Dimenticatevi l’orgia di troll e di fake news scatenata dalle centrali russe per inquinare le elezioni e avvelenare la democrazia nell’aborrito Occidente. Roba superata. Scalzata dall’irruzione irresistibile dell’intelligenza artificiale che si è affacciata prepotentemente per la prima volta sulla scena nella convulsa campagna per le presidenziali in Argentina. Dove il virtuale ha schiacciato il reale, in uno stordente caleidoscopio di locandine, foto, film, meme con cui i due candidati al ballottaggio – il peronista di centro Sergio Massa (51 anni) e l’anarcoliberista di destra Javier Milei (53 anni) – si sono sbizzarriti a mettere in cattiva luce l’immagine del rivale.
Il più martellante, probabilmente per ovviare alla naturale carica di violenza dell’avversario, è stato il candidato in apparenza moderato. Massa, sfruttando la piattaforma “Stable Diffusion” (un software messo a punto da un team di creativi, ingegneri e informatici) ha cercato di svecchiare l’immagine impolverata del peronismo e contemporaneamente di sottolineare come attentati alla democrazia gli estremismi messianici e populisti di Milei soprannominato “el loco” Che per mesi è intervenuto ai comizi con la motosega (per far metaforicamente piazza pulita del passato) e ha scagliato raffiche di insulti contro i peronisti corrotti e perfino contro Papa Francesco.
Ed ecco che Massa veste alternativamente i panni degli eroi sovietici della guerra antinazista, dei ghostbusters, di Indiana Jones, del padre della patria Josè de San Martin. E, nella notte di Halloween, rappresenta Milei come un mostricciatolo. Infine, qualche giorno dopo, spegne un apocalittico incendio di Buenos Aires ovviamente provocato dal “loco” Milei.
Che nel rispondere per le rime non si è fatto naturalmente pregare. Schernendo Massa, riprodotto artificialmente come un dittatore nella divisa militare della Cina comunista. E, in un curioso capovolgimento della sua immagine aggressiva, ricorrendo al mondo favolistico di Walt Disney quando lui – leone rabbonito – abbraccia teneramente Patricia Bullrich – raffigurata come un’anatra – dopo che la leader sconfitta della destra moderata ha deciso di appoggiarlo al ballottaggio malgrado i feroci scontri nella corsa per il primo turno.
Ad onor del vero la sfida delle provocazioni virtuali, pur spinta spesso ai limiti dell’offesa, si è svolta senza trucchi. L’influenza all’intelligenza artificiale era sempre preventivamente dichiarata, anche se era sottintesa l’aspettativa che l’elettore distratto o di bocca buona nel frastuono generale non sempre se ne rendesse del tutto conto. In un caso che poteva prestarsi a equivoci – un meme che abbondava di sarcasmo sul favore espresso da Milei alla vendita degli organi umani – Massa si è anzi reso conto di esagerare e ha fatto marcia indietro.

Non è chiaro quanto l’abuso di intelligenza artificiale possa influire sugli esiti del giorno della verità (domenica 17 novembre). Milei, leader de “La Libertad avanza” (che al primo turno aveva raccolto poco meno del 30 per cento dei suffragi) appare in leggero vantaggio (1 o 2 punti) negli ultimi sondaggi grazie proprio all’alleanza un po’ innaturale con la Bullrich (eliminata nel primo confronto con il quasi 24 per cento dei voti). Massa, “Union por la Patria”, che con quasi il 37 per cento dei suffragi era balzato sorprendentemente in testa il 22 ottobre, avrà però l’appoggio dei radicali e dei movimenti civici che si sono sganciati da “Juntos por el Cambio” (l’unione capitanata dalla Bullrich).
AI 35 milioni di elettori più che un candidato autorevole toccherà scegliere il male minore. Da un lato c’è Massa, peronista anomalo considerato per la sua moderazione un po’ “democristiana” un argine della democrazia e in nome della stabilità delle istituzioni con forti appoggi internazionali (Stati Uniti, Cina, Brasile, Fondo Monetario). Ma pur sempre corresponsabile come ministro dell’Economia dello sfascio in cui l’ultima versione del sempiterno peronismo ha precipitato il paese: 140 per cento di inflazione, quasi la metà degli argentini sotto la soglia di povertà.
Dall’altro Milei, che da d’economista di rottura spinge la sua demagogia visionaria verso l’eversione: liberarsi di tutto l marciume per ripartire da zero. Scavalcando entrambi i suoi idoli Donald Trump e Jair Bolsonaro nella volgarità dialettica e negli obiettivi: distruzione della Banca Centrale, riduzione dei ministeri, lotta all’aborto e al femminismo, privatizzazione dei club calcistici sul modello inglese. Ma che promettendo meno tasse e crociate contro le ruberie e la corruzione può sfruttare il disgusto delle classi medio-alte e dei giovani perlopiù sottoccupati per la stagione troppo assistenziale e anche troppo pasticciata del kirchnerismo.
Nell’ultimo duello televisivo Massa, che ha rimontato la corrente usando l’arma delle elargizioni a pioggia a favore delle masse più povere e ha pure il sostegno di quasi tutte le associazioni progressiste, ha vinto nettamente su un Milei poco convincente nella difesa delle sue campagne più estreme. Per tutta risposta “el loco” ha dato del delinquente all’avversario di cui in gioventù, in una delle sue tante giravolte, era stato collaboratore. Massa, per niente imbarazzato, lo ha allora invitato ad andare al Palazzo di Giustizia a denunciarlo e, per evidenziare la sua mancanza di equilibrio, a sottoporsi insieme con lui a un test psico-attitudinale. Offerta che Milei ha sdegnosamente respinto. Pur in un paese avvezzo agli psicodrammi non si ricorda una vigilia elettorale così incandescente. Domenica vinca il meno peggiore.
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