La presentazione a New York, presso la libreria The Book Culture, della rivista East – global geopolitics, è stata l'occasione per un approfondimento sulla crisi in Ucraina, in particolare in relazione ai rapporti tra Russia e Unione Europea. Una voce fuori dal coro, quella di Giuseppe Scognamiglio, editore di East e presidente della Europeye (Scognamiglio è anche vicepresidente di Unicredit, banca operativa sia in Russia che Ucraina), rispetto al conformismo mediatico degli ultimi anni, tanto più sulla questione ucraina. Insieme a lui, per porre le domande poi allargate al pubblico, Stefano Vaccara, direttore de La VOCE di New York e corrispondente dalle Nazioni Unite anche per Radio Radicale.
La copertina di East – rivista italiana, in lingua inglese, che vede importanti collaborazioni internazionali ed è distribuita in 21 paesi – ritrae un granitico Vladimir Putin elegantemente vestito sotto al titolo “Il diavolo veste Putin”. Ma se il titolo è quanto mai efficace e il pensiero comune concorda sicuramente, la situazione non è così semplice, come scrive Scognamiglio nel suo editoriale sul numero in uscita il primo maggio: “Prima di arrivare a Putin ci sono almeno tre principali responsabili della crisi ucraina, una crisi estremamente grave e complessa che da un momento all'altro potrebbe andare fuori controllo. Il primo responsabile è sicuramente la NATO, e in particolare il segretario generale Rasmussen: da settembre a dicembre, momento in cui la crisi è esplosa, non c'è stata una sola dichiarazione ragionevole da parte sua. Non ha capito la situazione, i poteri in gioco, ha completamente mancato l'obiettivo. L'altro grande responsabile è l'Unione Europea, debole, confusa, senza un rappresentante unico e autorevole, guidata dalla Polonia e dalla Lituania nel suo semestre di presidenza. E' stata una follia lasciare la leadership e le decisioni principali a due paesi la cui posizione verso la questione ucraina, per profonde ragioni storiche, sociali, economiche, è quanto mai complessa. Infine la classe dirigente ucraina degli ultimi anni, decisamente non adeguata, a guardar bene sarebbe difficile salvare qualcuno…”
Se queste sono le responsabilità, le colpe in alcuni casi – come ad esempio l'offerta irrisoria all'Ucraina da parte dell'Unione Europea di 200 milioni di euro, a fronte di un debito che il paese ha con la Russia di 25 bilioni – quale può essere la possibile soluzione? Secondo Scognamiglio può essere quella legata alla questione energetica, che non è stata certamente la causa della crisi ma potrebbe essere una soluzione, perché sulla questione energetica c'è interdipendenza tra Unione Europea, Russia e Ucraina. In particolare, occorre fare attenzione a un punto: tutti sappiamo che i paesi europei dipendono in gran parte dal gas russo, ma non è che il ricatto sia univoco, come spesso viene sottolineato, perché la Russia vende il 79% del gas che produce all'Europa. Quindi, se viene meno l'Europa come acquirente principale, a chi lo vende la Russia il gas? Per venderlo alla Cina, servono dieci anni per costruire le infrastrutture che lo rendano possibile, e lo stesso vale per l'Europa, qualora decida di comprarlo altrove, dagli Stati Uniti, per esempio.”
E gli Stati Untiti, appunto, in tutto questo, che ruolo hanno e possono avere? “Gli Stati Uniti in realtà non hanno grande interesse in questa crisi" dice Scognamiglio. "Inoltre, così come l'Europa, anche gli Stati Uniti hanno chiuso le opzioni a Putin invece che aprirle, perché a mio avviso vogliono prendersi una rivincita rispetto alla sconfitta diplomatica che hanno subito in Siria, là dove non sono stati in grado di trovare una soluzione, che è invece stata trovata da Putin.”
A questo proposito, Stefano Vaccara ricorda un recente articolo d'opinione uscito sul New York Times, in cui il Prof. dell'American University Keith A. Darden avverte come nessuno dei giocatori in campo stia dicendo non certo la verità, "quella è impossibile" – sottolinea ironicamente Vaccara – ma nemmeno proponga una versione che si avvicini anche di poco alla verità, una spiegazione che sia verosimile, in una continua manipolazione dell'informazione, riferendosi non solo a Russia e Ucraina, ma anche all'Unione Europea, e agli Stati Uniti, in nome di un consueto e consolidato 'conformismo culturale'. Il problema vero è che nessuno dice quello che sta succedendo.” Questo è pericoloso, sottolinea Vaccara, se pensiamo che basta un incidente per far scoppiare la guerra: "Almeno a Sarajevo un principe fu effettivamente assassinato, ma qui si rischia l'abisso per un incidente mangari inesistente, inventato da notizie false" conclude Vaccara.
Questa sembra essere la chiave, infatti, del panel ma anche e soprattutto della crisi ucraina: da una parte la vaghezza e il conformismo dei media internazionali e dall'altra la vaghezza e l'indecisione da parte dell'Unione Europea, il soggetto principale di cui si è dibattuto in quest'occasione, un'Europa che è arrivata troppo tardi, e con un'offerta troppo misera. Too little, too late, appunto.
Per ora rimane una domanda senza risposta: la UE vuole o non vuole che l'Ucraina entri in Europa? E cosa vuole ed è disponibile a fare l'Europa per rendere possibile una soluzione? “I punti che possono portare a una soluzione sono principalmente due: una nuova costituzione ucraina, come concordato a Ginevra, che garantisca maggior potere e autonomia alle autorità locali (e alle minoranze), e la neutralità dell'Ucraina. E invece la UE continua a confondere il fine con il mezzo – conclude Scognamiglio – le sanzioni non possono essere la soluzione, l'unica soluzione possibile è la mediazione. Anche con Putin.”