Non ha senso mettersi qui a ponzare sul virus di Ebola e su quello che occorra fare per indebolirlo e batterlo. Ci sono esperti di biologia e immunologia che possono, da ben altre competenze, dire la loro sull’argomento. Preme, piuttosto, guardare ad alcuni madornali errori che si sono compiuti in materia, e a cosa occorra sotto il profilo politico e sociale, fare subito.
Un paio di settimane fa, ho ricevuto da un amico dirigente della sezione Italia di MSF, Medici senza Frontiere, ong in prima linea nella cura dei malati di Ebola, una lettera denuncia. “Oramai da sei mesi, Ebola sta mietendo vittime e ci sta portando oltre il limite delle nostre capacità operazionali. In Africa occidentale la situazione è drammatica, decine di persone si ammalano ogni giorno, bussano alle porte dei nostri centri e siamo costretti a rimandarle a casa perché non abbiamo abbastanza letti per accoglierle. A Monrovia, in Liberia, il centro sanitario Elwa 3, aperto il 17 agosto, con capienza iniziale di 120 letti si è dimostrato insufficiente già dopo una settimana. […] Occorre ingrandire gli ospedali da campo dotati di reparti di isolamento, inviare personale formato, creare laboratori mobili per migliorare la diagnostica, stabilire ponti aerei per trasportare personale e materiale, creare una rete regionale di ospedali”.
La comunicazione proseguiva, guardando agli esseri umani colpiti: “I malati sono disperati, le loro famiglie e chi si prende cura di loro sono arrabbiati, gli operatori umanitari sono esausti. Mantenere la qualità delle cure è una sfida immensa. I tassi di contagio raddoppiano ogni tre settimane mentre paura e panico si stanno diffondendo rapidamente. Un numero crescente di persone sta morendo per altre malattie, come la malaria, a causa del collasso dei sistemi sanitari. Abbiamo bisogno […] di un sostegno eccezionale per la gravissima emergenza Ebola contro la quale in questo momento le nostre équipe mediche combattono giorno e notte. Il budget Ebola è in costante aumento: è passato dai 16 milioni di euro del mese scorso ai 40 milioni di euro della scorsa settimana per arrivare ai 46 milioni di euro di oggi. Da soli non riusciamo a salvare tutte le vite a rischio e contenere sopratutto l'epidemia, e oggi l’Ebola sta vincendo”.
Ho fatto girare l’appello. Ho incontrato indifferenza. Dove ho insistito, ho creato imbarazzo, e allora ho smesso. Intanto la presidente internazionale di MSF, Joanne Liu, comunicava agli stati delle Nazioni Unite la mancanza di risorse per arginare l’epidemia, affermando che ministeri della sanità e organizzazioni non governative erano già oltre le capacità di intervento. Poi la ridicola pretesa delle nazioni privilegiate che nel mondo globale un morbo potesse stagnare nel bacino originario di coltivazione, è stata battuta dall’orribile consapevolezza dei primi decessi nei paesi ricchi, ad iniziare dagli Stati Uniti. Adesso si pone la questione di come correre ai ripari. Obama telefona ai colleghi e chiede un coordinamento che vendichi la colpevole disattenzione precedente. Il sistema internazionale torna a documentare i guasti della sua conduzione anarcoide ed egoistica, dove immobilismo e introversione assicurano ai popoli un disastro dietro l’altro.
Ebola odierno è l’evoluzione mutante del filovirus isolato nel 1976 presso il fiume congolese Ebola, con effetti allora meno virulenti. Se le sue febbri emorragiche si estendono e causano alti numeri di vittime, è solo responsabilità di stati e danarose multinazionali che in quarant’anni hanno ritenuto di non dover spendere per arrestare il flagello. Si eviti il panico, anche se il ricordo delle grandi pesti del passato non può che spingerci a misure di sicurezza che avremmo potuto evitare.