Hezbollah in Libano, l’Iran, gli houthi in Yemen. Una coalizione di sciiti contro Israele sarà la prossima devastante fase del conflitto mediorientale? Sono anni che i servizi segreti di mezzo mondo cercano di dare una risposta a questo interrogativo. E sono anni che gli analisti di mezzo mondo formulano teorie, equazioni per poi, minuti dopo, ipotizzare, talvolta accreditare l’esatto contrario.
“Failures Leading Up to the Hamas Attack That Changed Israel Forever” è uno dei tanti titoli usciti sulla versione in inglese del quotidiano israeliano Haaretz in questi giorni. Il totale fallimento da parte degli analisti dello Shin Bet, del Mossad, dell’Intelligence militare e anche degli esponenti politici del governo guidato da Netanyahu, da anni considerato mr.security , mette Israele – e non solo – di fronte a una serie di interrogativi e decisioni molto più complesse di quelle in passato legate a Hamas. L’attacco dei militanti integralisti palestinesi ha “cambiato per sempre Israele”. Un errore di valutazione simile potrebbe portare alla distruzione stessa di Israele.
L’altro giorno il vice leader di Hezbollah, Sheikh Naim Kassem, ha affermato che Israele pagherà un prezzo elevato se inizierà l’offensiva di terra nella Striscia di Gaza e ha sostenuto che il suo gruppo è già “nel cuore della battaglia”. Aumentare la pressione – ha spiegato – sul confine tra Libano e Israele ha il chiaro scopo “di indebolire il nemico israeliano e fargli sapere che siamo pronti”. Per capire la portata della minaccia bisogna innanzitutto capire cosa è Hezbollah. Il Partito di Dio è nato in Libano nel 1982. Ed è cresciuto come forza militare e forza politica libanese con l’aumento della sua popolazione musulmana sciita, da sempre considerata la componente meno ricca, meno apprezzata, del piccolo paese sulla rive del Mediterraneo a nord di Israele.
Le regole della fragile democrazia libanese, uscite dallo stesso progetto coloniale anglo-francese che aveva gettato le basi per la spartizione della Palestina e la creazione di Israele, erano legate ai diversi componenti della società che Parigi aveva gestito dalla fine dell’impero ottomano: Il Patto Nazionale del 1943, mai formalizzato per iscritto, prevede infatti la divisione delle cariche fra i principali gruppi religiosi: il presidente: cattolico maronita; il primo ministro: musulmano sunnita; il presidente del parlamento: musulmano sciita; il comandante delle forze armate libanesi: maronita; e altri alti funzionari: greco-ortodossi o drusi. Il patto è ancora considerato valido.
Finora, il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha evitato di parlare della crisi attuale: un’assenza che fa parte degli elementi delle analisi. Il suo silenzio potrebbe vuole dire che con le sue milizie vuole mostra una presenza nella crisi Hamas-Israele ma non è disposto a tradurre la solidarietà in guerra aperta. (E, così, nemmeno l’Iran intenderebbe andare oltre le piccole operazioni di disturba). Grazie agli aiuti arrivati dagli ayatollah, l’ala paramilitare di Hezbollah è considerata non solo più potente dell’esercito regolare libanese ma, secondo Israele, della maggior parte delle forze armate arabe.
Meno di quindici anni fa, ascoltai a Tel Aviv un ufficiale dei servizi d’Intelligence militare, parlare dell’arsenale missilistico di Hezbollah. Diecimila razzi e missili, disse, qualcuno anche di capace di raggiungere Tel Aviv. “Se ci dovessimo sentire minacciati la nostra aviazione appiattirà il Libano ma loro avrebbero uno o due giorni per ferirci pesantemente”. Nel 2010 Robert Gates, allora segretario alla difesa degli Stati Uniti, durante una conferenza stampa con il suo omologo israeliano aggiunse: “Siamo al punto in cui Hezbollah ha molti più razzi e missili della maggior parte dei governi del mondo”.
Da allora, Hezbollah è diventato ancora più forte. Secondo le ultime stime pubbliche, Hezbollah ha circa 150.000 razzi e missili, la maggior parte con una portata di poche decine di chilometri ma un numero sostanziale può raggiungere obiettivi situati a centinaia di chilometri dal Libano. Ossia Tel Aviv e anche più a sud, le comunità israeliane nel deserto e la centrale nucleare situata a Dimona.
Secondo un articolo recentemente pubblicato dall’Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale, Hezbollah ha circa 40.000 razzi di tipo Grad a corto raggio; 80.000 razzi Fajr-3 e Fajr-5, Khaibar e Ra’ad a medio-lungo raggio; e 30.000 razzi Zelzal a lungo raggio e missili Fateh-110 (M600). Hezbollah avrebbe anche ricevuto un numero limitato di missili di tipo Scud dalla Siria. Diverse centinaia di missili Fateh-110, che trasportano circa 500 chilogrammi (1.100 libbre), “sono dotati di precisi meccanismi di navigazione basati su GPS e hanno una notevole precisione e potenziale distruttivo”, secondo il rapporto. L’esercito e il ministero della Difesa, scrive il quotidiano israeliano Haaretz, stimano che Hezbollah possa sparare diverse migliaia di razzi nei primi giorni di guerra e continuare con 1.500 al giorno per il resto. Durante la seconda guerra del Libano nel 2006, Hezbollah sparò circa 200 razzi al giorno.
Queste valutazione sono giudicate abbastanza precise e si bassa anche su queste l’avvertimento del primo ministro Netanyahu che mentre visitava i reparti israeliani sul fronte nord ha detto che Hezbollah commetterebbe “l’errore della sua vita” se scegliesse di entrare nel conflitto. “Lo paralizzeremo con una forza inimmaginabile” ha continuato, dicendo che il risultato sarebbe “devastante” per il Libano.
Nell’analizzare il quotidiano rinvio dell’operazione di terra a Gaza, la stampa americana cita anche la preoccupazione di Biden di trovarsi in un più vasto conflitto regionale che “potenzialmente potrebbe coinvolgere l’Iran”. Gli americani vogliono più tempo per prepararsi agli attacchi dei gruppi sostenuti da Tehran, che secondo loro si intensificheranno dopo l’invasione. Il Dipartimento di Stato ha ordinato ad alcuni dipendenti governativi e familiari di lasciare l’ambasciata americana a Baghdad; agli americani – sono molti i libanesi con doppia nazionalità – è stato consigliato anche di lasciare il Libano. Il Pentagono sta inviando altri sistemi di difesa missilistica nella regione. In Israele – non va dimenticato – alle comunità di israeliani lungo il confine settentrionale è stato ordinato di sgomberasi e sposarsi a sud così come quelli del sud vicino a Gaza sono stati ordinati di trasferirsi ad almeno venti chilometri più a nord della striscia.
In questo clima di totale incertezza può succedere di tutti. Israele è in allerta. Le forze armate americane sono in allerta. Ma un attacco improvviso da parte di Hezbollah o dall’Iran è teoricamente possibile. Così come Israele, ferito nel suo cuore e nel suo orgoglio dopo l’assalto sorpresa compiuto da Hamas, potrebbe anticipare “a sorpresa” Hezbollah in Libano. E forse bombardare anche l’Iran per distruggere, o almeno ritardare, ogni progetto nucleare degli ayatollah.