Fondali ricoperti di sporcizia, gomme vecchie, plastica, rottami: ogni nostro scarto abbandonato a se stesso e finito nelle profondità degli oceani torna a galla sotto forma di zolle di rifiuti, chiede conto alla terra della sua ingombrante esistenza. Maria Cristina Finucci, artista e architetta, ha raccolto il grido degli abissi in una serie di istallazioni e opere d’arte dedicate al problema del Garbage Patch. Dopo Roma, Parigi, Venezia e Madrid, l’esposizione della Finucci sbarca a New York, nell’atrio del Conference Building delle Nazioni Unite.
Si chiama Garbage Patch State, lo Stato provocatoriamente inventato dall’artista per conferire realtà e urgenza a un problema nascosto alla vista, ma assolutamente presente e che occorreva riportare in superficie. Con l’ironia di un’arte che non si appesantisce su se stessa pur volendo farsi carico di un messaggio, lo Stato della Repubblica Indipendente dell’Immondizia ha perfino una bandiera e una sua ambasciata, a ribadirne l’estensione mastodontica: 16 milioni di chilometri quadrati, raggruppati in un arcipelago di cinque isole, davvero pari a un gigantesco Stato della non curanza. “L’arte al giorno d’oggi non deve essere troppo autoreferenziale – sostiene l’artista, spiegando la sua opera – siccome è trasversale abbraccia responsabilità condivise, come quella di utilizzarla per un fine comune, qualche cosa che sia per tutti. Una volta un critico ha scritto che la mia arte è etica, politica e poetica e questo mi piace molto”.
L’arte, dopo il divorzio dal senso che ha caratterizzato in particolar modo la seconda metà del 900, torna a essere etica, chiede un rinserimento di diritto nel canale della comunicazione morale. Invita a una riflessione non più solo estetica, ma anche responsabile. Vuole ascolto e lo cerca con l’irruenza dell’opera. Dispettosa, irriverente, offerta agli occhi in maniera eccedente, parla di un esubero, diventandolo. Quando le si chiede se la sua arte è la dimostrazione che l’Italia ha ancora voce in capitolo nel campo della contemporaneità artistica, Maria Cristina Finucci rispond: “Sono fiera di essere italiana, abbiamo una tradizione artistica che non si è mai fermata, da 2000 anni a questa parte l’Italia ha sempre avuto questo primato. Questo è un tipo di arte a narrazione transmediale, che si avvale dei canali dell’arte contemporanea. Sì, l’Italia c’è ancora come c’è sempre stata”.
All’inaugurazione della mostra, il 29 Settembre, erano presenti diverse personalità di rappresentanza italiana, ad accogliere con un caloroso abbraccio l’artista connazionale. “Cristina Finucci è la dimostrazione che l’Italia sa parlare ancora molto delle grandi questioni esistenziali del nostro pianeta, avendo anche la capacità di solcare dei terreni finora inesplorati – ha commentato Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato – Questa è una questione enormemente coinvolgente per l’intera umanità e il fatto che ci sia la rappresentanza dell’arte moderna italiana su questo tema, qui, ospitata alle Nazioni Unite, è il segno che l’Italia c’è, che si può avere fiducia nel futuro, che ci sono artisti che vivono, non solo nella contemplazione del passato, ma guardando avanti”.
Milioni di pedine di plastica, aggrovigliate a delle reti rosse, emulano gli abissi dei nostri mari inquinati formando un gigantesco drago di pattume disteso a terra, mentre a Venezia era stato possibile adagiarlo nell’acqua, riportandolo al suo “habitat naturale”.

L’artista Maria Cristina Finucci con l’ambasciatore all’ONU, Sebastiano Cardi
Entusiasta la Console italiana a New York, Natalia Quintavalle: “Quest’istallazione oltre ad essere di rilievo artistico, è anche molto intelligente. Ha la forza di rappresentare visivamente un fenomeno grave e importante come l’inquinamento degli oceani. Lo fa in modo intelligente perché riesce a portare alla luce un fenomeno grosso, ma invisibile, come ci spiegava l’artista. Invece renderlo visibile in questa forma vivace e anche un po’ ironica gli dà un senso di realtà e urgenza. Toccando questo aspetto ci invita tutti alle nostre responsabilità riguardo l’inquinamento, in particolare quello dei mari.”
Entusiasmo condiviso da tutti i presenti, compreso l’ambasciatore italiano all'ONU, Sebastiano Cardi: “Questa esposizione è di straordinaria rilevanza, non solo perché è di un’artista italiana, ma soprattutto per la delicatezza del tema che affronta. Ciò su cui si vuole sensibilizzare è un problema senza bandiere, che riguarda tutti indistintamente e che Maria Cristina Finucci ha saputo rappresentare brillantemente”. Non poteva esserci posto migliore, dunque, per accogliere un’opera di tale rilievo, del palazzo che, solo qualche giorno fa ha ospitato la conferenza mondiale sul clima e che dovrebbe essere la sede da cui partire per una soluzione a questi problemi. Al più presto, si spera, prima che i nostri rifiuti possano causare ulteriori danni irreversibili gli oceani, alterandone l’ecosistema.