Mentre la sindacalizzazione delle grandi corporations in America diventa sempre più un miraggio, e in Italia non passa giorno senza una morte bianca, a New York i lavoratori delle consegne a domicilio scendono in piazza per chiedere condizioni di lavoro migliori.

Si sono radunati in circa 3,000 a Times Square nel pomeriggio di mercoledì 21 aprile 2021. Per organizzare la marcia, si sono dati appuntamento sui social. Anche in francese: “Rejoignez la marche pour les droits des travailleurs de la livraison de nourriture le 21 avril. Nous méritons d’être traités comme des travailleurs essentiels et nous pouvons y arriver si nous nous battons ensemble”. “Unitevi alla marcia per i diritti dei lavoratori delle consegne a domicilio il 21 aprile. Ci meritiamo di essere trattati come dei lavoratori essenziali e possiamo ottenerlo se lottiamo assieme”.

“Uno dei pericoli più grossi è il traffico, perché la maggior parte di noi usa la biciletta”, spiega Glendy Tsitouras, attivista di Worker’s Justice Project (WJP), e portavoce di Los Deliveristas Unidos (LDU). “Inoltre, molti sono vittime della criminalità di strada. Un ragazzo è stato ucciso mentre era sulla sua bicicletta solo poche settimane fa. Le aggressioni sono comuni. Anche gli orari di lavoro sono folli”.
Soltanto nel mese di novembre 2020, si sono verificati due episodi tragici. Ernesto Guzmán, 42 anni, è stato ucciso da un pirata della strada mentre consegnava una pizza nell’Upper East Side. Ad Astoria, il fattorino Alfredo Cabrera Liconia, 35 anni, è morto dopo essere stato investito da un camion.
Per molti fattorini le consegne a domicilio sono l’unica fonte di reddito. Lavorano 12-14 ore al giorno, a volte 6 giorni alla settimana per sbarcare il lunario. Il motore di ricerca per trovare lavoro ‘Glassdor’ stima che il salario medio orario di un fattorino a New York sia di 13 dollari all’ora. Il salario minimo orario che il governo degli Stati Uniti in questi mesi sta discutendo di stabilire a livello federale è di 15 dollari.

E come se non bastasse, devono anche fare i conti con i ladri di biciclette, il mezzo di trasporto più usato per le consegne in città. Secondo i dati del dipartimento di polizia, tra marzo e settembre 2020 i furti sono aumentati del 27% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Nos estamos organizando para cambiar las condiciones de trabajo
We are organizing to change our working conditions
“Ci stiamo organizzando per cambiare le nostre condizioni di lavoro”. È così che ‘Los Deliveristas Unidos’ si presentano sul loro sito.
Hanno dato vita al movimento circa un anno fa, con lo scoppio della pandemia. I ristoranti della città avevano chiuso i battenti, lasciando migliaia di lavoratori della ristorazione senza un lavoro. Per molti, l’unica opzione era quella di lavorare attraverso un’applicazione di consegna, come UberEats, GrubHub, DoorDash, e Relay, per citare soltanto quelle più popolari a NYC.
Per diventare un delivery guy basta una bicicletta e qualche click. È sufficiente creare un account e spedire il proprio documento d’identità con la fotocamera del cellulare per essere pronti a consegnare il primo pasto. E sembra anche invitante. UberEats pubblicizza il lavoro così: “No boss. Flexible schedule. Quick pay”. “Nessun capo. Orari flessibili. Paga veloce”.

