Accogliere o non accogliere, e come? La reputazione di New York come ‘stato santuario’ per i migranti è stata messa a dura prova quest’anno dall’afflusso record di arrivi, e le autorità locali, dal sindaco di New York City Eric Adams alla governatrice Kathy Hachul, fanno appello al governo federale.
Si calcola che ci siano circa centomila nuovi aspiranti rifugiati – in larga parte a New York City, di cui 60,000 sono ancora a carico dell’amministrazione, scrive il New York Times Lunghe file di migranti ai rifugi, strutture al collasso, appelli ripetuti, proteste da alcuni giornali locali sono diventati pane quotidiano (il New York Post scriveva in aprile che “la nostra frontiera sud è diventata un’autostrada per il paradiso” e che “il caos dell’immigrazione” fa capire come “milioni di persone abbiano il privilegio di essere al di sopra della legge”, ovvero i migranti). L’afflusso nello Stato non accenna a diminuire: nella settimana 21-27 agosto sono arrivate altre 2,900 persone secondo i dati del Comune di NYC
Uno “stato santuario” è un luogo – come accade in parecchie contee di New York – che rifiuta di collaborare e consegnare alle autorità federali i dati delle persone arrivate irregolarmente – in sostanza, impedendo che siano deportati. A fine agosto, il sindaco Eric Adams con i leader sindacali e oltre 120 leader del mondo degli affari ha varato la campagna “The American Dream Works” lanciando un nuovo appello a Washington. Non per cacciare i migranti, ma perché il governo federale faciliti la concessione dei permessi di lavoro, mettendo i richiedenti asilo in grado di mantenersi subito legalmente (e non gravare, o gravare meno, sulle finanze pubbliche locali).
La concessione dei permessi di lavoro è regolata dal Dipartimento di Stato ed è possibile solo tre mesi dopo aver presentato richiesta d’asilo, ma possono passare anche molti mesi.

Però l’accoglienza è un tema scottante per tutti i politici, e il problema è lo stesso dalle due parti dell’Atlantico, nel nord America come in tutta l’Unione Europea (le due destinazioni privilegiate per chi si mette in viaggio in cerca di una vita migliore). Dei migranti e della loro forza-lavoro, soprattutto in ruoli di servizio (colf, taxisti, baby-sitter, badanti, operai, camerieri, commessi) c’è bisogno; tuttavia, i migranti sono un’arma elettorale impropria, facilmente brandita a scopi propagandistici. In campagna per le presidenziali 2024, Donald Trump – se avrà la nomination repubblicana – continuerà a battere sulla “minaccia” che rappresentano per l’economia e lo stile di vita americano, e i democratici – come Joe Biden – ritengono di non potersi permettere atteggiamenti morbidi di fronte alla necessità di conquistare voti al centro, i voti degli elettori in crisi per motivi economici o perché temono che le loro tradizioni si sbriciolino.
Nell’impostazione, le politiche da destra e da sinistra nei confronti dei nuovi arrivi non sono molto diverse. A destra si tende a fare proclami, annunciare e mettere in pratica qualche angheria in più: per esempio Donald Trump separava i bambini dalle madri, e in Italia il governo di destra guidato da Giorgia Meloni ormai da mesi manda le navi delle ong che salvano migranti nel Mediterraneo in porti sempre più a nord (La Spezia, Ancona, Genova) sottoponendo le persone a bordo a giorni e giorni di navigazione in più; non solo, una nuova legge in pratica obbliga le navi umanitarie a effettuare un solo salvataggio per volta. Ma di qualunque segno sia il governo, la parola d’ordine è sempre la stessa: “non devono venire”. L’Unione europea ha firmato accordi con la Tunisia e la Turchia; l’Italia anche con la Libia; tre regimi autoritari a cui diamo soldi in cambio di esseri umani, nel tentativo di fermare i viaggi della speranza.

Dall’inizio dei tempi, la migrazione è un fenomeno naturale. Nella nostra epoca, dall’America del Sud verso il Nord, o verso l’Europa; dall’Africa e dall’Asia verso l’Europa e oltre, negli ultimi decenni il flusso dei migranti è molto cresciuto, sospinto da tanti fattori: i cambiamenti climatici e i disastri che provocano; le guerre che continuano a devastare molte parti del mondo; la diffusione di tv e di Internet che dimostrano plasticamente a chi vive in condizioni difficili che esiste un altro mondo, più agiato e sereno. Si potrebbe andare avanti a lungo: il problema è che nessuno si mette in viaggio rischiando la vita, se dietro di sé non ha una minaccia peggiore – e per i propri figli si fa di tutto.
Nel Mediterraneo, nei primi sei mesi del 2023 sono morte o andate disperse circa 1.300 persone. 289 erano bambini. Dall’anno 2000, i morti nel Mare Nostrum sono oltre ventimila (ed è solo una stima; non sappiamo quante barche siano affondate senza testimoni). Per questo molti lo chiamano un cimitero, questo mare dalle onde tiepide d’estate e dalle spiagge dorate. L’Italia di Giorgia Meloni negli stessi sei mesi, nonostante le promesse elettorali e il nuovo accordo con la Tunisia, ha visto arrivare 50.400 migranti, per lo più via mare (la maggioranza di quelli giunti in Europa che sono 68.500). Di soluzioni facili non ce ne sono; eppure, è urgente trovarle, perché “non devono venire”, dovremmo averlo capito, non basta.