Lo stato di regime iraniano continua con l’esercizio della repressione nel tentare di non far diffondere le proposte espresse dalla dissidenza interna. Durante le giornate del 20 e 21 Settembre, circa 800 persone sono state trattenute in arresto dalla autorità iraniane.
Nella mattinata del 21 Settembre, un considerevole numero di dervisci, termine generico utilizzato per identificare molte delle confraternite islamiche sufi, si sono riversati nella capitale iraniana, Teheran, nei pressi della sede della Procura della Repubblica, per esprimere la propria solidarietà con i detenuti tratti in arresto nelle giornate precedenti.
Le autorità hanno bloccato l’accesso, chiudendo il tratto stradale, che portava alla sede della Procura della Repubblica e la manifestazione si è svolta in una strada adiacente. Tali manifestazioni, di cui si registra un incremento numerico, si sono sviluppate a seguito dell’arresto di nove dervisci (arrestati in seguito alla loro denuncia per la repressione da parte delle autorità iraniane nei confronti delle confraternite sufi) che hanno intrapreso uno sciopero totale della fame dalle strutture penitenziarie della capitale iraniana.
I manifestanti, preoccupati per le condizioni di salute dei propri cari, chiedono di poter parlare con i detenuti, tali richieste sono a tutt’oggi rifiutate dalle autorità istituzionali. Alcuni dissidenti politici rinchiusi nella struttura carceraria di Gohardacht, rende noto l’Associazione delle Donne Democratiche Iraniane in Italia, hanno diffuso un comunicato, esprimendo solidarietà nei confronti dei detenuti dervisci e delle loro famiglie, chiedendo l’immediato rilascio dei detenuti, trattenuti senza aver commesso alcun crimine.
La paladina della resistenza iraniana, Maryam Rajavi, eletta Presidente del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, esprimendo profonda preoccupazione e sdegno per il comportamento delle autorità iraniane, ha inviato un dossier a tutte le organizzazioni internazionali per la tutela e la promozione dei diritti umani e all’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, chiedendo immediate misure per ottenere la liberazione di tutti i detenuti politici così come dei membri delle confraternite islamiche sufi.
La resistenza iraniana denuncia il perpetuarsi di crimini umani da parte del “fascismo religioso” al potere in Iran, soprattutto, nei confronti delle donne. Il 19 Settembre, presso il Palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra, si è tenuta una conferenza dal tema “Donne e Fondamentalismo”, organizzata dalle associazioni per la tutela dei diritti delle donne iraniane, in cui si è dibattuto sul problema del fondamentalismo religioso in Iran e la problematica dell’integralismo islamico che sta colpendo il Medioriente e minaccia anche l’Occidente. Alla conferenza è intervenuta anche l’avvocato italiano Enrica Giordano, dell’Associazione delle donne italiane a sostegno della resistenza iraniana, che ha invitato ad una profonda riflessione e distinzione tra “religione e fondamentalismo”, per evitare l’emergere con ancora più forza di comportamenti estremisti nei vari settori della società civile anche del mondo occidentale.
Le stesse preoccupazioni sono state espresse da Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti, rispettivamente Segretario e Tesoriera di Nessuno Tocchi Caino, che hanno dichiarato: “Ci appelliamo alla Comunità internazionale e al Governo italiano perché affrontino il perdurare del dominio assoluto di una teocrazia anacronistica ed oscurantista che vede ancora nella guida spirituale suprema il fulcro intoccabile ed indiscutibile di un potere assoluto ed aiutino e sostengano le opposizioni democratiche che in Iran e fuori dal l’Iran, ed in particolare l’organizzazione dei Mojahedin del popolo iraniano, da decenni lottano per questo autentico cambiamento di regime”.