E’ una battaglia che il Congresso non vuole affrontare. Troppo impegnativa e impopolare, e soprattutto un “suicidio” elettorale per quei politici che la vogliono portare avanti sfidando la lobby delle armi. Ed è un grave problema sociale che riaffiora dopo ogni strage motivata dall’odio. Massacro dopo massacro è stato dimostrato che gli ingredienti sono sempre gli stessi: follia e armi.
E ancora una volta il killer è un razzista invasato di retorica suprematista che sente come suo “dovere” difendere gli Stati Uniti dalla minaccia portata dai non bianchi. Una teoria tanto strombazzata da Tucker Carlson su Fox News, ripresa dal libro del filosofo francese Renaud Camus che in “Le Grand Remplacement”, la definisce “genocidio per sostituzione” tingendo la fuga dalle guerre e dalla fame di chi cerca una vita migliore fuori dal loro Paese, come un disegno perverso sostenuto da un gruppo elitario che nel caso di Camus tendeva a sostituire i bianchi francesi ed europei con non europei provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, la maggioranza dei quali musulmani.

Quei conati razzisti partoriti in Francia dalla destra di Le Pen, sono rimbalzati anche negli Stati Uniti, celebrati più volte da Steve Bannon, consigliere speciale di Trump. La teoria complottista risale al 1900, quando il padre del nazionalismo francese Maurice Barrès parlò di una nuova popolazione che avrebbe conquistato, trionfato e “rovinato la nostra patria”. Musica per le orecchie dei razzisti americani che subito dopo la Seconda Guerra Mondiale diedero nuovo vigore al Ku Klux Klan e ai politici che beneficiavano del consenso e del voto degli incappucciati. Tra loro uno dei più celebri fu il senatore del Mississippi Theodore Bilbo. Un democratico ma che come molti superconservatori del Sud degli Stati Uniti (solo perché Lincoln era repubblicano), difendeva il linciaggio dei neri, sbeffeggiato anche da una canzone di Pete Seeger. O David Lane, il fondatore americano di “The Order” che morì nel carcere di Marion, in Illinois, dove stava scontando l’ergastolo per aver partecipato ad una rapina in cui furono uccise tre guardie di sicurezza.
Se questa violenza ideologica riesce ad armarsi con pistole e fucili non ci si può sorprendere che le stragi avvengano così spesso.
A sdoganare le violenze in questi ultimi anni furono anche i commenti dell’ex presidente Donald Trump dopo l’attentato avvenuto a Charlottesville, in Virginia, nell’agosto del 2017 dove un’auto si lanciò su una folla di manifestanti che si opponevano a un raduno di estremisti di destra uccidendo una donna e ferendo altre 26 persone. L’ex capo della Casa Bianca non condannò esplicitamente i manifestanti razzisti, nazionalisti bianchi e neonazisti, imputando “odio, fanatismo e violenza” a “tutte le parti”, nonostante gli scontri fossero iniziati già la sera quando i manifestanti di estrema destra avevano iniziato le violenze aggredendo chi si opponeva alla loro protesta. Trump soffiava sul fuoco in una situazione di razzismo incandescente. Lo faceva per difendere la sua constituency più consolidata, rednecks, suprematisti, fondamentalisti, Tea Party anti-tasse e anti-governo. Per questo, l’ex presidente ha ricevuto molte critiche da parte di politici e giornalisti, che lo hanno accusato di non voler prendere le distanze dall’estrema destra – quel “basket of deplorables”, denunciato da Hillary Clinton, che costituito una importante e influente fetta del suo elettorato.

Una volta che Trump ha scoperchiato il vaso di Pandora dei bassi istinti razzisti, è difficile trovare il modo per domarli. E anche il Congresso ha le sue responsabilità per non essere riuscito a passare una legge che imponga controlli sulla salute mentale di chi acquista armi. Molti i tentativi falliti. Dopo la strage di Sandy Hook, nel Dicembre del 2012, in cui 28 persone (20 erano bambini tra il kindergarten e la quarta elementare) furono uccise e due ferite. Sembrava che una nuova legge contro la vendita delle armi automatiche stesse per passare e anche quella per la certificazione psichiatrica degli acquirenti e dei familiari. Speranze deluse che si arenarono nelle sabbie mobili del Congresso. Neanche dopo la strage di Las Vegas, nell’Ottobre del 2017, in cui furono uccise 60 persone e altre 411 ferite, si riuscì ad imporre un filtro per l’acquisto delle armi.
E nemmeno la Corte Suprema con la sua composizione ultra conservatrice sarà in grado di modificare il 12mo emendamento della Costituzione che stabilisce la libertà di acquistare armi e, in molti Stati, di andare in giro armati senza nessun controllo. Addirittura in Florida si può sparare, e uccidere se ci si sente minacciati, come avvenne nel caso di Trevor Martin, che disarmato venne freddato dalle pallottole sparate da George Zimmerman mentre passeggiava in un parco. O come il paradosso di New York City, dove acquistare un’arma è praticamente impossibile, ma poi basta andare nello stato confinante della Pennsylvania per comprare facilmente tutte le armi che si desiderano. Unica restrizione è nel circolare armati. Occorre che la propria pistola sia ben visibile. Ed ecco che esaltati e armati sparano e uccidono. Ma il giorno dopo questa ennesima strage, i media ultra conservatori anziché analizzare l’irragionevole logica del commercio dei fucili mitragliatori, sottolineano solo l’illegalità dei caricatori extralarge non consentiti dalla legge ma venduti online.