Draghi sale al Quirinale. È l’effetto del probabile strappo del Movimento 5 Stelle con la maggioranza di Governo. Esecutivo, quest’ultimo, nato dalla caduta del Governo Conte II.
Ricordiamo tutti chi è stato Presidente del Consiglio prima di Mario Draghi: Giuseppe Conte, oggi capo politico dei grillini, non del grillismo (per chiarezza). Da questo passaggio possiamo ricavare, appunto, due direttrici sul piano politico: uno grillino, un altro grillista (si consenta la terminologia).
La prima può, in un certo senso, far riferimento a Giuseppe Conte. La seconda, pur per interposta persona, a Beppe Grillo via Luigi Di Maio. Qualcuno potrebbe dire che si tratti di fantascienza. Non è da escludere. Esiste il c.d. retroscenismo politico d’altronde.
Ricordate però i film di inizio secolo sul Metaverso o mondo parallelo? Bè il Metaverso non è più il futuro. È il presente. Se questo parallelo ha una sua dignità di utilizzo sul piano politico, allora, si può affermare che c’è un Movimento 5 Stelle evolutosi in ragione dell’esperienza della legislatura che si avvia alla fine. Ed è cosa diversa dal dire che una evoluzione ci sia stata per l’esperienza di Governo. Le due cose non si equivalgono perché quella di legislatura ingloba quella di esecutivo. Non vale il contrario e il motivo è scheletrico: Giuseppe Conte non interloquisce con Draghi da leader che siede in Parlamento o che ha avuto un lungo corso parlamentare.

Questa dinamica, se non ci si tira indietro dal qualificarla per come è in sé per sé, si chiama “vuoto politico” (che non per forza ha una accezione negativa). Cosa che, ad esempio, si sarebbe potuta colmare con le elezioni suppletive parlamentari mediante cui, invece, è entrato in Parlamento Enrico Letta. In quel momento Conte non era più in carica presidenziale e il Movimento 5 Stelle avrebbe potuto, se avesse davvero voluto, fare quanto doveva: consacrare Conte alla politica piena.
Ecco, tra vuoto politico e politica piena c’è una sottile ma concreta differenza. Tutti gli altri leader del panorama nazionale, salvo Berlusconi per le note vicende dell’ultimo decennio, sono anche parlamentari: Meloni, Salvini, Letta, Renzi, ora Di Maio. Già, proprio l’ultimo nell’ordine citato è il più legato al grillismo evolutivo.
Luigi Di Maio è riuscito ad incarnare il cambiamento non della politica italiana in quanto tale, ma della diversificazione concettuale politica che c’è tra il tonno e lo squalo (e anche qui non per forza in accezione negativa, ma prospettica).

Quanto appena spiegato rappresenterebbe una sorta di polarizzazione anche dell’elettorato 5 Stelle che ci sarà o che forse già c’è a cui, per onestà d’evidenza, va aggiunta la fisiologica dispersione per effetto di norme e scelte politiche che, nei due Governi Conte, hanno allontanato ben presto una grossa fetta di quel plebiscitario monte di voti presi nel 2018. Polarizzazione che, sotto forma parlamentare, si è consumata con la nascita del gruppo Insieme con a capo Luigi Di Maio. Se quest’ultimo sarà capace di instradare il tutto su una esperienza elettorale organica a livello nazionale per le prossime elezioni è presto dirlo.
Un fatto però è certo: Conte dovrà, per forza di cose, gravitare intorno al Partito Democratico; Di Maio, dal canto suo, intorno allo zoccolo centrale (non centrista, anche qui per dovere di chiarezza), leggermente spostandosi verso gli amici del Contratto di Governo: cioè la Lega.
È da qui che Draghi, senza cedimenti di sorta, potrebbe far partire una valutazione più ampia, ma cinica, in due passaggi dopo aver parlato con Mattarella salendo al Colle: dare un nuovo assetto all’esecutivo ovvero dal Governo Draghi al Governo di Draghi sino al 2023 per poi tornare ad un Governo Draghi con le nuove espressioni politiche che deriveranno dal taglio-parlamentari.
Anch’essa è una differenza sottile, ma concreta, non escludendosi una apertura ad un governo tecnico (ma non troppo), i cui componenti sarebbero designati proprio dai gruppi parlamentari con leader presenti nei rispettivi rami di Camera e Senato. Così facendo emarginando, di fatto, quel Movimento 5 Stelle di Contiano riflesso che stenta a dar peso a scranni parlamentari occupati (dagli eletti del 2018), ma svuotati in termini di appeal verso Palazzo Chigi ed il Colle.
Nel frattempo le riforme per il Paese diventano sempre più urgenti così come arrivare alla prossima legislatura con le idee chiare e politici a tempo pieno. Sperando che l’autostop, da semplice clic, non continui a generare passaggi impropri per entrare in Parlamento.