Nei giorni passati ha preso forma un rigurgito: l’ennesimo rigurgito argentino sulle isole Falklands, che gli argentini chiamano Malvinas. Se ne è fatta interprete la Nazionale di calcio argentina: poco prima della partita amichevole con la Slovenia giocata il 7 giugno a La Plata, i campioni biancocelesti hanno esibito al centro del campo, sotto gli sguardi di una congrua folla di spettatori e dinanzi a schiere di fotografi e troupe televisive, un vistoso striscione su cui si leggeva, appunto, che “le Malvinas sono argentine”.
Qualcuno, a riguardo, deve aver dato l’”input”… Ma è pur sempre verosimile che artefici della plateale protesta siano stati i Nazionali argentini stessi, magari senza aver neanche informato in anticipo le autorità. Del resto si sa che il calciatore argentino per tradizione è un “passionale”, un “istintivo”: un “”sobillatore””. Gli piace scatenare “grandi passioni”: è più forte di lui… E’ sedotto dal desiderio d’attirare su di sé l’attenzione. Adora il gesto eclatante, il gesto provocatorio, come provocatorio fu il goal segnato deliberatamente di pugno da Diego Armando Maradona nel match dei Mondiali del 1986 proprio contro l’Inghilterra… Gesto provocatorio, anti-sportivo, disonesto.
Comunque sia, la questione Falklands-Malvinas rappresenta uno dei nervi scoperti della società argentina. Basta poco a farlo vibrare, basta poco ad accentuarne di volta in volta l’indolenzimento. Ma che le Falklands siano argentine, è uno dei falsi storici più grossi della Storia. Un falso avallato di volta in volta da vari governi argentini, da folle di argentini. Avallato dall’intera società argentina? No davvero. La società argentina non è per nulla di fibra omogenea; è un insieme sociale, morale, intellettuale composito, ‘frastagliato’, interessato da sfumature. L’Argentina attraverso i secoli ci ha dato grandi pensatori (basti citare il Borges per il quale il Calcio era “la dannazione, la rovina” del popolo argentino…); scienziati, registi cinematografici e teatrali di alto valore. Nel Novecento ci ha dato una gioventù che non esitò a lanciare la sfida al potere preso ed esercitato dall’efferato Generale Videla. La gioventù dei tragicamente famosi “desaparecidos”, vittime di terrificanti forze manichee. Una bella gioventù, aperta alle Arti, aperta al cosmopolitismo, fornita di un’ammirevole curiosità intellettuale. Giovani generosi, influenzati da un alto senso dell’Amicizia, da un senso simile a quello dei Romani, simile a quello degli studenti di Oxford dell’Otto e del Novecento.
Ma dopo quel popò di sacrificio, pochissimi anni dopo le “misteriose sparizioni”, e mentre masse di argentini reclamavano giustizia e verità, chi è che va a Buenos Aires va al potere? Ci va un altro militare… Ci va il Generale Galtieri, il quale, nei primissimi mesi del 1982, ha un’idea “brillante”, “rivoluzionaria”: occupare le Falklands, unire per legge le Falklands alla “”Madrepatria””… Galtieri: un altro improvvisatore, un altro personaggio ‘buffo’, buffo e assai nocivo. Uno da “colore locale”… L’amante dell’esteriorità, del colpo a effetto. Causa di disastri.
Si sa come andò a finire. Sotto il Governo Thatcher, gli inglesi reagirono “da inglesi”: in tempi sbalorditivamente rapidi, la Flotta di Sua Maestà britannica fece rotta sulle Falklands, le raggiunse, vi rovesciò il peso, schiacciante, dei fanti, dei marines, dei carristi, dell’artiglieria. La reazione del Regno Unito fu quindi energica, implacabile. Per l’Argentina la sconfitta fu durissima. Fu umiliante. Nel giugno del 1982, le Falklands, occupate a marzo dalle truppe argentine, tornavano sotto la tutela di Sua Maestà. La Pax Britannica vi si riaffermava.
Non sono mai state argentine le Malvine… Solo un nugolo di Spagnoli, un pugno di gauchos vi soggiornarono, di volta in volta per tempi assai brevi. Nessun argentino è nato nelle Malvine. Il Lavoro argentino è estraneo alle Falklands. Nulla hanno mai costruito su quelle isole gli argentini. Le Falklands sono britanniche. Situate in fondo all’Atlantico, a 500 chilometri dalla costa meridionale della Patagonia, furono scoperte nel 1690 da un Capitano di Marina inglese, un John Strong che così le battezzò, in onore del Quinto Visconte di Falkland, membro dell’Ammiragliato. Furono popolate a partire grosso modo dal 1850 da pescatori, pastori, agricoltori, artigiani di ceppo scozzese, di ceppo gallese. Poi arrivarono tedeschi, svedesi, norvegesi che subito s’integrarono nella società locale piuttosto “celtic”.
Quindi, non si venga a dire che le isole Falklands appartengono all’Argentina. Non avvaloriamo, no, un falso storico, e intellettuale, di siffatte dimensioni. Le Falklands britanniche sono esempio di libertà, giustizia, stabilità. Costituiscono pure un altro esempio: quello dell’egalitarismo spontaneo, espressione anch’esso di libertà, di armonia sociale.
L’Argentina ha fatto i conti col passato. E’ rimasta nel suo profondo traumatizzata dalla ferocia del regime imposto nel 1976 da Videla e mortificata, eccome, dal conflitto con la Gran Bretagna. La società argentina è tanto erudita, sofisticata, conscia dei valori della libertà e della giustizia, quanto legata tuttora a spinte “popolaresche”, a indirizzi “pittoreschi”, al concetto di “sferriamo l’attacco, poi staremo a vedere”… Abbiamo perciò a che fare con due “Argentine”: quella democratica, intrisa di cultura, tesa all’ulteriore miglioramento intellettuale, morale, sociale e scientifico; e quella che vive di “immediatezza”, che crea miti fasulli, segue i falsi ‘eroi’, si fa ammazzare per i falsi ‘eroi’; pronta poi a ricominciare…
Un altro sbarco argentino nelle Falklands ora sarebbe comunque da escludere. Ma si apprende che, in base a rilievi di una certa ampiezza, nel sottosuolo delle Falklands si troverebbero giacimenti di petrolio. Per il bene degli argentini, degli inglesi, dei “Falklanders”, lasciamoli allora dove si trovano i giacimenti di petrolio…