Si è concluso con un primo, significativo passo avanti su corridoi umanitari e cessate il fuoco l’ultimo round di colloqui tra Ucraina e Russia a Brėst, il secondo in meno di una settimana dopo il meeting di Homel’ dello scorso lunedì.
Le due delegazioni hanno concordato sulla necessità di realizzare un corridoio umanitario, ovverosia un percorso sicuro e garantito da entrambi i belligeranti che consenta – in ingresso – l’afflusso di aiuti umanitari in Ucraina e – in uscita – l’esodo della popolazione civile dalle città funestate dai bombardamenti.
Inoltre, fa sapere il negoziatore ucraino Mykhaylo Podolyak, è stata raggiunta un’intesa preliminare su un cessate il fuoco nelle aree coinvolte nel corridoio umanitario medesimo.
Sui punti essenziali le parti rimangono però ancora agli antipodi: Kyiv continua a chiedere il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino, ivi compresi Crimea (che Mosca considera parte del suo territorio dal 2014) e Donbass. La posizione di Mosca, e più in particolare quella del presidente Vladimir Putin, rimane invece quella del riconoscimento da parte ucraina della piena sovranità russa sulla Crimea, e dello status di “Stato cuscinetto” demilitarizzato tra Occidente e Russia.
I negoziatori russi hanno rivelato che un terzo round di colloqui si terrà verosimilmente nei prossimi giorni. Il capodelegazione Vladimir Medinskij ha inoltre espresso ottimismo sul raggiungimento di una “comprensione reciproca” su una parte dei rispettivi punti.

Rimanendo la possibilità di un armistizio generale piuttosto remota, i teams diplomatici si stanno invece concentrando su misure che riescano a limitare le vittime civili, attraverso temporanei cessate il fuoco che consentano ai civili ucraini di abbandonare i teatri di guerra bombardati dall’artiglieria e dall’aviazione militare di Mosca.
Quello di giovedì sembra essere stato comunque un incontro leggermente più cordiale rispetto al precedente, con i componenti di entrambe le delegazioni che si sono stretti le mani davanti ai fotografi prima di cominciare i colloqui.
Ancora una volta la sede scelta per le trattative è stata una località bielorussa: si tratta della foresta di Belaveža (Bielaviežskaja pušča), nella regione di Brėst. Un luogo storicamente evocativo per almeno due motivi: innanzitutto perché in una dacia nella stessa foresta, l’8 dicembre 1991, i capi di Stato di Russia (El’cin), Bielorussia (Šuškevič) e Ucraina (Kravčuk) firmarono gli accordi che sancirono di fatto la fine dell’URSS e del suo leader Gorbačëv.
Ma sempre a Brėst, nel 1918, si erano poste le basi anche per l’indipendenza della nazione ucraina con il trattato di Brest-Litovsk, la resa firmata dalla Russia rivoluzionaria con gli Imperi centrali durante la prima guerra mondiale, spianante la strada per l’auto-determinazione nazionale di Kyiv e dei popoli est-europei ex zaristi.
Il discorso di Putin
La possibilità che si arrivasse a un accordo su un corridoio umanitario era stata già anticipata dal presidente russo Vladimir Putin, in un video-incontro pubblico con i membri del Consiglio di sicurezza federale tenuto poco prima della fine dei colloqui.
L’inquilino del Gran Palazzo del Cremlino ha però polemicamente aggiunto che, a suo avviso, i gruppi nazionalisti ucraini starebbero impedendo ai civili di lasciare, e che addirittura la strategia del Governo di Kyiv sia quella di utilizzare la popolazione come “scudo umano” contro il fuoco di Mosca – affermazioni che non trovano però immediate conferme.

Durante il suo discorso, Putin ha ribadito per l’ennesima volta che scopo della “operazione speciale” russa – così ribattezzata dai media statali di Mosca, che evitano il termine “guerra” – è contrastare i “neonazisti” attualmente in carica a Kyiv. Putin ha eroicizzato le gesta dei militari russi e disposto risarcimenti statali per le famiglie dei soldati morti o feriti in combattimento nell’ultima settimana. Gli ucraini sarebbero stati “ingannati dalla propaganda nazionalista”, secondo il presidente russo, laddove invece ucraini e russi sarebbero invece un solo popolo e che sulle operazioni in corso “non si torna indietro”.
J'ai échangé ce matin avec le Président Poutine. Cesser ses attaques contre l'Ukraine, à ce stade, il le refuse. Maintenir le dialogue pour éviter des drames humains est absolument nécessaire. Je poursuivrai mes efforts et les contacts. Il nous faut éviter le pire.
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) March 3, 2022
Un concetto, quello della fratellanza russo-ucraina, che il presidente russo aveva già espresso telefonicamente in mattinata all’omologo francese Emmanuel Macron, in uno scambio di vedute piuttosto al vetriolo. “Gli ucraini si comportano come nazisti”, aveva detto Putin a Macron. “Quello dici non è vero, menti a te stesso”, aveva ribattutto il francese. Un dialogo tra sordi che ha convinto l’Eliseo a ritenere che Putin non si fermerà prima di conquistare tutta l’Ucraina.
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