Il Pentagono ha messo 8.500 truppe in stato d’allerta per un rapido dispiegamento in Europa orientale in caso d’invasione russa dell’Ucraina. Lo ha comunicato lunedì in un briefing con la stampa il portavoce del dipartimento della Difesa, John Kirby, chiarendo che l’eventuale destinazione finale del contingente di soldati sarà il fianco destro della NATO in Europa (Stati baltici in primis) – non l’Ucraina, che non è un membro dell’Alleanza Atlantica.
Un intervento diretto a fianco di Kiev sarebbe supportato peraltro solo da uno statunitense su sei, secondo un recente sondaggio di Convention of States Action (COSA) e Trafalgar Group. La mossa, approvata da Biden, serve quindi a rassicurare gli Stati NATO dell’Europa orientale che la Casa Bianca è pronta a difenderli militarmente da eventuali ulteriori incursioni russe.
L’arrivo dei plotoni aggiuntivi delle forze armate USA dipenderà comunque dall’attivazione o meno del meccanismo di risposta rapida da parte della NATO (Response Force), che dopo la crisi in Crimea del 2014 ha altresì istituito una task force congiunta ad altissima prontezza, in grado di essere schierata in qualsiasi regione del mondo entro 5 giorni. “Da parte nostra, volevamo assicurarci di essere pronti nel caso in cui la chiamata (della NATO) dovesse arrivare,” ha chiarito Kirby.
.@PentagonPresSec: @SecDef has placed a range of units in the United States on heightened preparedness to deploy, which increases our readiness to provide forces if @NATO should activate the NATO Response Force. #WeAreNATO pic.twitter.com/DxCpFo2vqg
— Department of Defense 🇺🇸 (@DeptofDefense) January 24, 2022
Washington non è la sola ad avere preso precauzioni. Il valzer militare è in pieno fermento nell’Est Europa, con la Francia pronta a inviare un proprio contingente in Romania, e la Spagna che ha inviato tre navi da guerra nel Mar Nero e quattro caccia in Bulgaria. Anche la Danimarca ha spedito una fregata e aerei F-16 in Lituania, mentre i Paesi Bassi stazioneranno due F-35 in Bulgaria ad aprile, come riporta l’AP.
Ieri Biden ha organizzato una videochiamata con i principali leaders europei, tra cui il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, proprio per mantenere un profilo comune sulla questione ucraina. Secondo il presidente dem, i colloqui hanno fatto emergere una “totale unanimità” tra le due sponde dell’Atlantico.
Il Governo di Kiev ha però cercato di smorzare l’impressione di guerra imminente. Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha rassicurato il parlamento nazionale (la Verchovna Rada) che al momento non c’è ragione di credere che la Russia attaccherà nell’immediato, dato che, secondo l’intelligence, le circa 100.000 truppe di Mosca ammassate al confine non sono ancora in posizione di combattimento.
Ha perciò invitato la popolazione a evitare la psicosi: “Non vi preoccupate, dormite tranquilli.” Ciononostante, il 48% degli ucraini crede che una invasione russa nelle prossime settimane sia una minaccia concreta, secondo un recente sondaggio dell’Istituto internazionale di sociologia di Kiev.
Già lunedì l’esecutivo ucraino aveva bacchettato la decisione di Stati Uniti e Regno Unito di rimpatriare lo staff di ambasciata non essenziale e i familiari dei funzionari. “Una misura prematura”, l’aveva definita il portavoce della diplomazia ucraina Oleg Nikolenko. Gli Stati UE, Italia inclusa, hanno invece deciso di mantenere a pieno organico le proprie rappresentanze diplomatico-consolari nella capitale est-europea. Martedì anche il ministero degli Esteri canadese ha deciso di far tornare in patria le famiglie del proprio staff diplomatico a Kiev.

La reazione di Mosca è stata affidata al portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov. Durante una conferenza stampa giovedì mattina, Peskov ha espresso “grande preoccupazione” in relazione all’escalation in Europa orientale, accusando Washington e Kiev di voler far precipitare gli eventi. Il russo ha però aggiunto che “ciò non influisce sul corso dei negoziati”, e che Mosca è in attesa delle risposte scritte alle richieste russe, promesse da Washington dopo il vertice Blinken-Lavrov di venerdì.
Da segnalare, inoltre, la risposta di Peskov alle dichiarazioni rilasciate dal presidente ceceno Ramzan Kadyrov, che aveva provocatoriamente affermato che, se fosse stato al posto di Putin, “avrebbe conquistato l’Ucraina molto tempo fa” e “sistemato le cose”. “Vorrei ricordare che le basi della politica estera russa sono formulate dal capo dello Stato russo,” ha risposto Peskov, invitando Kadyrov a candidarsi alle elezioni se contrariato dalle scelte del presidente federale.