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October 22, 2014
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ONU, Comitato contro la tortura: Italia resta un caso, ma positiva la ratifica del Protocollo

Lisa D'IgnaziobyLisa D'Ignazio
conferenza stampa membri Commissione contro la Tortura dell'ONU

conferenza stampa membri Commissione contro la Tortura dell'ONU

Time: 4 mins read

 

L'Italia non è un'emergenza in tema di tortura per il Comitato sulla Prevenzione della Tortura delle Nazioni Unite. Lo hanno spiegato i membri del Comitato presenti all'ONU per la conferenza stampa di presentazione dell'ultimo rapporto sui casi di tortura e maltrattamenti nel mondo.

Negli ultimi 4 giorni nelle carceri italiane si sono suicidate 4 persone, 36 dall'inizio dell'anno su un totale di 114 decessi. Nonostante i numeri delle morti bianche in carcere non diminuiscano rispetto alle medie degli altri anni e nonostante l'Italia sia stata condannata nel gennaio del 2013 dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo, con la Sentenza Torreggiani, per “trattamento inumano e degradante dei detenuti”, l'ONU non vede segni di emergenza umana e carceraria. Oltre alle storie più note di Aldrovandri, Cucchi e Uva, tantissimi sono i casi di violenze nascoste sotto i tappeti delle patrie galere, che solo in casi estremi vengono alla luce, come nel caso delle torture fatte nella cella Zero del carcere di Poggioreale di Napoli.

Nel Palazzo di Vetro tutto questo sembra non essere arrivato, tanto che il Presidente del Sotto Comitato sulla Prevenzione della Tortura Malcolm Evans ad una nostra domanda sullo stato dei diritti umani nelle carceri italiane ha risposto: “Non abbiamo notizie di nuovi casi di tortura nelle prigioni italiane. Rispetto la decisione della Corte Europea dei diritti dell'uomo e cercherò di interessarmi alle questioni relative all'Italia”.

Molte associazioni che in Italia si battono per la difesa dei diritti umani fuori e dentro le carceri hanno più volte addirittura avanzato il dubbio che la tortura non sia solo quella fisico-psicologica esercitata dall'uso della forza e della coercizione, ma che il sovraffollamento e le condizioni disumane in cui i detenuti vivono in carcere costituiscano una forma di tortura. Anche fuori dalle sbarre i casi di poliziotti che si spogliano della divisa dello Stato per indossare quella del carnefice non mancano. Proprio ieri ha ricevuto una condanna a dieci anni e sei mesi di reclusione Massimo Pigozzi, l'agente di polizia colpevole di quattro stupri consumati nel 2005 nella Questura di Genova ai danni di altrettante donne fermate. Erano prostitute romene che hanno denunciato le violenze subite. L'agente era già noto alle cronache per le violenza del G8 del 2001 a Genova. Nella caserma di Bolzaneto divaricò le dita di uno dei manifestanti, fino a lacerargli la carne. La vittima oggi ha una disabilita' permanente.

Per il Rappresentante Speciale sulla Tortura e atti di crudeltà, e sui trattamenti e punizioni disumane e degradanti Ernesto Mendez l'Italia ha comunque fatto dei passi in avanti. “L'anno scorso ha ratificato il Protocollo della Convenzione contro la tortura, inserendosi così nel meccanismo di prevenzione della tortura”.

L'Italia è entrata a far parte del Protocollo opzionale della Convenzione contro la tortura ed ogni altro trattamento o punizione crudeli, inumani e degradanti il 3 aprile del 2013, aggiungendosi alla lista dei 74 paesi che lo hanno fino a oggi ratificato e che si impegnano a evitare trattamenti inumani e degradanti.

L’articolo 1 della Convenzione sulla tortura del 1984 definisce la tortura come ogni atto volto ad infliggere intenzionalmente forti sofferenze fisiche o mentali ad una persona allo scopo di ottenere informazioni o confessioni o di punirla.

Nonostante l'adesione dell'Italia alla Convenzione e al Protocollo, nell’ordinamento italiano non esiste il reato di tortura e quindi chiunque può continuare a commettere illeciti senza essere punito. Tuttavia, la novità introdotta dalla firma del Protocollo è il Meccanismo di prevenzione nazionale. Un sistema di controllo locale che deve essere creato ad un anno dall'entrata in vigore del Protocollo. È passato più di un anno dalla ratifica, 3 aprile del 2013, ma in Italia non vi è traccia nè del reato di tortura nè del sistema di prevenzione.
“Vogliamo creare un sistema che promuova strumenti di controllo e investigazione nazionali e indipendenti”, ha spiegato Evans.

Il Presidente della Terza Commissione contro la Tortura Claudio Grossman ha ricordato come la partecipazione degli stessi cittadini sia alla base della difesa dei diritti umani. “La capacità degli individui di denunciare le violazioni fatte dai loro stessi stati è cruciale per la difesa della dignità umana”, ha detto.

Gli esperti di diritti umani al Palazzo di Vetro hanno ribadito che la prevenzione è fondamentale, soprattuto in un contesto in cui “i maltrattamenti e le torture non sono diminuiti” – ha detto Evans – “e in cui è piu pericoloso che mai lo stretto legame che c'è tra tortura, maltrattamenti e corruzione”.

Nell'ultimo rapporto annuale presentato dalla Commissione contro la Tortura risulta chiaro che il lavoro degli esperti nell'accertamento di episodi di tortura è più difficile soprattutto in stati in cui i livelli di corruzione sono più elevati. Secondo l'ultimo rapporto di Transparency International l'Italia si colloca al 69esimo posto per corruzione, dopo Ruanda e Ghana.

Il Sotto commissario Evans ha spiegato che per la prima volta il comitato ha dovuto sospendere una visita in Arzebaigian a causa dei ripetuti problemi nell'accedere ai luoghi di detenzione e nell'uso degli strumenti della medicina forense. “Le operazioni di accertamento medico degli abusi hanno fatto grandi progressi, ma il problema è che spesso non ci sono prove mediche, proprio perchè non c'è l'obbligo di indagare in caso di sospetti casi di tortura”.

Alla scandenza del trentesimo anno dalla Convenzione sulla Tortura del 1984, nel mondo i paesi in cui le persone sono ancora tanti e soprattutto ancora più deboli risultano gli strumenti per l'accertamento e il contrasto di un crimine che spesso non è considerato neppure reato, come in Italia.

 

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