Ormai da qualche settimana su Instagram domina un trend che sta davvero spopolando. Sicuramente molti di voi avranno notato, all’interno delle storie di Instagram, un box che contiene questa frase: “Fammi una domanda anonima”. Il merito è di NGL, un’applicazione nata per tentare di mettere in pratica l’anonimato.
NGL è l’acronimo di “non dirò bugie” (in inglese). Molto facile da utilizzare: basta scaricarla e creare il link da incollare nella nostra storia o nel nostro profilo Instagram. A questo punto il gioco è fatto! I followers possono inviarci messaggi anonimi. I messaggi vengono visualizzati nella casella di posta NGL e cliccando su “rispondi” possiamo pubblicare i messaggi sulla nostra storia di Instagram.
In poco tempo l’app ha ottenuto 7,5 milioni di download globali, secondo il report di APPtopia, diventando l’app più scaricata del mese di giugno dell’App Store negli Stati Uniti.
Tante sono le app che hanno cercato di percorrere la strada dell’anonimato: Ask.fm, Curious Cat, Yik Yak, Yolo e LMK. Adesso tocca a NGL… Quindi nulla di nuovo sotto il sole, poiché non si tratta di una novità che ci sconvolge. Sì, perché Ask.fm e Tellonim permettono di rendere anonimi i loro contenuti. Il problema più grave è che tutte le aziende che producono queste applicazioni, ora lo sostiene anche anche NGL, ritengono che non ci sia nessun tipo di pericolo e che l’algoritmo cattura eventuali messaggi di odio o di insulto particolare.
Infatti, sul sito ufficiale si legge: “Per garantire la sicurezza dei nostri utenti utilizziamo una delle migliori intelligenze artificiali per la moderazione dei contenuti. Il nostro algoritmo può rilevare il significato semantico degli emoji per estrapolare l’uso contestuale di emoji. Ciò significa che rimaniamo aggiornati sui trend, comprendiamo il gergo e sappiamo come filtrare i messaggi dannosi”.
In realtà, l’algoritmo cattura alcune parole in inglese, ma è probabile che in italiano non riesca ad identificare tutte le parole. Bisogna rendere l’applicazione sicura, serve un meccanismo avanzato che ancora non esiste e lo ha dimostrato la NBC attraverso un’inchiesta. Inutile negarlo: l’anonimato piace, agli adulti e anche ai giovani, e le mie recenti ricerche lo dimostrano. L’idea dell’anonimato ci rende forti e pensiamo di poter compiere qualsiasi gesto o scrivere qualsiasi cosa.
Ricordiamoci che un anno fa Yolo e LMK sono state sospese dopo essere state al centro di una causa in seguito al suicidio di un adolescente, vittima di cyber bullismo. Tanti spiacevoli episodi si sono verificati su Ask.fm e Tellonim. All’interno della dimensione anonima non mancano gli episodi di istigazione al suicidio e questo non è accettabile.
Un’emergenza vecchia che viene propinata con nuove applicazioni. Sappiamo già che in futuro ci saranno altre applicazioni, poiché favoriscono gli accessi alle piattaforme in diverse fasce orarie. Purtroppo, per i nostri ragazzi, e soprattutto i bambini, questa tipologia di applicazioni rappresenta un pericolo concreto.
Oggi, troviamo giovani iperconnessi ed esposti a rischi quali il vamping e fenomeni ben più gravi come: il cyber bullismo, il sexting, il revenge porn, il body shaming.
La mia Survey “La mia vita ai tempi del Covid-19”, ha cercato di indagare e di capire i comportamenti dei ragazzi e degli adolescenti rispetto all’uso delle tecnologie. L’occasione si è offerta in un momento storico eccezionale, la quarantena generalizzata in conseguenza della crisi sanitaria mondiale che ha investito pesantemente anche il nostro Paese.
I dati che sono emersi sono davvero interessanti. Il primo riguarda il numero di app che i ragazzi hanno dichiarato di avere a disposizione nei propri dispositivi mobili. Li ho definiti una galassia di algoritmi per gli scopi più diversi, sempre più spesso in una logica integrata, finalizzata alla migliore performantizzazione sul palcoscenico social-mediatico. Non solo dalle risposte dei ragazzi si evince che un numero significativo degli intervistati ha attivato un profilo social falso.
Insito nel DNA stesso di un falso profilo, è l’interiorizzazione di una visione distorta del principio di tutela della propria privacy. Nell’era liquido-moderna l’inganno è diventato centrale nei processi di comprensione del reale e la distinzione tra vero e falso non sia più percepita.
Il secondo dato ha aperto letteralmente la porta sulla grande questione che sta attraversando l’intera società: la proliferazione della disinformazione. Adolescenti sempre più “prodotto” di quest’era della disinformazione, vittime del sistema delle fake news, ne diventano protagonisti ritenendo normale utilizzare il falso per i propri scopi.
Noi adulti abbiamo il dovere di far qualcosa per i giovani che saranno gli adulti del domani. Dobbiamo allearci per dare un nuovo impulso al nostro sistema culturale. Solo la cultura e gli strumenti d’interpretazione della realtà possono sostenere gli individui e la società nel suo complesso.
Allora, puntiamo alla formazione delle famiglie e invertiamo il corso degli eventi, riproponendo quei valori che non esistono quasi più come ad esempio vivere l’amicizia al di fuori di uno schermo o il sentirsi parte di una comunità vera e reale. Ci vuole l’impegno di tutti e ci vuole la consapevolezza che non basta solo far fronte alle nuove esigenze educative, ma bisogna “curare” le emergenze e sanarle.
Lasciar soli i ragazzi, e sottovalutare i rischi, significa non comprendere le gravi criticità che sono emerse e che possono trasformarsi in tragedia.