Durante il sedicesimo giorno di conflitto tra l’esercito israeliano e le milizie di Hamas, il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon è arrivato a Gerusalemme per una tappa del vaggio che lo vede impegnato in Medio Oriente per provare a raggiungere un cessate il fuoco. Ban Ki-moon ha incontrato il Presidente uscente israeliano Shimon Peres (occuperà l’incarico fino ad agosto) e il ministro degli esteri Avigdor Liberman, oltre al Segretario di Stato Usa John Kerry, che anche lui si trova in questi giorni in Medio Oriente per cercare di spegnere l'incendio di Gaza. Il numero uno dell’Onu ha chiesto alle parti un immediato stop delle attività belliche che fino a oggi hanno causato la morte di oltre 650 palestinesi e 32 soldati israeliani. “Prima di tutto che la violenza si debba fermare adesso. Dobbiamo immediatamente partire con il dialogo ed estirpare tutte le radici del conflitto che sono già state identificate” ha detto Ban a Peres, sottolineando la necessità di gettare le basi per una pace duratura tra le parti. “So benissimo che c’è grande paura in Israele – ha continuato -. I razzi continuano a minacciare i civili israeliani. Ho più volte condannato la pratica e continuerò a farlo. Ma so anche che esistono un profondo dolore, angoscia e senso di scoramento tra i palestinesi”.
Nel corso dei 5 anni in cui Ban Ki-moon ha ricoperto il ruolo di Segretario Generale questa è la terza volta in cui si è dovuto recare in Medio oriente in un a situazione di emergenza: “Mi addolora molto che la violenza continua a tornare, questo vuol dire che abbiamo fallito collettivamente nel garantire la pace e la sicurezza” ha commentato. Nel corso del suo viaggio diplomatico Ban Ki-moon ha già visitato il Quatar, il Kuwait e l’Egitto, incontrando i capi di Stato locali e anche Mahmoud Abbas, il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese. Una polemica è scoppiata per il mezzo di trasporto utilizzato dal Segretario Generale, che per arrivare da New York ha viaggiato su un aereo privato inglese pagato dal governo del Quatar, tra i finanziatori di Hamas. Ban Ki-moon ha spiegato che la scelta di accettare l’offerta del Quatar è stata dettata dall’urgenza di far partire la missione. La tappa a Gerusalemme è stata anche l’occasione per confrontarsi con il segretario di Stato americano John Kerry. Ban ha espresso parole di apprezzamento per l’iniziativa diplomatica del responsabile della politica estera Usa: “Ho apprezzato l’impegno intenso e dinamico di Kerry per arrivare a un accordo di pace. Insieme uniremo le nostre forze per arrivare a un cessate il fuoco il più presto possibile, ma ci sono ancora molto dettagli che dobbiamo limare” ha rivelato il Segretario Generale ai cronisti, annunciando un secondo incontro con il rappresentante della Casa Bianca.
Kerry ha incontrato oggi anche il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e Mahmoud Abbas. In seguito al primo incontro in Cisgiordania con Abbas, il Segretario di Stato aveva lasciato trapelare ottimismo. Ma dopo due ore di colloquio con Netanyahu, il diplomatico Usa era ripartito per l’Egitto, dove aveva passato la giornata di ieri, senza accettare le domande dei cronisti. Proprio la proposta egiziana sembra essere la base su cui costruire la tregua tra le parti. Israele però spinge per arrivare a una smilitarizzazione completa di Gaza, una condizione che verrà difficilmente accettata dalla controparte palestinese, che dal canto suo vorrebbe da Israele garanzie di natura politica ed economica per il futuro.
Mentre continuano i negoziati e l’attività diplomatica dell’Onu, una soluzione al conflitto sembra ancora lontana: a mancare è soprattutto l’interesse delle parti belligeranti e la volontà di far valere il diritto internazionale, e da parte delle Nazioni Unite finora non si va oltre generiche dichiarazioni di preoccupazione sulla situazione di Gaza. I buoni propositi di Ban e Kerry non sembrano, per adesso, alleviare le sofferenze della popolazione di Gaza. Come è stato già scritto sulla Voce, la formula della "responsabilità di proteggere", che potrebbe portare fino alla decisione del Consiglio di Sicurezza per un intervento internazionale a protezione dei civili lasciati indifesi, fino a questo momento non fa parte delle carte giocate da Ban Ki-moon e Kerry per forzare il cessate il fuoco tra Hamas e Israele.
Intanto il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, con sede a Ginevra ha deciso di lanciare un’indagine indipendente per verificare se ci sono state violazioni dei diritti umani nei territori “occupati” da Israele, compresa Gerusalemme est. La decisione è arrivata con 29 voti a favore, 17 astenuti, tra cui l’Italia, e il solo voto contrario degli Stati Uniti. La risoluzione che è stata adottata è molto dura: al suo interno viene condannato il fallimento di Israele nel porre fine a un’occupazione dell’area che dura ormai da anni, perpetrando “diffuse, sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali”. Nel documento si chiede inoltre a Israele di riaprire immediatamente la striscia di Gaza e alla comunità internazionale di fornire urgentemente gli aiuti di cui la popolazione civile ha bisogno. Una squadra investigativa partirà presto per Israele per fare tutti gli accertamenti del caso.