'amministrazione di George W Bush, ma avrebbe anche successivamente cercato di ingannare e ostacolare l'inchiesta del Congresso. Martedì Gentiloni era a New York per partecipare a degli incontri al Palazzo di Vetro, proprio quando alle Nazioni Unite si celebrava la giornata mondiale dei diritti umani (il 10 dicembre del 1948 venne firmata la carta universale dei diritti umani), e così anche alla conferenza stampa alla missione d'Italia all'ONU, quel tema scottante lasciato a Washington si è ripresentato a New York.
Quando è toccato alla VOCE di New York fare la domanda al ministro degli Esteri italiano, abbiamo chiesto come l'Italia giudicasse il dibattito in corso in questo momento a Washington che sembra ancora soprattutto incentrato sul dover stabilire se le torture inflitte ai prigionieri condannati (o solo ancora sospettati) di terrorismo fossero state utili a salvare vite americane da ulteriori attentati – come continua a sostenere la CIA e i suoi difensori- o se invece siano state azioni non solo contrarie ai valori della democrazia americana ma anche inutili, come indicato dal rapporto della commissione presieduta dalla senatrice Diane Feinstein. A Gentiloni, quindi, abbiamo chiesto come il governo italiano reagisse a questa rivelazione del Congresso USA e se la condanna potesse essere in qualche modo condizionata dalla valutazione dell'efficacia o meno delle torture per evitare ulteriori attentati. Inoltre abbiamo chiesto a che punto fosse la legislazione italiana a riguardo del reato di tortura, dato che nonostante l'Italia abbia firmato tre decenni fa la convenzione ONU contro la tortura che l'obbligava alla introduzione immediata del reato, questo ancora in Italia è inesistente. Su questo ultimo punto, Gentiloni ha sorvolato.
Ministro, è lecito torturare prigionieri per prevenire grandi attentati? E sulla legislazione italiana riguardo alla tortura, ci può dire qualcosa…
"No, naturalmente non è lecito. E credo che quei metodi e quello che è venuto fuori dal rapporto della commissione del Senato presieduta dalla senatrice Feinstein, al di là se siano utili o non utili, il problema è ben altro se sono accettabili. Non sono coerenti con i valori delle democrazie, e non sono coerenti con i valori della democrazia americana in primo luogo. Quindi è naturale la condanna ed è una condanna drastica, decisa. Io penso anche che sia anche logico un riconoscimento del fatto che l'attuale amministrazione ha deciso di chiudere quel capitolo. E che in fondo poi questa è la democrazia americana, quando si commettono degli errori e scusate l'understatement a definire queste cose errori. Quando si commettono delle violazioni così evidenti dello spirito e dei valori di un paese come l'America, tuttavia l'America è capace di riconoscerlo. Ha un Congresso che pubblica dei documenti, ha un sistema di media che gli da un larghissimo spazio, quindi è una democrazia che corregge i propri errori. E questo penso sia un merito della amministrazione attuale. Il che non attenua la gravità dei fatti commessi e la condanna del governo italiano di quei fatti".
A conferenza stampa ultimata, abbiamo di nuovo avvicinato il ministro Gentiloni e gli abbiamo chiesto se per l'Italia la tortura come tipo di strategia antiterrorismo adottata dopo l'11 settembre 2001 dalla CIA, possa essere considerata efficace in certe situazioni: "Qui non si tratta di discutere se si tratti di maggiore o minore efficacia, anche se capisco che nella discussione americana ci sia tra le righe anche quell'elemento. Dal nostro punto di vista persiste l'inaccettabilità di quei metodi a prescindere dalla loro presunta maggiore o minore efficacia. Ci sono dei principi e dei valori ai quali le grandi democrazie devono ispirarsi e credo che il primo a comprenderlo sia stato il presidente Obama, che appena insediato ha posto fine a questi metodi di interrogatorio da parte americana e che anche ieri ha detto moto chiaramente che si tratta di un capitolo chiuso e che quel capitolo contraddiceva i valori della democrazia americana. E io sono assolutamente d'accordo".
Durante la conferenza stampa, i diritti dell'uomo nel giorno della loro celebrazione sono stati affrontati da Gentiloni anche riguardo ad altri impegni su cui l'Italia, all'ONU, è da anni in prima linea: “L’Italia si è creata un importante profilo globale in tema di diritti umani. In primo luogo sulla moratoria sulla pena capitale che la settimana prossima sarà davanti all’Assemblea generale, dopo essere passata dal voto della Terza Commissione. Siamo arrivati a 114 voti favorevoli, quindi tre voti in più della volta precedente. I voti negativi sono diminuiti di cinque, un dato forse ancora più importante. E nel voto della prossima settimana in Assemblea Generale ci auguriamo che ci possano essere addirittura dei numeri lievissimamente migliori… La questione è controversa, per alcuni paesi tenere il governo fermo sulla moratoria non è sempre scontato. Ci sono reazioni di vario tipo e variamente ispirate che possono riportare le cose indietro. Quindi il fatto che si vada invece avanti e che forse in AG si realizzi qualche risultato in più è molto incoraggiante. Come pure l'Italia ha contribuito in maniera rilevante a portare avanti due altre risoluzioni approvate nella Terza Commsisione, la prima contro le mutilazioni genitali femminili (MGF) e la seconda è la risoluzione contro i matrimoni forzati e dei bambini. Sono dei temi drammatici sui quali le Nazioni Unite possono avere un ruolo molto rilevante".
