Una bambina che si sposa è una vita spezzata. In molti lo ripetono da anni e lo hanno detto ribadito anche questa mattina durante il meeting “Ending Child, Early and Forced Marriage. A world where all girls can reach their full potential". L’iniziativa promossa dal Canada e dall’UNFPA (the United Nations Population Fund), con la partecipazione di Zambia e Yemen, è stata organizzata anche dall’Italia.
“Il nostro paese vuole far parte del processo per l’eliminazione dei matrimoni forzati” – ha detto la ministra degli Esteri italiana Federica Mogherini – e sta continuando a impegnarsi in altre iniziative nella difesa dei diritti delle bambine, come quella contro le mutilazioni genitali femminili”. Mogherini ha inaugurato così la settimana della sessantaseiesima Assemblea Generale dell’ONU, segnando una continuità con le battaglie sui diritti della sua predecessora Emma Bonino.
Nel mondo negli ultimi dieci anni, dal 2004 al 2014, è stato stimato che circa 100 milioni di bambine sono state costrette a sposarsi prima del loro diciottesimo anno di età. I matrimoni precoci e forzati costituiscono una violazione dei diritti umani e determinano conseguenze devastanti nella vita delle piccole donne.
Secondo l’UNICEF, un terzo di tutte le adolescenti nel mondo è costretto a sposarsi contro la loro volontà, più di 38 mila ogni giorno. Nei paesi sviluppati una ragazza su nove si sposa a 15 anni, qualcuna addirittura a 8.
Se l’andamento attuale di matrimoni forzati dovesse continuare, è stato stimato che più di 220 milioni di ragazze saranno costrette a sposarsi entro il 2030.
Questi solo alcuni numeri che danno l’idea di quanto il fenomeno sia esteso e in continua crescita. Le conseguenze che i matrimoni forzati causano sulle bambine sono danni non solo fisici e psicologici, ma anche sociali. In termini di salute, le gravidanze indesiderate e le complicazioni post-parto di queste piccole donne costituiscono le principali cause di morte nelle giovani tra i 15 e i 19 anni.
Al primo posto dei paesi in cui le bambine indossano il velo c’è la Nigeria: tre donne su quattro prendono marito prima dei 18 anni. Un altro paese particolarmente problematico è lo Zambia, dove è particolarmente diffusa anche la pratica delle mutilazioni genitali femminili. Le statistiche parlano del 28% di matrimoni e del 30% di mortalità tra le teenagers. In Malawi la metà delle ragazze che non hanno 18 anni sono costrette a indossare il velo.
“L’anno scorso grazie al lavoro e all’impegno di un gruppo di nazioni con a capo l’Italia – ha rivendicato Mogherini – sono state adottate alcune risoluzioni specifiche sui matrimoni forzati, con il consenso del Consiglio dei Diritti Umani (HRC) e dell’Assemblea Generale”.
In questi giorni si sta negoziando per un’altra risoluzione. “Stiamo lavorando per estendere il numero dei paesi sponsor – ha detto la ministra Mogherini – e per la conseguente adozione della risoluzione, una pietra angolare della nostra campagna”.
L’obiettivo del programma dell’ONU “Millennium Development Goals” è quello di ridurre di almeno tre quarti la mortalità per parto e di due terzi quella infantile entro il 2015.
“Queste donne sono troppo giovani per votare, ma non abbastanza per sposarsi, troppo giovani per essere credibili, ma non troppo per restare incinte”. Così Kate Gilmore, vice Direttora dell’UNFPA, ha spiegato un sistema in cui l’età come il genere contano solo fino a quando conviene. Una pratica, quella dei matrimoni forzati, che è l’estrema conseguenza di una cultura maschilista, la quale rifiuta la donna come persona e la considera un oggetto dell’uomo.
A giugno l’HRC, insieme all’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani (UNHCR), ha presentato un rapporto approfondito sul problema. Discussioni e sensibilizzazione stanno portando i loro frutti, ma ciò che ancora manca è una precisa politica di contrasto contro i matrimoni forzati. L’unica strada sembra essere quella dell’istruzione. Garantire alle piccole donne un’alternativa, come diceva, nell’omonimo libro Virginia Wolf “una stanza tutta per sé”, dà loro la possibilità di raggiungere un’indipendenza prima di tutto culturale, senza la quale non potrebbero crescere non ammogliate.
Due ragazze vittime di matrimoni precoci hanno raccontato la loro esperienza durante l’incontro, portando le parole a stretto contatto con la realtà. Sono state aiutate con dei percorsi di reinserimento scolastico.
“Dissi di no a quel matrimonio perché non volevo, ma a sedici anni non si è abbastanza maturi per poter scegliere – racconta Nana – Adesso posso dire che dal programma ho imparato il diritto di scegliere e la possibilità di studiare”.
“Chiedo alla mia comunità di porre fine alla pratica dei matrimoni forzati” – ha chiesto l’altra ragazza – Il mio sogno è che un giorno ci sia un accordo internazionale che li metta al bando”.
Intanto mentre all’ONU si parla di matrimoni forzati e l’Italia è in prima linea, in patria i diritti umani non sembrano essere al primo posto dell’agenda nazionale, oggi come in passato. È di due giorni fa la bocciatura per l’Italia da parte del Consiglio d’Europa, riferita al periodo 2011-2013, per la sua scarsa attenzione nei confronti del traffico di esseri umani.
“Sono stati in visita al Consiglio d’Europa, – ha replicato la ministra Mogherini – ho ricevuto parole di apprezzamento per quello che l’Italia sta facendo nella gestione dei flussi migratori, in particolare per i rifugiati. Anche se sappiamo che non dobbiamo adagiarci su questo”.
Probabilmente l’Italia fa bene a non adagiarsi. Non può farlo neppure sui diritti umani violati nelle carceri italiane, dove il sovraffollamento continua e dove rimane in vigore la Sentenza Torreggiani che ha condannato lo stivale per “trattamento inumano e degradante” dei detenuti.