“Un dittatore, avrebbe potuto evitare la guerra“. “Vive in una bolla di disinformazione russa“.
È un botta e risposta asprissimo quello tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, ai ferri corti dopo che l’amministrazione repubblicana ha scelto di mettere agli angoli Kyiv e l’Europa privilegiando un canale diretto con il Cremlino per mettere fine alla guerra.
L’acme delle tensioni è stato raggiunto tra martedì e mercoledì. Quando Trump, in uno degli ormai consueti discorsi a briglia sciolta, si è detto sicuro che l’aggressione russa sarebbe potuta essere evitata se solo Zelensky (“un comico mediocre”) avesse veramente voluto farlo.
“Ho sentito che (gli ucraini) sono arrabbiati per non aver avuto un posto (ai colloqui)”, ha detto Trump martedì sera davanti ai giornalisti accorsi nel suo resort di Mar-a-Lago. “Siete lì da tre anni e non avreste dovuto nemmeno iniziarla. Avreste potuto fare un accordo”, ha aggiunto. Annunciando poi di voler incontrare di persona l’omologo russo Vladimir Putin “forse già prima della fine di febbraio“.
Le bordate MAGA si sono poi spostate sul piano della presunta illegittimità del leader ucraino. “In Ucraina non ci sono elezioni, c’è la legge marziale, e Zelensky è sprofondato al 4% di approvazione“, ha tuonato Trump. E ancora: “La maggior parte delle città è a pezzi. Gli edifici sono crollati. Sembra un enorme cantiere di demolizione”.
Il repubblicano ha rincarato esponenzialmente la dose mercoledì con un post su Truth Social: “Zelensky, un comico mediocre, ha convinto gli Stati Uniti a spendere 350 miliardi di dollari per entrare in una guerra che non poteva essere vinta, che non sarebbe mai dovuta iniziare, e una guerra che lui, senza gli Stati Uniti e ‘TRUMP’, non sarà mai in grado di risolvere“.
E ancora: “Si rifiuta di avere elezioni, è a picco nei sondaggi ucraini e l’unica cosa in cui era bravo era suonare Biden “come un violino”. Un dittatore non eletto che farà meglio a muoversi in fretta o non gli resterà un Paese.”
Mercoledì mattina era arrivata la prima, secca replica del leader ucraino: “Purtroppo il presidente Trump, per il quale nutriamo grande rispetto come leader del popolo americano, vive in questo spazio di disinformazione russo”.
L’ex attore 47enne – eletto nel 2019 con circa il 73% dei voti – ha poi fatto riferimento a un sondaggio condotto dall’Istituto Internazionale di Sociologia di Kyiv (KIIS) all’inizio di febbraio, secondo cui il suo tasso di approvazione attualmente si attesterebbe al 57%. Una percentuale che, come ha fatto polemicamente notare il suo ministro della Trasformazione digitale Mykhailo Fedorov su Telegram, sarebbe ben superiore a quella di Trump tra i concittadini (che secondo le ultime rilevazioni Reuters/Ipsos è ferma al 44%).
Dal 24 febbraio 2022 (giorno dell’invasione russa) l’Ucraina è sotto legge marziale. Quest’ultima, oltre a limitare alcuni diritti costituzionali – come la libertà di espressione, di riunione e di movimento – permette al Governo di sospendere la regolare convocazione delle elezioni parlamentari e presidenziali oltre la naturale scadenza dei rispettivi mandati. Una circostanza che il Cremlino ha però sfruttato per definire Zelensky come un usurpatore – e un interlocutore politicamente invalido in vista di futuri negoziati.
La questione divide i costituzionalisti tra chi sposa la tesi di Mosca e chi, come il costituzionalista Andriy Mahera, del Center of Policy and Legal Reform di Kiev, argomenta che “il presidente non perde automaticamente i suoi poteri cinque anni dopo il suo insediamento”, e che “i suoi poteri vengono rimossi solo quando il nuovo presidente eletto entra in carica, cioè dopo le elezioni”.

