Il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di riconoscere formalmente le auto-proclamate repubbliche filo-russe di Doneck e Luhans’k, in uno schiaffo diplomatico al Governo di Kiev che dal 2014 è coinvolto in una sanguinosa guerra civile per riconquistarle.
A riferirlo lo stesso presidente russo durante un discorso alla nazione che continua mentre scriviamo queste righe. Putin aveva anticipato la notizia al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Nelle ultime ore sia Denis Pušilin, capo della repubblica popolare di Doneck, che Leonid Pasečnik, leader di Luhans’k, avevano chiesto a Mosca di riconoscere ufficialmente le due entità come Stati sovrani, oltre a fornire loro aiuti militari per contrastare la supposta “immediata minaccia di aggressione” da parte delle truppe di Kiev.
Analoghe pressioni a favore del riconoscimento di Doneck e Luhans’k erano provenute inoltre dalla Duma di Stato, camera bassa del parlamento russo, che si era espressa con larga maggioranza in tal senso già lo scorso 19 gennaio, e aveva reiterato l’appello al presidente la settimana scorsa.
Prove di vertice Biden-Putin
Nella mattinata di lunedì è intanto affiorata la prospettiva di un summit tra Putin e Biden proprio in seguito al dialogo telefonico tra Macron e il suo omologo russo, in cui il capo dell’Eliseo aveva rivelato come il Cremlino e la Casa Bianca avessero accettato in principio l’idea di incontrarsi nel prossimo futuro.
Più caute, tuttavia, le opinioni dei diretti interessati. Il consigliere per la sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan, ha confermato durante un’intervista alla NBC la disponibilità del commander-in-chief democratico a incontrare il capo del Cremlino. La precondizione, però, è che la Russia non invada l’Ucraina, mentre invece “ogni indicazione attuale relativa alla disposizione delle forze russe indica che, in realtà, si stanno preparando per un attacco su vasta scala”.
Per il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, un vertice tra i due capi di Stato è senz’altro “fattibile”, chiarendo al contempo che però “è prematuro parlarne”.
National Security Advisor Jake Sullivan appears on NBC’s The Today Show to discuss the situation in Ukraine. pic.twitter.com/lwAbJ9jBLk
— The White House (@WhiteHouse) February 21, 2022
È assai verosimile che la prospettiva di un incontro tra i due leaders verrà affrontata nell’incontro tra il segretario di Stato Antony Blinken e il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, in programma questo giovedì dopo il fiasco del meeting di fine gennaio a Ginevra.
Le presunte liste nere di Mosca
Se il lavoro diplomatico “oscuro” è intenso tra Mosca e Washington, continua però ad essere altrettanto altrettanto intenso il reciproco scambio di accuse. Domenica sera, la delegazione statunitense all’ONU di Ginevra, capeggiata dall’ambasciatrice Bathsheba Nell Crocker, ha inviato una lettera all’Alto commissariato per i diritti umani Michelle Bachelet. Nella missiva, il Governo statunitense si dice pressoché certo che i russi stiano compilando vere e proprie liste di proscrizione in vista di una prossima occupazione militare dell’Ucraina.
Ad essere finiti nel mirino di Mosca ci sarebbero dissidenti, esuli, giornalisti, attivisti anti-corruzione e “soggetti vulnerabili come minoranze religiose ed etniche e individui LGBTQI+”, di nazionalità prevalentemente ucraina, ma anche bielorussa. Washington si dice certa che il destino di questi ultimi sia ormai segnato: Mosca avrebbe intenzione di ucciderli o di spedirli in duri campi di prigionia dopo aver invaso il suo vicino orientale – come si legge nella lettera ottenuta dal Washington Post.
Sempre secondo la Casa Bianca, è assai probabile che le truppe russe utilizzino “misure letali” per sedare le proteste pacifiche della popolazione ucraina contro l’invasore russo.

“Una balla colossale, una bugia, finzione assoluta”, è stata la ferma reazione di Peskov alle accuse statunitensi durante un briefing con i giornalisti al Cremlino.
Stati Uniti e la NATO ritengono che le circa 150.000 truppe schierate da Mosca vicino al confine russo-ucraino siano pronte ad invadere in qualsiasi momento, come ripetuto venerdì pomeriggio da Joe Biden e domenica dalla vice-presidente Kamala Harris a Monaco di Baviera.
Mosca nega, e chiede invece il ritiro di truppe e armi della NATO dall’Europa orientale, assieme al divieto d’ingresso nell’Alleanza Atlantica di Ucraina e Georgia. “La Russia ha fatto e sta facendo sforzi per risolvere tutte le questioni in modo pacifico”, è la linea confermata da Putin nel corso della riunione del Consiglio di sicurezza nazionale lunedì.
La situazione nel Donbass
Le dichiarazioni al vetriolo di Casa Bianca e Cremlino fanno il paio con la guerra, vera, nel Donbass. Numerosi bombardamenti sono stati registrati tra domenica e lunedì a ridosso del confine tra territorio sovrano ucraino e le auto-proclamate repubbliche filo-russe di Doneck e Luhans’k.
Fonti governative russe sostengono inoltre che il conflitto si sarebbe pericolosamente esteso fino al territorio russo. Le truppe di Mosca avrebbero infatti neutralizzato cinque “sabotatori” ucraini accusati di aver oltrepassato il confine con la Russia nella regione di Rostov sul Don. Tanto i comandi militari ucraini quanto il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba hanno però smentito i russi, accusando Mosca di divulgare fake news.
No, Ukraine did NOT:
❌Attack Donetsk or Luhansk
❌Send saboteurs or APCs over the Russian border
❌Shell Russian territory
❌Shell Russian border crossing
❌Conduct acts of sabotageUkraine also does NOT plan any such actions.
Russia, stop your fake-producing factory now.
— Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) February 21, 2022
I leaders delle due entità secessioniste del Donbass hanno già evacuato quasi 60.000 civili, trasferendoli nella vicina regione russa di Rostov, e proclamato lo stato di mobilitazione militare della popolazione maschile abile.