Alle Nazione Unite, venerdi una importante conferenza sulla pena di morte, organizzata dall’Alto Commissario per i diritti umani (OHCHR) e in cui ha partecipato anche il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon. Sotto torchio sono finiti soprattutto gli Stati Uniti, con degli interventi e testimonianze che condannano senza appelli quei sistemi giuridici che ancora prevedono la pena capitale.
Intitolata “Moving Away form the Death Penalty – Wrongful Convictions” (Allontanarsi dalla pena di morte – Le condanne ingiuste), alla conferenza ha partecipato anche Damien Echols, uno dei cosidetti “West Memphis Three ”, un famoso caso in cui tre ragazzi – Jesse MissKelley, Jason Baldwin e appunto Damien Echols, unico ad avere già 18 anni– nel 1993 furono arrestati e condannati a morte per l’omicidio di tre bambini di otto anni, Christopher Byers, Stevie Branch e Michael Moore. Echols rimase nel braccio della morte per 18 anni prima di essere rilasciato nel 2011, come anche MissKelley e Baldwin, dopo l’introduzione di nuove prove del Dna. Terribile la descrizione di Echols durante l’intervento alla conferenza delle torture fisiche ed emotive durante la detenzione, sofferenze subite per un delitto che non aveva commesso e per cui ha rischiato di essere giustiziato con la pena capitale. Il giorno prima della conferenza è stato mostrato in na sala dell’ONU il film West Memphis, il documentario del 2012 pluripremiato che appunto segue gli eventi del caso dei “West Menphis Three”.
Il Segretario Generale Ban Ki Moon, nel suo intevento in apertura dei lavori della conferenza, ha esortato tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite di andare avanti verso l’abolizione della pena di morte, richiamando i paesi dove la procedura è ancora eseguita di aumentare la trasparenza per consentire un serio dibattito sulla pena capitale. “Togliere la vita è troppo assoluto e irreversibile per essere una pena inflitta da un essere umano all’altro, persino quando si ha il sostegno di un processo legale” ha detto Ban Ki-moon. “Dobbiamo evitare che persone innocenti possano pagare con l’ultimo sacrificio per un errore di giustizia. E la migliore e più sensibile soluzione, è abolire la pena di morte” ha detto Ban.
Il dibattito è stato moderato da Ivan Simonovic, Assistente del Segretario Generale per i diritti umani, e faceva parte di un ciclo di conferenze al Palazzo di Vetro in cui alll’ONU si studia un percorso per come allontanare il più velocemente possibile l’umanità e tuttele nazioni della terra dalla pena capitale.
Dal 2007, l’Assemblea Generale ha adottato 4 risoluzioni appellandosi agli Stati per una moratoria sulla pena di morte in attesa di una sua completa abolizione. Fino ad oggi circa 150 nazioni dell’Onu, su 193 stati membri, hanno abolito la pena di morte o non l’hanno più eseguita.
Il Segretario Ban Ki Moon, nel suo discorso, riferendosi a Damien Echols presente in sala, ha detto che “lui è uno tra troppe persone che nel mondo hanno dovuto subire l’incubo dell’ingiustizia con in più la minaccia della pena di morte”. E quindi per evitare che persone innocenti possano essere giustiziate, “dobbiamo abolire la pena di morte” ha ripetuto Ban, che ha ricordato come il movimento abolizionista “adesso è composto da una sempre più crescente coalizione, da i difensori dei diritti umani, da organizzaioni di diritti civili e leader religiosi, da magistrati e poliziotti, politici e familiari delle vittime di omicidi” ha detto Ban nel suo discorso. Ban ha esortato il dibattito sulla pena di morte a continuare fino a quando il mondo “si sarà liberato da questa crudele punizione” ricordando come la moratoria globale è un passaggio verso la progressiva abolizione della pena capitale in tutto il mondo.
Dal 2007, l’Argentina, il Burundi, il Gabon, la Lettonia, il Togo, là Uzbekistan hanno abolito la pena di morte. Nell’ultimo anno anche il Benin e la Mongolia hanno iniziato le procedure per abolirla. Ban ha ricordato anche che negli Stati Uniti, lo stato del Maryland a maggio è diventato il 18esimo stato dell’Unione a rigettare la pena di morte. Ma ci sono anche altre paesi, come la Nigeria e la Papua Nuova Guinea, che hanno ripreso le esecuzioni dopo che avevano rispettato una moratoria per tanti anni, e Ban Ki-moon si è appellato affinche ci ripensino a ristabilire una pratica cosi disumana.
La conferenza era incentrata sull’errore giudiziario, di come essendo qualunque sistema giuridico al mondo un prodotto umano e quindi inevitabilmente fallibile, l’abolizione della pena capitale resta l’unica soluzione per poter rimediare agli errori giudiziari. Tra gli interventi, anche quello del Professor Brandon Garrett, autore di un libro che ha studiato tutte le volte che il sistema giudiziario americano ha commesso degli errori condannando degli innocenti, che ha affermato che in nessun paese sono stati trovati cosi tanti condannati che poi, grazie al test del DNA, si sono rivelati innocenti. Ci sono stati oltre 300 casi negli Stati Uniti. Ora constatare quanto sia fallibile il sistema giudiziario di un paese avanzato come gli Stati Uniti, dovrebbe essere la prova schiacciante del perchè la pena di morte non dovrebbe essere mai applicata.
Abbiamo notato che alla conferenza ha partecipato, senza intervenire ma solo da spettatore, anche Raffaele Sollecito, l’ex studente che fu condannato con la studentessa americana Amanda Knox per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, avvenuto a Perugia il 2 novembre 2007. Poi nel giudizio di appello Sollecito e Knox furono assolti, ma adesso la Cassazione ha accolto il terzo livello di giudizio e i due giovani rischiano di essere nuovamente condannati per omicidio. Sollecito è stato invitato alla conferenza da una attivista del “Innocence Project”, Hannah Riley, per ascoltare l’intervento di Damien Echols sul suo calvario di 18 anni nel braccio della morte. Non c’era stato nessun annuncio della presenza di Sollecito in sala. Quando l’abbiamo riconosciuto e avvicinato, gli abbiamo chiesto se potevamo porgli qualche domanda. Sollecito è stato cortese, ha detto che era molto interessato al caso di Echols perchè ci vedeva degli aspetti simili al suo, ma non ha accettato di rispondere a delle domande in quel momento, dandoci invece un altro appuntamento a New York per una intervista. Presto vi faremo sapere.
Questa è la trascrizione della corrispondenza dal Palazzo di Vetro dell'ONU di Stefano Vaccara per Radio Radicale andata in onda nel notiziario di sabato 29 giugno.