Spettatore in prima fila della rottura tra Kyiv e Washington è proprio Mosca. Mercoledì, il presidente Vladimir Putin ha elogiato i “progressi” raggiunti a seguito dei colloqui di alto livello tra Russia e Stati Uniti tenutisi martedì a Riad. “Abbiamo mosso il primo passo verso il ripristino della cooperazione in diversi ambiti di interesse comune“, le parole del leader del Cremlino citate dall’agenzia Interfaks.
Putin ha poi smentito la circostanza che le due potenze possano decidere il futuro del Paese aggredito senza consultare Kyiv. “Nessuno sta escludendo l’Ucraina“, ha chiarito da San Pietroburgo. “Non c’è bisogno di reazioni isteriche, ma è impossibile risolvere molte questioni, inclusa quella ucraina, senza un rinnovato rapporto di fiducia tra Mosca e Washington“.
Putin ha ribadito che la Russia non ha mai rifiutato il dialogo con Kyiv o con l’Europa. A chiudere le porte a qualsiasi trattativa, ha spiegato, sono stati proprio gli occidentali. “Non stiamo imponendo nulla a nessuno. Siamo pronti a negoziare, come ho detto centinaia di volte. Se vogliono, siamo disponibili a sederci al tavolo“.
E riguardo a un possibile summit con Trump sulla falsariga di quello tenutosi a Helsinki nel 2018, il leader russo si è detto pronto a pur sottolineando che l’incontro richiederà una “preparazione adeguata“.

Nel prosieguo dell’incontro con la stampa, il presidente russo ha anche annunciato che le truppe di Mosca avrebbero attraversato il confine dalla regione di Kursk, occupata dagli ucraini, e starebbero avanzando lungo la linea di contatto nella regione ucraina di Sumy. La notizia, smentita da Kyiv, segnerebbe il primo tentativo di avanzata russa in quell’area dal 2022, quando le forze di Mosca furono costrette a ritirarsi.
Secondo il blog militare ucraino Deep State, le forze russe sarebbero intanto avanzando ad ampie falcate verso Shevchenko, villaggio del Donetsk che ospita uno dei più importanti depositi di litio del Paese.
Le cospicue riserve ucraine di terre rare e minerali strategici hanno da tempo attirato la bramosia di Trump, che ha chiesto a Kyiv di garantire agli USA il 50% delle risorse minerarie strategiche del Paese come corrispettivo per i “350 miliardi di dollari” di aiuti forniti dal Pentagono (anche se Kyiv sostiene di averne ricevuti molti meno: circa 100 miliardi).
Secondo quanto riportato dal Telegraph, Trump avrebbe formalmente delegato il suo segretario del Tesoro Scott Bessent a chiedere “l’equivalente di circa 500 miliardi di dollari in terre rare”, materiali cruciali per l’industria tecnologica e militare, dai missili guidati ai veicoli elettrici. Zelensky, che pure settimane fa si era detto disponibile a trattare, ha respinto l’offerta e chiesto piuttosto che qualsiasi accordo sulle risorse sia vincolato a garanzie di sicurezza occidentali, secondo il Financial Times.
Molti esperti hanno comunque fatto notare come oltre un quinto delle risorse minerarie ucraine si trovi nei quattro territori attualmente occupati dalla Russia – o sui quali Mosca reclama sovranità – vale a dire le regioni sud-orientali di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Charkiv. Ma anche che il vero nodo USA non sia tanto l’accesso in sé ai minerali, ma la loro raffinazione, settore in cui il know-how cinese è nettamente avanti.
E qualora Trump riuscisse a vincere le resistenze ucraine, allestire le infrastrutture per l’estrazione e la lavorazione dei minerali richiederebbe anni, rendendo inverosimile per Washington colmare rapidamente il divario con Pechino.