“Non è mai una buona idea scommettere contro gli Stati Uniti”. Parola del presidente statunitense Joe Biden, che in una conferenza stampa congiunta col suo omologo sudcoreano Yoon Suk-yeol, sabato, ha rimarcato come “per la prima volta dal 1976 la crescita degli USA (2,8%) sarà maggiore di quella cinese (2%)”.
Il capo di Stato USA è arrivato ieri a Seul per una cinque-giorni di incontri tra Corea del Sud e Giappone, con un occhio proprio alla Cina, la principale superpotenza rivale di Washington.
La tappa inaugurale della tournée del presidente statunitense in Estremo Oriente è stata simbolicamente una fabbrica di semiconduttori. Venerdì il commander-in-chief democratico si è recato assieme a Yoon in un impianto di chip della Samsung. “Tanta parte del futuro del mondo verrà scritta qui, nell’Indo-Pacifico, nei prossimi decenni”, ha affermato Biden, la cui visita al maxi-complesso di Pyeongtaek è dovuta anche alla decisione di Samsung di costruire un impianto simile in Texas entro il 2024.
La sede prescelta dal colosso dell’elettronica è nella cittadina texana di Taylor. Costo complessivo: 17 miliardi di dollari. Un investimento che è stato molto apprezzato dalla Casa Bianca, dato che arriva nel bel mezzo di una crisi commerciale dovuta in parte proprio alla mancanza di semiconduttori – a sua volta colpa del boom di domanda di prodotti tecnologici nel post-pandemia.
Biden ha ricordato come l’impianto texano della Samsung creerà circa 3.000 nuovi posti di lavoro. “Questi piccoli chip sono la chiave per spingerci nella nuova era di sviluppo tecnologico dell’umanità”, ha ripetuto il Capo della Casa Bianca. I semiconduttori sono d’altronde l’oro dell’epoca contemporanea: sono necessari per produrre smartphone, computer, macchine, elettrodomestici. E alla nuova era di sviluppo vogliono ardentemente partecipare anche gli Stati Uniti. Dalle parole ai fatti: l’amministrazione USA intende stanziare 52 miliardi di dollari nel settore (ma dovrà superare lo scoglio del Congresso), mentre il settore privato ha già annunciato investimenti per quasi 80 miliardi.
Dopo essere stati pionieri per decenni, attualmente gli USA sono solo il quinto Paese per produzione di semiconduttori. I primi quattro – rispettivamente Cina, Taiwan, Corea del Sud e Giappone – sono tutti est-asiatici. Tra questi, tre su quattro sono alleati di Washington. Rimane fuori la Cina, che è uno dei due convitati di pietra della visita di Biden in Asia.
Proprio in coincidenza della spedizione di Biden, Pechino ha organizzato esercitazioni militari nel Mar Cinese Meridionale che termineranno lunedì, alla vigilia del ritorno a Washington del presidente. La Cina reclama storicamente la sovranità su buona parte del Mar Cinese Meridionale, a scapito di Stati costieri come Brunei, Malesia, Filippine e Taiwan. La posizione statunitense è invece improntata alla libertà di navigazione, che cozza contro la pretesa sovranità di Pechino.

Ma quello nel Mar Cinese Orientale non è l’unico fronte aperto tra USA e Cina. C’è il dossier Taiwan, che Pechino considera una “provincia ribelle” destinata ad essere annessa alla Cina continentale nel prossimo futuro. Non è della stessa opinione Washington, pronta ad assistere a Taipei forse anche militarmente. “Se gli Stati Uniti continuano a giocare la carta di Taiwan e proseguono sulla strada sbagliata, ciò porterà sicuramente a situazioni pericolose”, ha detto il cinese Yang Jiechi, capo della Commissione Esteri cinese in una telefonata col Consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan.
C’è poi anche la guerra in Ucraina, dove Pechino sostiene Mosca ma ha sinora mantenuto una posizione attendista. E ci sono infine gli equilibri regionali, con i quattro Paesi del QUAD (Quadrilateral Security Dialogue) – USA, Australia, India e Giappone – che assieme alla Corea del Sud mirano a contrastare l’influenza cinese nell’area indo-pacifica.
Dal canto suo, la Cina ha detto di auspicarsi che gli USA “siano all’altezza delle loro parole e azioni, collaborando con i Paesi della regione per discutere di unità e cooperazione, invece di pianificare misure di divisione e confronto”. Parole, queste, del portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Wang Wenbin.
La visita ufficiale di Biden in Corea del Sud e Giappone serve anche, però, a ribadire il fronte comune contro il regime nordcoreano. Seul chiede a Washington di aumentare la propria presenza nucleare quale deterrente contro il regime di Kim Jong-un, che nel solo 2022 ha già compiuto 16 test missilistici. Tra questi, anche il primo test di un missile intercontinentale negli ultimi cinque anni.
Biden e Yoon hanno concordato di intensificare le esercitazioni militari e di inviare sistemi di difesa aggiuntivi per dissuadere Pyongyang, che nel frattempo è alla prese con una micidiale ondata di COVID 19. USA e Sud Corea si sono peraltro fatte avanti per fornire tonnellate di vaccini al regime di Kim, sottoposto a embargo internazionale. Il capo della Casa Bianca è anche pronto a incontrare Kim, ma “solo se serio e sincero”, ha avvertito Biden.
L’intelligence statunitense ha peraltro avvertito del rischio che il regime di Pyongyang possa “salutare” la visita di Biden con un altro test nucleare o missilistico. A rivelarlo è stato Sullivan. Che ha aggiunto: “Ci stiamo preparando per tutte le contingenze”.