“Amore, il 26 non prendere impegni perché io non ci sono. Vado con Yulia e Oksana all’outlet vicino a Firenze. Ci sono i saldi. Andiamo tutte insieme. A te serve qualcosa? Scarpe? Camice?”
Sono più di dieci anni che viviamo in USA eppure Tatiana si è sempre sentita con regolarità sia con Oksana che con Yulia. Quando l’estate torniamo in Italia, poi, oltre agli aperitivi con le amiche, è immancabile l’incursione in un tempio della moda per “affaroni” che solo le donne riescono a comprendere. È un rituale che si ripete ogni anno. Ormai le conosco queste russofone. Me le immagino quanto chiacchierano per tutto il viaggio.
Mia moglie è russa. Yulia e Oksana sono ucràine e sono tra le migliori amiche di mia moglie a Roma. Anzi, probabilmente sono le sue migliori amiche tout court. La cosa non deve sorprendere più di quanto sorprenderebbe sapere che una ragazza di Milano che vive a Londra ha stretto amicizia con una ragazza di Firenze e una di Siena che vivono lì anch’esse.
Se parliamo di ucràini e di russi, parliamo di due popoli che, sotto l’Unione Sovietica, erano uno solo. Russi che non hanno parenti ucraini? Magari esistono, ma andrebbero cercati col lanternino. Lo stesso Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, è madrelingua russo, come testimoniano i film e le serie TV di cui è stato protagonista quando era ancora un attore di commedie abbastanza leggere.

Nel 2015 Zelensky aveva interpretato la parte di un professore liceale di Storia che, quasi a sua insaputa, si ritrova eletto presidente dell’Ucraina nella serie comica TV Sluga Narodu, “Servitore del Popolo”. La sto guardando in questi giorni sul Netflix americano con un pò di incredulità.
Per un buffo scherzo del destino, lo scenario della fiction si è tradotto in realtà, generando prima un partito e poi un presidente eletto a furor di popolo nel 2019. You can’t make this shit up, direbbero gli americani. È una storia così esageratamente improbabile che se qualcuno l’avesse inventata, sarebbe stata bollata come assurda, e invece è la realtà: un personaggio dello spettacolo eletto per davvero al ruolo di capo di stato che impersonava in una fiction.
Ma torniano a mia moglie Tatiana e a Yulia e Oksana: solo chi ha visto da vicino la relazione tra russi e ucraini prima del 24 febbraio può capire l’immane tragedia a cui Vladimir Putin sta conducendo i due popoli.
Stiamo assistendo ad una guerra fratricida nel senso più vero della parola.
Cittadini di nazioni sorelle per lingua e cultura costretti a odiarsi e a uccidersi in un conflitto che sarebbe troppo gentile definire senza senso, dal momento che, purtroppo, un senso ce l’ha.
Si tratta di una guerra che un’elite di mafiosi a capo dello Stato russo sta portando avanti per difendere i propri interessi economici personali sulla pelle di due popoli fratelli. Ma andiamo con ordine.

Gli ordigni nucleari
Se la Russia di Putin non possedesse le armi nucleari, la soluzione del problema sarebbe fondamentalmente semplice. La NATO interverrebbe militarmente in Ucraina a difesa del paese e Putin arriverebbe a più miti consigli. Ma la Russia possiede ancora un arsenale nucleare retaggio della guerra fredda. Facendo implicitamente riferimento ad esso – nel discorso del 24 febbraio in cui annunciava l’invasione – Putin si è dimostrato l’equivalente di un terrorista che si chiude in un appartamento armato fino ai denti minacciando di farsi saltare in aria con tutto il palazzo.
Che incubo. Sono abbastanza vecchio da ricordare gli anni della guerra fredda e l’incubo nucleare. Non riesco a credere che a trent’anni dalla fine dell’URSS, di colpo il mondo si trovi catapultato in quella situazione. È come se trent’anni di vita fossero stati una lunga ricreazione.

I geopolitologhi nostrani
Qualche esperto di geopolitica parla in TV di come tutto ciò fosse prevedibile, che la Russia è sempre stata così. Alcuni arrivano addirittura a sostenere che la soluzione migliore sarebbe che l’Ucràina si arrendesse subito. Ma non sono d’accordo per niente. C’è una bella differenza tra la Russia del XX secolo e quella di oggi. I sovietici ci credevano nella loro ideologia; erano convinti che le magnifiche sorti e progressive del Socialismo avrebbero avuto la meglio contro le forze del capitale.
Ma non è più così. Che il Comunismo sia stata un’idea del cazzo lo hanno capito anche i russi stessi; dei sistemi dittatoriali fascisti non parliamone neanche; e persino le religioni sono ridotte per lo più alla dimensione personale: al Dio cattolico ci credono solo in Sud-America, ormai (è per questo che ai cardinali è toccato scegliere un Papa che venisse da lì l’ultima volta). A dirla tutta, i sapiens del XXI secolo non credono più molto neanche al capitalismo liberale, visto che la natura sta presentando il conto anche al modello economico che assume una crescita illimitata oltre ad altri problemucci mastodontici.
In sintesi, negli ultimi decenni c’è stato un cambiamento epocale che gli espertoni fanno finta di non vedere. È tramontata l’idea che chi guida un paese possa porsi come architetto di chissà quali mirabolanti riforme in grado di cambiare dalle fondamenta alcunché. Uomini e donne del XXI secolo sanno che il corpo e il benessere proprio e dei propri cari sono le uniche cose che ha veramente senso preservare. Non ci sono più narrazioni credibili che ci convincano della necessità di immolare le nostre vite per un fine superiore.
In questo contesto, re, presidenti, autocrati e primi ministri altro non sono che amministratori di condominio++, gente che ha in gestione il bene del proprio paese, ma che – giustamente ingabbiati in strutture istituzionali di pesi e contrappesi – non possono nuocere più di tanto. E meno male, aggiungo io. Che si occupino di lavoro, pensioni e sanità, e non dei massimi sistemi.
E allora qual’è l’obiettivo di Putin? Vuole davvero il bene del suo paese?
Se potessi rispondere con sicurezza a questa domanda, una vettura nera mi aspetterebbe fuori da casa mia qui in Virginia per scortarmi a Langley, a raccontare un pò di cose agli analisti del governo americano. Alcune ipotesi posso farle però.

