Cos’è la realtà e cosa la finzione? Difficile dirlo nell’era del digitale. Secondo un recente studio di Millward Brown ognuno di noi passa quasi metà della giornata lavorativa incollato su uno schermo, chattando, leggendo, scrivendo, comunicando. I nativi digitali hanno segnato uno spartiacque nella concezione della vita, ma anche del diritto. Se esistono delle leggi che ci proteggono nella vita cosiddetta “reale”, bisogna che esistano anche in quella “digitale”. Uno dei diritti più difficili da esportare nel mondo del 2.0 è quello della privacy e in particolare in contesti di sorveglianza, intercettazione e raccolta delle informazioni. Dai casi della Rete Echelon, il sistema mondiali d’intercettazione delle comunicazioni pubbliche e private reso noto nel 1998, fino alle rivelazioni di Edward Snowden, il mondo del Grande Fratello digitale è tutt’altro che trasparente.
Gli strumenti di sorveglianza hanno un impatto molto invasivo nella sfera dei diritti umani delle persone, incluso il diritto alla privacy, alla libertà d’espressione e di opinione, alla libertà d’associazione, alla vita familiare e alla salute.
Aprendo la discussione al Consiglio per i Diritti Umani, venerdì 12 settembre, la Vice dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’Onu Flavia Pensieri, ha espresso preoccupazione, “riguardo le politiche e le pratiche che utilizzano la vulnerabilità, oggi diffuse in tutto il mondo”.
“Le informazioni raccolte attraverso la sorveglianza digitale sono servite per individuare i dissidenti. – dichiara la vice Commissaria Pansieri – Ci sono anche dei report attendibili che dicono che le tecnologie digitali sono state usate anche per raccogliere informazioni poi usate per legittimare la tortura e altre forme di maltrattamento”.
La discussione sul rapporto tra sorveglianza e privacy nel mondo digitale nasce dall’ultimo rapporto dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, in cui viene messa nero su bianco la distanza tra la legislazione internazionale e quelle nazionali.
Mentre le leggi internazionali per la protezione dei diritti umani garantiscono il diritto alla privacy, compreso in contesti di sorveglianza e raccolta dati, in molti Stati manca un’adeguata legislazione. La debolezza della legge sulla privacy fa sì che in questi Stati regni l’impunità per chiunque violi il diritto alla privacy.
Pansieri ha ricordato che “gli Stati che violano la privacy attraverso la vigilanza digitale sono obbligati a intervenire con strumenti immediati ed efficaci”.
La decisione presa delle Nazioni Unite con una risoluzione della scorsa Assemblea Generale ha stabilito che il diritto alla privacy è un diritto umano e soprattutto, per la prima volta, che gli stessi diritti che le persone hanno “offline”, fuori dalla rete, li hanno “online”, quando si trovano su internet. Per l’Onu internet non è sola finzione, ma diventa una realtà in cui arrivano anche i diritti umani.
Martedì 16 settembre, con la conferenza stampa del Segretario Generale Ban Ki-Moon, si apre la 69esima Assemblea Generale dell’Onu. Potrebbe essere un’altra occasione per perfezionare la disciplina in materia di diritto alla privacy nel mondo digitale, un campo ancora sfuggente e aperto a troppe interpretazioni.