Adesso, siamo certi che è arrivata l’estate perché sentiamo già l’effetto delle alte temperature e dello scirocco che proviene dal Sahara e da altre regioni del nord Africa. I servizi televisivi continuano a spiegarci come trovare refrigerio in campagna o al mare, leggendo tutte le notizie che riportano i giornali.
In questo momento, abbiamo questioni molto importanti nel nostro Paese: Fiorello non c’è nei nuovi palinsesti Rai, Barbara D’Urso che non condurrà più “Pomeriggio 5”, la giornalista Bianca Berlinguer ha lasciato la Rai per trasferirsi a Mediaset, il testamento di Silvio Berlusconi, che sta facendo discutere tantissimo, e tanti altri comunicati di gossip.
Mentre ci poniamo questi “enormi problemi”, l’Istat, nel suo ultimo report, ci dice che nei prossimi vent’anni l’Italia andrà incontro ad un disastro demografico, mai visto e immaginato.
Infatti, l’Istat, nel Rapporto annuale 2023 sulla curva demografica, rileva numeri piuttosto allarmanti. Nei prossimi trent’anni la popolazione residente diminuirà, perché i decessi aumentano e le nascite diminuiscono. Il fenomeno si chiama tecnicamente “inverno demografico” e sottolinea l’Istat che si tratta di “uno scenario in cui di anno in anno la popolazione vede ridurre la sua capacità di rinnovarsi per effetto dell’apporto quantitativo dato dall’ammontare delle nuove generazioni” e sarà difficile coprire i costi.
La Stampa, attraverso un articolo di Paolo Baroni, riporta le percentuali: “il consistente calo delle nascite registrato nel 2022 rispetto al 2019, circa 27 mila nascite in meno (siamo scesi sotto quota 400 mila) è dovuto per l’80 per cento alla diminuzione delle donne tra 15 e 49 anni di età e per il restante 20 per cento al calo della fecondità (1,24 figli in media per donna nel 2022 rispetto agli 1,27 del 2019). Di contro i decessi hanno toccato quota 713 mila. A fine 2022 la popolazione residente ammontava così a 58.850,717 unità, 179.416 in meno di un anno prima. Tra il 2021 e il 2050 in Italia si stima una riduzione della popolazione residente pari a quasi 5 milioni, fino a poco più di 54 milioni”.
Ormai, da anni assistiamo alla riduzione della natalità. Il Governo Meloni ha puntato sulla leva fiscale per far fronte al calo demografico ma, pur essendo uno strumento consolidato in tutte le più avanzate democrazie europee, non basta.
È necessario attivarsi su più fronti: il tempo pieno scolastico, gli investimenti sulle scuole di ogni ordine e grado, partendo anche dagli asili nido. Il sistema scolastico deve essere curato, preservato e deve diventare un elemento fondamentale delle strategie di crescita della nostra nazione. Bisogna migliorare il Servizio sanitario nazionale che deve essere in grado di seguire e di accompagnare una donna in tutte le fasi del concepimento di un figlio.
La questione è difficile e non può essere fronteggiata solo con le agevolazioni fiscali che oggi ci sono e domani, causa tagli di bilancio, potrebbero non esserci più con la conseguenza di lasciare da sole le famiglie.
Gli italiani fanno meno figli e il problema va analizzato non solo dal punto di vista economico ma anche, e soprattutto, dal punto di vista culturale.
Purtroppo, la notizia è stata quasi ignorata, perché siamo impegnati a discutere e a litigare sui prossimi programmi e conduttori televisivi. Invece, è opportuno continuare ad ascoltare la voce diretta dei ragazzi ovvero di quelli che saranno gli uomini e le donne del futuro. Le istituzioni devono attuare un piano di investimento economico e anche educativo per le famiglie e per le nuove generazioni.
Tutti gli attori della società devono comprendere le fragilità di questo periodo storico, cercando di supportare le categorie più deboli. Bisogna garantire un sistema e una governance efficace per mettere a frutto le risorse a livello nazionale ed anche euro