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Russia, Putin rispolvera la retorica sovietica e arringa il popolo: “Noi mai così uniti”

Durante un mega-comizio a Mosca, il presidente russo elogia i soldati in guerra citando la Bibbia. E prende in prestito la terminologia di Stalin contro i dissidenti

Gennaro MansibyGennaro Mansi
Quando la storia (anche recente) non insegna: Putin vuole ricostruire l’impero

Una protesta anti invasione russa dell'Ucraina a Times Square, New York (Foto di Terry W. Sanders)

Time: 3 mins read

In una singolare ostentazione di patriottismo, venerdì il presidente russo Vladimir Putin si è rivolto alla nazione elogiando lo sforzo delle truppe russe attualmente impegnate in Ucraina e richiamando la simbologia sovietica.

Nel pomeriggio locale, il capo del Cremlino ha partecipato a un maxi-evento tenutosi presso lo stadio Lužniki di Mosca. Assieme a lui avrebbero partecipato, stando ai dati della polizia, quasi 200.000 spettatori. Per l’occasione l’impianto è stato ricoperto di bandiere tricolori e di “Z” – la lettera presente sui carri armati russi ormai divenuta il motto della campagna militare contro l’Ucraina, in quanto abbreviazione di “za Rossiju” (“per la Russia”).

Durante il suo discorso di circa 5 minuti, il leader russo ha parafrasato un passo del Vangelo: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,12-17). Il riferimento è ai soldati russi impegnati nella “denazificazione” – almeno così la definisce il Cremlino – dell’Ucraina.

Putin ha difatti giustificato l’attacco al suo vicino occidentale per rispondere al presunto genocidio che i “neo-nazisti” di Kyiv avrebbero ordito contro le popolazioni russofone del Donbass, una tesi peraltro smentita tanto da Kyiv quanto dalla Corte internazionale di giustizia.

Alle spalle di Putin uno striscione emblematico: “Per un mondo senza nazismo”, che secondo l’interpretazione di Mosca equivale a un futuro senza i “nazisti” attualmente in carica a Kyiv.

“Spalla a spalla, si aiutano e supportano l’un con l’altro”, Putin ha detto dei suoi militari, sostenendo inoltre che il popolo russo “non era così unito da molto tempo”. Unità che sembra voler essere perseguita principalmente attraverso un recupero della simbologia sovietica e con la repressione del dissenso.

Nel corso del comizio di venerdì – ufficialmente una celebrazione dell’ottavo anniversario dell’annessione della Crimea – sono risuonate le melodie del brano sovietico Sdelano v SSSR (“Prodotto nell’URSS”), hit del cantante Oleg Gazmanov i cui versi iniziali che non lasciano troppo spazio alla fantasia: “Ucraina e Crimea, Bielorussia e Moldavia, | Questo è il mio Paese!“.

Su alcuni gruppi Telegram è stato peraltro rivelato come a studenti e dipendenti pubblici sia stato di fatto intimato di partecipare al comizio al Lužniki. Intanto, nel resto del Paese aumenta di giorno in giorno il numero di dissidenti arrestati per aver manifestato la propria opposizione all’aggressione dell’Ucraina (secondo il sito Web indipendente OVD-Info, 15.000 in tre settimane: una media di 700 al giorno).

C’è stato spazio anche per un piccolo giallo: nel momento in cui Putin ha ricordato che l’inizio della guerra (24 febbraio) coincide con il giorno del santo protettore dei bombardieri nucleari russi (il comandante Fëdor Ušakov), le immagini si sono bruscamente spostate sulla folla e hanno tagliato il prosieguo del discorso del presidente. Il portavoce del Cremlino, Dimitrij Peskov, ha comunque negato che fosse una scelta intenzionale e chiarito che si è trattato solo di “disguidi tecnici”.

President of Russia Vladimir Putin at a meeting with Head of the Federal Medical-Biological Agency Veronika Skvortsova (kremlin.ru)

Che in Russia non si preannuncino tempi propizi per il pluralismo risulta chiaro anche dalla retorica di stampo staliniano impiegata da Putin in un altro discorso di mercoledì in TV. “Il popolo russo sarà sempre in grado di distinguere i veri patrioti dalla feccia della società e dai traditori, e li sputeranno fuori come un moscerino che è accidentalmente volato in bocca”, ha tuonato Putin.

“Sono convinto che una tale naturale e necessaria auto-purificazione della società farà solo bene al nostro Paese, alla nostra solidarietà, coesione e prontezza a rispondere a tutte le sfide”, ha proseguito, facendo venire in mente la dura retorica del segretario generale del PCUS all’epoca delle purghe negli anni ’30 – in cui gli oppositori venivano bollati come “nemici del popolo”, “rettili” o “cani pazzi”.

Un fervore che sembra aver contagiato diversi connazionali, alcuni dei quali hanno marcato le porte di casa di alcuni pacifisti con l’onnipresente “Z” patriottica. Una mossa “dettata dall’emozione del momento”, la breve replica del Cremlino.

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Gennaro Mansi

Gennaro Mansi

Originario di Battipaglia, nel salernitano, Gennaro scrive di politica e affari internazionali per La Voce di New York. Dopo aver studiato diritto comparato all'Università di Bologna e alla Scuola Superiore di Economia di Mosca, attualmente vive a New York, dov'è stato soprannominato 'Urban Cowboy' Born in southwestern Italy, Gennaro is an analyst of international affairs with a background in comparative constitutionalism. Since completing his legal studies at Bologna and Moscow's HSE universities, he has been writing about Russian politics for a variety of publications. He currently lives in NYC, where he has been nicknamed 'Urban Cowboy'.

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