Gentiloni ha anche discusso della campagna appena iniziata dall'Italia per ottenere un seggio al Consiglio di sicurezza dell’Onu come membro non permanente nel biennio 2017-2018. “Oggi avremo diversi incontri con altri paesi per dare un impulso. Ce ne occuperemo molto nei prossimi mesi. E anche durante Milano Expo 2015”. Nel biennio 2017-18 si apriranno due posizioni per i paesi europei e in corsa sono in tre: Italia, Olanda e Svezia. Riuscire ad essere eletta (sarebbe la settima volta) al Consiglio di Sicurezza, per l'Italia "si tratterebbe di uno strumento importante per la sua politica globale" ha detto Gentiloni.
Quando gli è stato chiesto come l'Italia intenda giocare le sue carte per la rielezione al Consiglio di Sicurezza, in modo da evitare la brutta figura di concorrere e non essere eletta (come è appena successo alla Turchia), Gentiloni si è lasciato andare ad una battuta: "Il mio impegno personale è anche una scommessa sulla stabilità del governo, se si può dire… Perché stiamo parlando di una prospettiva che riguarda il 2017… Naturalmente il mio era uno scherzo. Questo è un interesse del paese che dobbiamo prendere molto sul serio…"

Elezioni Consiglio di Sicurezza? All’Assemblea Generale il voto di ogni paese conta quanto quello della Cina… Gentiloni all’incontro con i rappresentanti dei micro stati in via di sviluppo
Il ministro degli Esteri Genitloni nel pomeriggio di martedì ha partecipato all'ONU alla

Gentiloni con il vice segretario generale dell’ONU Jan Eliasson
riunione speciale contro il razzismo con il lancio della International Decade of People of African Descent (la Decade internazionale per le genti di origini africane). Una riunione dell'Assemblea Generale per celebrare l'inizio, nel gennaio 2015, di una decade per la protezione delle persone di origine africana che soffrono in tutti i continenti discriminazioni di tipo razziale. Ancora una volta, dopo i recenti fatti di Ferguson, Missori e Staten Island a New York, gli Stati Uniti sono apparsi all'ONU messi nel banco degli imputati. Ma non solo gli Stati Uniti, il razzismo infatti è ancora diffuso in tutto il mondo e fino al 2024, le Nazioni Unite avranno programmi speciali per combattere la discriminazione razzista nel mondo contro le persone di origine africana.
Il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, durante la riunione, ha tenuto in inglese un discorso che pubblichiamo qui di seguito:
Statement delivered on December 10, 2014 by the Italian Minister for Foreign Affairs and International Cooperation, Hon. Paolo Gentiloni, at the UN Event to launch the International Decade for People of African descent with the theme “People of African Descent: recognition, justice and development”
Mr. President,
I am pleased to address you on Human Rights Day and to participate in the launch of the International Decade for People of African Descent.
The Universal Declaration of Human Rights affirms that all human beings are born free and equal, both in dignity and in rights. But while much has been achieved since the adoption of the Declaration, much remains to be done. The fight against all forms of discriminations is not only a moral imperative: it is also a prerequisite for fairness and equity. The goal of this fight is to build more resilient and peaceful societies, paving the way for long-term stability and sustainable development.
People of African Descent are among those most affected by the scourge of racism. Too often their basic rights are denied and they are the victims of discriminatory practices.
The “International Decade for People of African Descent” – with its focus on Recognition, Justice and Development – is a welcome opportunity to mobilize political commitment to the promotion of the rights of people of African descent, and to strive for concrete achievements in the field of integration. I therefore thank the South African facilitator, Ambassador Mamabolo, the African and CARICOM groups, and Brazil, for playing such a proactive role in the preparation of the Decade and its program. To unlock the potential of the Decade, it must be implemented in an effective and collaborative manner at the international, national and local levels, with the involvement of civil society and all relevant stakeholders.
To achieve results in tackling racism, xenophobia and intolerance at the international level, it is paramount to develop an inclusive, open and participatory dialogue. This was the secret to the success of other international human rights campaigns. For instance, the campaign for a moratorium on the death penalty, which was supported by a broad cross-regional coalition of which my country is honored to be part. Another example is the campaign against Female Genital Mutilations, a priority for Italy and a success for the African Group, which has assumed ownership to lead the initiative in the General Assembly. We are convinced that also in the field of countering racism, this could be a winning approach. No country can define itself “racism-free.” Through open dialogue in international fora, we will have an opportunity to learn from each other’s experiences and best practices.
While reaffirming our commitment to the implementation of the Convention on the Elimination of all Forms of Racial Discrimination and other international instruments, we must acknowledge thatnational action is crucial to eradicating racism and racial discrimination. Human rights issues should be adequately highlighted and tackled in all relevant domestic policies.
Mr. President,
In 2001, the Durban 2001 World Conference against Racism recognized that the transatlantic slavetrade was an appalling tragedy in the history of humanity. Slavery is still a problem in today’s world in the form of bonded labour, forced labour, child slavery, human trafficking, and early and forced marriages. Italy is committed to fighting every form of slavery and to protecting the rights of the most vulnerable groups. We are strongly committed to enhancing international co-operation in this regard. Italy is ready to make its contribution to ensure that the “International Decade for People of African Descent” is a success, in the broader context of the fight to eradicate all forms of discrimination worldwide.