Il Gruppo di Roma per gli studi sulla Neutralità Climatica, coordinato dal prof. statunitense e frate domenicano Alejandro Crosthwaite e da me, alla facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università san Tommaso in Roma, ha pubblicato il suo “Contributo a COP 27”, inviato, come lo scorso anno, ai grandi della Terra. Il titolo non poteva essere più esplicito: “Ascoltiamo il ticchettio della bomba climatica”.
Il documento – che si è avvalso del lavoro dell’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini – esordisce affermando che “un anno dopo COP 26 di Glasgow, il cambiamento climatico sembra uscito dalle priorità dell’agenda internazionale.” Eppure, osserva, i dati disponibili sul 2022 “amplificano l’allarme: si sono accresciuti la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, la temperatura media del pianeta, le anomalie climatiche e gli eventi catastrofici estremi.”
Le informazioni fornite impressionano. “A settembre 2022, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, misurata al Mauna Loa Atmospheric Baseline Observatory della NOAA ha raggiunto 415,95 parti per milione [ppm], con un aumento di quasi 2,5 ppm rispetto a settembre 2021. […] Sempre nel settembre 2022, la temperatura media globale della superficie terrestre e oceanica è stata di 0,88°C al di sopra della media del 20° secolo di 15,0°C. In Groenlandia la temperatura è stata di 8°C al di sopra della media mensile nel periodo 1990-2020.”
Il record di temperature ha comportato “siccità prolungata, ondate di caldo e incendi in Europa, USA, Sud America, Corno e Nord Africa; intense piogge e inondazioni in Pakistan, India, Cina, Sud Africa, Brasile, Australia, Italia; scioglimento accelerato dei ghiacci nell’Artico, in Groenlandia e Antartide. […]”
Continuare con il negazionismo è anche un costo per l’economia, proprio quella che i negazionisti dichiarano di sostenere. “I costi stimati ad oggi ammontano a circa $ 248 miliardi/anno nel 2021-2022, più del doppio del valore medio annuo del periodo 2001-2020 che era pari a $ 118,4 miliardi (EM-DAT).”
Ascoltiamo il ticchettio della bomba climatica guarda agli oceani, con dati sconvolgenti. “In gran parte del Pacifico settentrionale, occidentale e sudoccidentale, nel Golfo del Messico, nella maggior parte degli oceani Atlantico e Indiano orientale, le temperature della superficie del mare nel 2022 sono state superiori di 2,5°C rispetto ai valori medi del periodo 1990-2020, con ondate di caldo marine più frequenti e intense. Nel mar Mediterraneo, le temperature estive di superficie del 2022 si sono alzate sino a 6°C sopra la media del 1990-2020.[…] L’habitat di molte specie negli oceani e nel Mediterraneo sta scomparendo, le specie atlantiche stanno “migrando” verso l’Artico, specie invasive stanno sostituendo specie locali soprattutto nel mar Mediterraneo […] Oltre alle alte temperature, l’acidificazione degli oceani e dei mari che assorbono l’anidride carbonica atmosferica sta accelerando la perdita di biodiversità, con effetti rilevanti sulla catena alimentare, e sulla riduzione della produttività dei mari e della pesca.“
È un “segnale brutale dei rischi corsi”, essendo il punto di non ritorno superato: “non s’invertirà la tendenza all’aumento delle emissioni e all’aumento della temperatura verso almeno 2,7°C-3°C. Potremmo solo limitare quantità e qualità dei danni, non possiamo più evitarli: Neppure se si procedesse all’arresto immediato “di tutte le emissioni di gas serra” si potrebbero cancellare “gli effetti dei cambiamenti climatici che sono già in corso e continueranno per decenni. Ancora: “… a fronte del rimbalzo record delle emissioni del 6,4% rispetto al 2020, il rapporto UNEP del giugno 2022 The Heat is On. A World of Climate promises not yet delivered ha messo in evidenza che per raggiungere l’obiettivo di 1,5° C o 2° C °C, le emissioni di gas serra dovrebbero essere ridotte entro il 2030 rispettivamente del 55% o del 30% rispetto ai livelli del 2010.”
Tra i grandi soggetti della politica internazionale, della situazione sembrano consapevoli l’Unione Europea, l’amministrazione degli Stati Uniti, la Cina, il Brasile di Lula. Le tensioni internazionali con il corto circuito energetico “stanno dando forza a visioni e politiche che considerano non fattibili gli impegni volontari assunti a conclusione della COP 26, almeno nel breve periodo”, il che ha contribuito alla ripresa del consumo globale di carbone e al rilancio del nucleare. Commenta il Gruppo di Roma: “Il ritorno del carbone è una cattiva notizia perché segnala il “disaccoppiamento” della sicurezza energetica dalla sicurezza climatica”, anche se “la crescita delle fonti rinnovabili, del 6% nel 2021 e di oltre l’8% nel 2022 trainata da Cina e UE, sta parzialmente compensando il crescente consumo di carbone.” Intanto “circa 3,3-3,6 miliardi di persone vivono in contesti altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici”.

A questo punto, il peggio – la reazione concatenata di eventi climatici, sociali e politici – potrebbe accadere: il rischio citato da Trajectories of the Earth System in the Anthropocene, pubblicato dalla US National Academy of Sciences nel 2018, afferma che “un aumento di soli 2° C potrebbe essere la scintilla di un irrefrenabile effetto domino, con cambiamento dei regimi climatici e l’intensificazione di eventi estremi che metterebbero a rischio in molte regioni del pianeta sia la struttura e la stabilità dei servizi idrici, dell’agricoltura e dell’approvvigionamento energetico, sia la sicurezza delle regioni costiere soprattutto nelle aree più povere o di nuovo sviluppo.” Il Gruppo constata: “Stiamo ballando sull’orlo di una crisi che potrebbe essere senza ritorno”.
Quindi le proposte concrete: “il cambiamento climatico è una questione globale, che richiede risposte globali e condivise nel quadro di responsabilità comuni ma differenziate.” Ancora: “I paesi sviluppati possono fare il primo passo rispettando l’impegno a finanziare i programmi dei paesi in via di sviluppo sia per la decarbonizzazione delle loro economie, sia per l’adattamento ai cambiamenti climatici. […] Le guerre e la competizione non-cooperativa tra le nazioni devono retrocedere, così da consentire alla comunità internazionale di concentrarsi sulla soluzione alla sfida più importante dei nostri tempi: il cambiamento climatico.“
“Cop 27 – conclude il Gruppo di Roma – può essere la sede appropriata per la sottoscrizione di un accordo multilaterale, finalizzato a misure serie, immediate ed efficaci, così da proteggere il nostro futuro.”