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Guerra in Ucraina: Biden due ore al telefono con Xi Jinping e la Cina appare più vicina

Scarno il comunicato rilasciato, ma da alcune mosse cinesi delle ultime ore sembra che Pechino intuisca che per i suoi interessi meglio non assecondare Putin

Massimo JausbyMassimo Jaus
“Putin è malvagio e folle, ma noi gli abbiamo dato un motivo per attaccare l’Ucraina”

A New York i manifestanti chiedono alla Cina di non supportare l'invasione russa dell'Ucraina (Foto di Terry W. Sanders)

Time: 6 mins read

Due ore al telefono per cercare di trovare una linea comune su come affrontare le spinose divergenze politiche ed economiche dei rispettivi Paesi sull’invasione russa dell’Ucraina. Una telefonata tra Joe Biden e Xi Jinping cominciata pochi minuti dopo le 9 di mattina, ora di Washington, quando erano le 9 di sera a Pechino. Il giorno e la notte, quasi a simboleggiare le rispettive posizioni perché se Putin ha il problema dell’indipendenza dell’Ucraina, Xi Jinping ha quello di Taiwan che Pechino considera parte del proprio territorio nazionale.

Conversazione accesa, a giudicare dalle circospette dichiarazioni della Casa Bianca dopo la telefonata. Biden, secondo quanto reso noto da uno stringato comunicato rilasciato dal suo ufficio “ha descritto le implicazioni e le conseguenze se la Cina dovesse fornire supporto materiale alla Russia. Il presidente ha sottolineato il suo sostegno a una risoluzione diplomatica della crisi”. Biden è stato “diretto”, “sostanziale” e “dettagliato”, ha detto un alto funzionario dell’amministrazione alla Cnn.  “La maggior parte della lunga telefonata è stata incentrata sulla guerra in Ucraina e sulle implicazioni che la crisi avrebbe sia sulle relazioni tra Stati Uniti e Cina che sull’ordine internazionale”, ha affermato il funzionario aggiungendo che Biden e Xi hanno deciso di mantenere “le linee di comunicazione aperte”.

US President Joe Biden speaks during a virtual summit with Chinese President Xi Jinping in the Roosevelt Room of the White House in Washington DC, USA, 15 November 2021 – EPA/SARAH SILBIGER / POOL

Due, comunque, i messaggi che Biden voleva recapitare al leader di Pechino. Il primo è di fare una scelta di campo e di usare la sua influenza per fermare Vladimir Putin. Il secondo, più minaccioso, è che la Cina se dovesse decidere di aiutare in qualsiasi modo il Cremlino, militarmente o finanziariamente, pagherà un altissimo prezzo. Subito dopo la telefonata tra i due presidenti il vicesegretario di Stato Wendy Sherman ha ricevuto al Dipartimento di Stato l’ambasciatore cinese Qin Gang.

Poco prima da Pechino il Quotidiano del Popolo aveva pubblicato la versione cinese della lunga conversazione: “Un conflitto non è nell’interesse di nessuno” ha affermato Xi Jinping. La crisi in Ucraina “è qualcosa che non vogliamo vedere: gli eventi mostrano ancora una volta che le relazioni tra Stati non possono arrivare alla fase dello scontro, perché il conflitto e il confronto non sono nell’interesse di nessuno”.  Xi Jinping, almeno per quello che è stato diffuso dalla tv statale cinese, non è andato oltre, non ha condannato l’attacco russo ma le sue parole sembrano avallare e rafforzare la necessità di una rapida conclusione della guerra.

L’allora vicepresidente Biden brinda in onore del presidente cinese Xi Jinping durante un pranzo di stato presso il Dipartimento di Stato. Washington, DC, il 25 settembre 2015 – Dipartimento di Stato USA

“In quanto membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e delle due maggiori economie, Cina e Stati Uniti non dovrebbero solo guidare le relazioni bilaterali perché si sviluppino lungo la strada giusta, ma anche assumersi la responsabilità internazionale di mantenere la pace globale”, ha detto il presidente cinese a Biden, secondo quanto riferisce il Global Times, giornale del Partito Comunista Cinese.

Taiwan è stata fonte di tensioni tra Stati Uniti e Cina e l’aggressione della Russia in Ucraina ha suscitato la preoccupazione, soprattutto tra i repubblicani sul fatto che la Cina possa tentare di invadere l’isola. Biden ha precedentemente detto a Xi che gli Stati Uniti sono impegnati nel non riconoscere Taiwan come uno stato separato dalla Cina, ma il presidente aveva anche erroneamente affermato che gli Stati Uniti avevano l’obbligo di inviare truppe a Taiwan se fosse stato attaccato dalla Cina. Ai sensi del Taiwan Relations Act del 1979, gli Stati Uniti si impegnano a fornire armi a Taiwan per la sua difesa ma non ad inviare truppe sull’isola per difenderla.