L’organizzazione messa su da Aleksej Navalny – l’oppositore politico di Putin che ha rischiato seriamente la pelle per questo – ha dimostrato che a capo dello Stato russo c’è una manica di corrotti. Quanto prende di stipendio un ministro degli esteri russo se può cacciar fuori $5M in contanti per regalare un appartamento alla figlia della sua amante a Londra? Navalny racconta, e io gli credo, che la Russia di oggi è una cleptocrazia, un posto in cui i vertici dello stato e pochi ricchi hanno capito come ‘zombizzare’ le menti dei propri cittadini con la propaganda in stile unione sovietica, per poi farsi in pace i proverbiali cazzi loro.
Non è una coincidenza che il governo americano abbia deciso di aggredire i beni detenuti all’estero dagli oligarchi. Anche se non sono stati direttamente loro a ordinare l’attacco all’Ucraina – credo – è ora che si assumano le proprie responsabilità e facciano pressioni sui loro amici a Mosca.

Zombizzazione dei russi
I russi che dissentono dal regime la chiamano ‘zombizzazione delle persone’: secondo loro, la propaganda governativa è tanta e tale che molti loro connazionali – speriamo non la maggioranza – hanno oramai il cervello in pappa e non sono in grado di avere un pensiero critico nei confronti del regime. Avendo assistito per anni alle conversazioni tra mia moglie e i suoi parenti russi, temo che la situazione sia esattamente quella descritta: la televisione russa sforna H24 immagini di una Russia sotto attacco da parte dei fascisti stranieri occidentali, condite da fake news create ad arte per instillare ansia e paura nella mente delle persone: solo un uomo forte a capo di un potente esercito può difendere la Russia.
Questo spiega la narcosi delle menti, ma solo in parte. L’altra parte, di cui mi sono reso conto negli anni, è che molti russi sono dannatamente proattivi nel non volere conoscere una verità che li disturberebbe.
I russi non sono come gli altri occidentali, allevati fin da giovani a mettere in discussione ogni mossa di chi li governa. Ai russi il sistema dà una versione della realtà e il russo medio se la fa bastare, come la razione quotidiana di pane, aringhe e vodka durante l’assedio della città. Per loro quello che dice Navalny è roba da fighetti, che magari fa il gioco degli stranieri, chi lo sa. Meglio non fidarsi. Putin invece, quello sì che ci ispira fiducia…
Torniamo all’Ucraina
Essendo questa la situazione, non c’è da stupirsi se gli ucraini, russofoni o no, abbiano molto poca voglia di essere sudditi di un governo fantoccio che balla al ritmo della musica decisa dal DJ di Mosca, come vedono fare ai bielorussi succubi di Lukashenko del resto.
Anno dopo anno, le nuove generazioni ucraine hanno preferito gravitare verso l’Europa e l’Occidente. E questo è il punto fondamentale, quello che mi fa incazzare quando sento i vari esperti nostrani di geopolitica parlare della Russia come se la guerra fredda non fosse mai finita e in fondo Putin e Lavrov avessero le loro ragioni. A un ventenne, trentenne o quarantenne ucraino non gliene frega niente di cosa sia stato l’URSS. Lui vuole vivere libero. Vuole la democrazia. Vuole poter andare all’Eurovision Song Contest. Vuole la libertà di poter dire che il suo governo gli fa schifo come fanno europei e americani con i governi loro.
Quando hanno votato per Zelensky nel 2019, gli ucraini hanno votato per non essere sottomessi a un governo al soldo del burattinaio russo. Una volta eletto, il neo-presidente ha operato in quel senso, modernizzando il suo paese e cercando un compromesso con Putin che liberasse l’Ucraina dall’abbraccio mortale della vecchia egemonia sovietica. È stata la scelta di un popolo che, lo dico senza retorica, brama la libertà e oggi ha pienamente dimostrato di voler arrivare fino in fondo per averla. Slava Ukraini!

Una scarica di adrenalina
Nella primissima scena del primo episodio di “Servitore del popolo”, gli oligarchi – riuniti su una terrazza che sovrasta il centro di Kiev – parlano tra loro e spiegano la premessa che porta all’elezione del Zelensky della fiction: vediamo che effetto fa lasciare che gli ucraini votino per chi gli pare in un esperimento di “democrazia senza supervisione” (неконтролируемая демократия), dicono nel film.
“Benone.” – commenta uno di loro – “Non sentivo una scarica di adrenalina così da anni”.
Neppure noi, signor oligarca… erano tantissimi anni che non la sentivamo neppure noi.