Ma, in realtà, di capi ce ne sono almeno tre: i ristoranti, i clienti e l’applicazione stessa. E nessuno di questi sembra trattare i fattorini con molto rispetto, soprattutto se sono immigrati. “Lavoriamo per i ristoranti”, dice Sian, che ha 28 anni. “Siamo ciò che permette ai ristoranti di guadagnare in questo momento. Ma ci discriminano. Non possiamo usare il loro bagno. Ci mettono da parte e ci ignorano”, aggiunge. “Ci urlano contro. Ci trattano come se fossimo insetti”.
Secondo un rapporto della New York State School of Industrial and Labor Relations (ILR) della Cornell University, i lavoratori delle piattaforme on-demand “sono spesso declassificati dai datori di lavoro, hanno salari bassi e instabili, non ricevono nessun beneficio aziendale e sono esposti a una serie di rischi per la salute e la sicurezza, la maggior parte dei quali non sono compensati”.
Nel 2012 il Dipartimento dei trasporti stimava la presenza di 50.000 ciclisti addetti alle consegne nella città di New York. Non ci sono dati ufficiali più recenti. Ma la diffusione delle applicazioni e lo scoppio della pandemia con molta probabilità ha fatto aumentare il numero.

“Siamo un gruppo eterogeneo. Il nostro ultimo sondaggio è stato tradotto in quattro lingue diverse. Il movimento è cresciuto molto in poco tempo e continua a crescere”, dice Glendy. E ci fa qualche esempio: “Mamadou è un ragazzo in gamba. È un ragazzo afro-americano dell’Africa occidentale e si è organizzato bene per noi. Era un avvocato nel suo paese d’origine. Anche Migeul è forte. È un insegnante del Guatemala. Divertente, ora sta insegnando ai suoi compagni di consegna come usare le applicazioni, i piccoli hack e i trucchi per aggiustare le cose, ecc. È davvero intelligente e può risolvere qualsiasi cosa. Lo ammirano davvero”.
Chiedono cinque semplici cose:
- Il diritto di accedere ai bagni dai ristoranti.
- Il diritto a un salario adeguato e a un’indennità di rischio.
- Protezioni essenziali dai furti di biciclette elettriche, dal furto del salario e dai pericoli per la salute e la sicurezza.
- Il diritto di usare uno spazio pubblico fisico per mangiare, riposare e proteggersi dalle intemperie.
- Il diritto di organizzarsi.
“La città continua a dire che siamo lavoratori essenziali, e vogliamo che agiscano di conseguenza e ci proteggano”, dice Gustavo Ajche un fattorino membro di LDU, intervistato da The City.
I lavoratori delle consegne a domicilio sono soltanto una piccola porzione della cosiddetta gig economy, ovvero quel mondo che racchiude i lavoratori che non hanno un contratto a lungo termine e un tradizionale rapporto dipendente-datore di lavoro. Sono designer freelance, tassisti di Uber e Lyft, venditori di prodotti cosmetici. Ma anche, attori e musicisti. Il termine “gig” significa proprio ingaggio, concerto. Secondo le statistiche più attendibili, i gig workers negli Stati Uniti variano tra il 25% e il 35% della forza lavoro, corrispondenti tra i 40 e i 55 milioni di lavoratori.

Il 29 aprile 2021 Marty Walsh – segretario del lavoro dell’amministrazione Biden – in un’intervista con Reuters ha dichiarato che “i lavoratori gig dovrebbero essere classificati come dipendenti”. A seguito delle sue dichiarazioni, i titoli in borsa di Uber e Lyft (le app per il trasporto automobilistico privato) hanno subito un crollo rispettivamente del 10% e del 6%.
Walsh è subito corso ai ripari in un’intervista a Yahoo Finance di venerdì 7 maggio. “Non voglio dire che sono stato male interpretato in quell’articolo, ma quello che ho detto è stato spinto un pò troppo in là”, ha dichiarato Walsh. “Quello che volevo dire è che i dipendenti meritano una buona paga, buoni benefici, opportunità di assistenza sanitaria e disoccupazione e tutto il resto”, ha aggiunto.
Mentre l’amministrazione Biden decide come intervenire per garantire più certezze ai lavoratori della gig economy, Los Deliveristas Unidos si mobilitano per creare un movimento più ampio. “Siamo qui per lanciare un appello a tutto il mondo”, dice un ragazzo in un video postato sui profili social del movimento. “Tutti quelli che fanno questo lavoro. Che fanno le consegne a domicilio. Di unirci tutti assieme. Di metterci assieme. Perché lavoriamo in condizioni di lavoro davvero miserabili”.