All’inizio di questa settimana, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha avuto un incontro durato più di sette ore con il suo omologo cinese a Roma sulle potenziali conseguenze di qualsiasi assistenza che Pechino potrebbe fornire a Mosca. Finora la Cina ha cercato di trovare un equilibrio tra il mantenimento della sua alleanza strategica “senza limiti” con la Russia – come entrambe le parti hanno descritto la partnership a febbraio – e il salvataggio delle sue difficili relazioni con gli Stati Uniti e l’Occidente. Il silenzio di Pechino in mezzo alla valanga di condanne per l’invasione dell’Ucraina ha spinto i “falchi” repubblicani allineati con l’ex presidente Donald Trump a considerare la Cina complice delle azioni del Cremlino.

Vladimir Putin and Xi Jinping in Beijing on February 4, 2022 (Twitter @KremlinRussia_E)

Nelle ultime settimane, i funzionari cinesi hanno cambiato tono, prendendo le distanze leggermente da Mosca. Sebbene i media e le dichiarazioni statali non descrivano le azioni della Russia come una “invasione”, Xi ha definito il conflitto una “guerra” per la prima volta parlando con il presidente francese Macron e con il cancelliere tedesco Olaf Scholz. L’ambasciatore cinese a Washington, Qin Gang,  ha scritto in un op-ed  sul Washington Post in cui afferma che se la Cina avesse saputo della imminente invasione “avremmo fatto del nostro meglio per prevenirla”.

Nonostante ci sia un insolito bipartitismo a Washington per voler aiutare gli ucraini, i repubblicani hanno cercato per mesi di guidare una narrativa secondo cui Biden è un leader debole e le parole di Zelensky pronunciate nei giorni scorsi al Congresso potrebbero diventare il ritornello del GOP nelle prossime elezioni di medio termine.

“Penso che sia una possibilità molto reale”, ha detto uno stratega democratico. “So che continuiamo a dire che stiamo facendo tutto il possibile, ma chiaramente c’è molto di più che potremmo fare, e non sto solo parlando di inviare truppe”.

Durante gli ultimi momenti del suo discorso virtuale ai legislatori mercoledì, Zelensky è passato all’inglese per enfatizzare quando ha parlato direttamente a Biden: “Sei il leader della nazione, della tua grande nazione. Ti auguro di essere il leader del mondo. Essere il leader del mondo significa essere il leader della pace”.

Il presidente ucraino Zelensky durante il suo discorso al Congresso

Dall’inizio dell’invasione russa Democratici e Repubblicani sono stati più uniti sull’Ucraina che su qualsiasi altra questione degli ultimi dieci anni. Durante il discorso di Biden sullo stato dell’Unione, ad esempio, il sostegno al paese dilaniato dalla guerra è stato uno dei pochi temi che ha ricevuto applausi travolgenti da entrambi i lati dell’aula. Ma alcuni repubblicani hanno cercato di considerare Biden debole nella sua risposta alla crisi e hanno continuato a farlo dopo il discorso di Zelensky al Congresso.

Il senatore John Kennedy, repubblicano della Louisiana, ha accusato Biden di “sembrare il fratellino di Bambi”, mentre il senatore John Cornyn, repubblicano del Texas, ha affermato: “La timidezza dell’amministrazione Biden di fronte a questo male deve finire”.

Il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell, repubblicano del Kentucky, ha affermato dopo il discorso di Zelensky che Biden aveva bisogno di “intensificare la sua pressione, eliminare l’esitazione e la debolezza” nei confronti di fronte a Putin.

I repubblicani, secondo il Washington Post, devono fare i conti anche con il loro elettorato dopo che la settimana scorsa 31 senatori del Gop hanno votato contro gli aiuti militari all’Ucraina. Lo stratega repubblicano John Feehery ha affermato che i commenti di Zelensky si integrano con la narrativa repubblicana che si sta formando attorno a Biden sulla questione Russia-Ucraina.

“Penso che ci saranno molti repubblicani che chiederanno alla Casa Bianca di essere più energica sulla base dell’intervento di Zelensky”, ha detto Feehery.

Tuttavia, Biden ha ottenuto un forte consenso popolare per la sua gestione della situazione ucraina e in particolare per le sue risposte alla Russia con l’imposizione di sanzioni. I repubblicani sono divisi sul modo come gestire Putin dopo quattro anni durante i quali l’ex presidente Trump ha parlato calorosamente del leader russo.

Un sondaggio del Pew Research Center pubblicato all’inizio di questa settimana ha rilevato che il 47% degli americani intervistati approva la gestione della crisi in Ucraina da parte dell’amministrazione Biden, mentre il 39% disapprova e il 13% non è sicuro. Secondo il sondaggio, un enorme 85% degli americani intervistati sostiene il mantenimento di rigide sanzioni economiche contro la Russia.

La Casa Bianca ha finora resistito alle richieste di inviare aerei da combattimento di fabbricazione sovietica in Ucraina a causa della possibilità di un’escalation del conflitto, e gli Stati Uniti e la NATO hanno respinto le richieste di Zelensky di una no-fly zone per ragioni simili.

“Il modo in cui il presidente Biden prende le decisioni passa sempre attraverso l’analisi della nostra sicurezza nazionale”, ha detto la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ai giornalisti durante un briefing. “E come abbiamo già detto, una no-fly zone richiederebbe potenzialmente di abbattere russi, la NATO che abbatte gli aerei russi. E non ci interessa entrare nella terza guerra mondiale”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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