Mercoledì mattina la giornata al Palazzo di Vetro si è aperta con una seduta speciale dedicata all’emergenza Ebola con particolare riferimento all’allarmante diffusione del virus in Sierra Leone, Liberia e Ghana. Il meeting è stato anche occasione per sottolineare la necessità, evidenziata drammaticamente dalla diffusione di Ebola, che la comunità internazionale si doti di strutture e programmi condivisi per affrontare crisi sanitarie di questa portata. Ancora una volta è stata con fermezza ribadita l’urgenza della crisi: una crisi che richiede il coinvolgimento dell’intera comunità internazionale, nessuno escluso.
È stato Ban Ki-moon ad aprire la seduta. “Ebola infuria – ha detto il segretario generale ONU – Uccide più di 200 persone al giorno, due terzi delle quali sono donne. Nonostante i valorosi sforzi delle comunità locali, i sistemi sanitari stanno cedendo sotto lo sforzo che stanno facendo. Molti hanno cercato di tenere fuori il virus chiudendo le loro frontiere. Diverse compagnie aeree hanno smesso di servire i tre paesi. Il numero di navi che attraccano nei loro porti è diminuito. Ma un tale approccio non fa che peggiorare la situazione, isolando i paesi quando più hanno bisogno di aiuto”. Ban Ki-moon ha poi ricordato gli sforzi portati avanti in questi giorni dalla comunità internazionale guidata dall’ONU: “L’intero sistema delle Nazioni Unite si sta mobilitando, comprese l’Organizzazione Mondiale della Sanità […] e la Banca mondiale […]”.
Nel concludere il suo intervento il segretario generale ha prospettato la possibilità che le Nazioni Unite si dotino di un corpo di medici professionisti, sostenuto dalle competenze dell’OMS e le capacità logistiche dell’ONU: “Proprio come i nostri caschi blu aiutano a mantenere le persone in sicurezza, un corpo in camice bianco potrebbe aiutare a mantenere le persone sane”.
All’intervento di Ban Ki-moon è seguito quello di Barack Obama che ha sottolineato con forza e chiarezza l’urgenza della situazione riferendosi ad Ebola come a una minaccia globale e ad una questione non solo sanitaria ma di sicurezza. Obama ha ricordato gli sforzi che gli Stati Uniti stanno già facendo per fronteggiare l’emergenza dicendo che si tratta di importanti progressi ma sottolineando al contempo che non saranno sufficienti a bloccare la diffusione del virus. “Voglio che siamo chiari – ha detto il presidente americano – non ci stiamo muovendo abbastanza in fretta e non stiamo facendo abbastanza. Al momento tutti sono mossi dalle migliori intenzioni, ma non stiamo mettendo in campo risorse sufficienti per bloccare l’epidemia. C’è ancora un divario significativo tra dove siamo e dove dovremmo essere. […] Questa è una maratona ma dobbiamo correrla come uno sprint. E questo è possibile solo se tutti fanno la propria parte”.
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(La seduta inizia al minuto 31.50. L’intervento di Ban Ki-moon parte dal minuto 32.53. L’intervento di Obama inizia al 43.30)
Infine Obama ha spiegato che tutti possono fare di più: dalle organizzazioni internazionali alle ONG fino alle fondazioni. Ma soprattutto sono i governi a doversi impegnare direttamente per affrontare l’emergenza, senza aspettare di vedere cosa stanno facendo le altre nazioni prima: “L’epidemia è tale che a questo punto moriranno altre persone […] ma quanto velocemente saremo in grado di contenerla è in nostro controllo. Se ci muoviamo in fretta, anche se in modo imperfetto, potremo fare la differenza tra 10 forse 20 o 30 mila altre perdite, contro le centiana di migliaia o addirittura un milione di morti”.
Ebola è una priorità per il governo americano e per il team del presidente, ha spiegato Obama, ma deve esserlo anche per le altre nazioni del mondo: “Non possiamo farcela da soli, non ne abbiamo la capacità. Non abbiamo abbastanza addetti sanitari per farcela da soli. Possiamo costruire l’infrastruttura, l’architettura per portare gli aiuti, ma abbiamo bisogno del contributo di altri. […] Spero di stare comunicando un sufficiente senso di urgenza. Non ve ne state da parte pensando che, per via di quello che abbiamo fatto noi, la questione è sotto controllo. Non lo è. Se non ci occupiamo di questo problema ora vedremo degli effetti collaterali che avranno conseguenze per lungo tempo, ben oltre le vite che abbiamo già perso”.
E il presidente ha voluto lanciare un appello a lavorare insieme per questa e altre crisi annunciando che venerdì a Washington incontrerà i rappresentanti di 44 nazioni per definire un’agenda sanitaria globale e si è detto disponibile a lavorare con chiunque condivida l’urgenza delle sfide poste al mondo dalle emergenze sanitarie. Nel concludere il suo intervento Obama ha sottolineato ancora una volta la centralità del problema negli attuali scenari globali chiedendo la collaborazione di tutti: “Chiedo a tutti voi, e in particolare a quelli che dovranno fare rapporto ai loro capi di stato, di assicurarvi che facciano di questa questione un’assoluta priorità per le prossime settimane e i prossimi mesi”.